Lavoce.info

Categoria: Conti Pubblici Pagina 70 di 103

Programmazione italiana ed europea divise dai tempi

Il Consiglio europeo ha proposto che la presentazione dei patti di stabilità dei singoli paesi sia anticipata dal primo dicembre a metà aprile. Se l’obiettivo è il coordinamento delle politiche fiscali, serve infatti una conoscenza dettagliata delle misure di politica fiscale che gli Stati membri intendono attuare nel successivo esercizio finanziario. Ma il cosiddetto Semestre europeo non corrisponde alla tempistica di programmazione prevista dalla legge italiana di contabilità, con potenziali problemi di credibilità ed efficacia degli impegni presi.

La sostenibilità del nuovo patto

Il percorso di riduzione del debito pubblico delineato dal nuovo Patto di stabilità implica dinamiche delle entrate e delle spese credibili? Per l’Italia tutto sommato sì, almeno se l’economia riprenderà a crescere. Ma se si guarda all’insieme delle economie avanzate, c’è il rischio che la generalizzazione di politiche di bilancio fortemente restrittive produca una grave e persistente deflazione. Perché allora non esplorare strade alternative come quella di trasferire a organismi internazionali quote del debito sovrano dei vari paesi?

Il nuovo patto? Non funzionerà

 

La terza versione del Patto di stabilità e crescita prevede sanzioni più severe e soprattutto automatiche per i paesi dell’eurozona che non rispettano i vincoli su debito e deficit. Ma le nuove regole sono destinate al fallimento, esattamente come quelle precedenti. Perché derivano da una analisi sbagliata delle cause della crisi. E per il difetto di legittimità politica che incombe sulla Commissione europea. Si possono però ipotizzare norme alternative, tenendo conto anche delle responsabilità delle autorità monetarie.

La lungimiranza delle regole semplici

Nelle proposte di riforma del Patto di stabilità e crescita spicca l’idea di chiedere ai paesi ad alto debito una riduzione continua del rapporto debito pubblico-Pil, secondo una formula semplice. Se fosse stata applicata fin dall’avvio del l’area euro, il rapporto debito-Pil italiano sarebbe ora in vista del 70 per cento e non vicino 120 per cento. L’Italia può chiedere un’applicazione “intelligente” della nuova regola. Oppure uniformarvisi anche se nel primo periodo comporterà decisioni dolorose. Il paese saprà fare la scelta giusta?

Le conseguenze del patto riformato

La crisi finanziaria ha messo a nudo l’inadeguatezza dei meccanismi di sorveglianza europei nel prevenire l’indisciplina di bilancio, l’esplosione dei debiti sovrani, gli squilibri commerciali e i divari di competitività tra i paesi membri. Per questo la Commissione europea ha adottato un’importante riforma del Patto di stabilità e della governance economica dei paesi dell’euro. Sarà sufficiente?

La prima e ultima decisione

Nel giorno stesso in cui il governo ha ricevuto la fiducia alla Camera, è apparsa sul sito del ministero del Tesoro la prima Decisione di finanza pubblica. Arriva in ritardo e rischia di essere già stata superata dai fatti. Perché riflette solo decisioni già prese, rese insufficienti dalle revisioni del Patto di stabilità e dall’andamento del gettito tributario inferiore alle previsioni. Oltretutto sarà anche l’ultima.

L’eredità di Lula: la politica economica

Domenica 3 ottobre il Brasile elegge il nuovo presidente. Vediamo qual è l’eredità di Lula in tre articoli. Ha controllato l’inflazione e l’economia è cresciuta in gran parte perché l’azione del suo governo ha seguito il solco della precedente amministrazione Cardoso. Diverse, invece, la politica sociale e industriale. L’introduzione della Bolsa Familia ha dato risultati eccellenti in termini distributivi. Lula ha anche dimostrato maggior fiducia nel ruolo dello stato dell’economia, con una politica industriale ambiziosa e non lesinando le risorse per banche e imprese pubbliche.

la crisi: numeri, previsione e media

In allegato la presentazione tenutasi, il 15 settembre 2010, al convegno a porte chiuse per i sostenitori de lavoce.info

Il costo dell’instabilità politica

La fase di conflittualità e di incertezza politica registrata negli ultimi mesi potrebbe avere effetti assai gravi sui delicati equilibri della finanza pubblica. Abbiamo analizzato la relazione tra una misura di conflittualità e la variazione del tasso a lungo termine sui titoli del nostro debito pubblico a dieci anni. Ad esempio, alle polemiche dell’affaire Montecarlo di agosto si associata un aumento del tasso a lungo termine di circa 5 punti base. Che, se dovesse perdurare indefinitamente, potrebbe equivalere a oltre 830 milioni di euro di maggiori oneri di interessi.

Ma quando comincia la lotta all’evasione?

Nei mesi scorsi avevamo capito che fosse in cantiere un cambiamento epocale di finanza pubblica. Il governo ha dichiarato che avrebbe finalmente fatto la faccia dura contro lÂ’’evasione. Ha poi fatto seguire i fatti alle parole e ha approvato provvedimenti che in futuro dovrebbero portarci a migliorare i risultati su questo fronte. Siamo qui in trepida attesa. Intanto mese dopo mese, si accumulano i dati sulle entrate dello Stato che –(come minimo)– segnalano la necessità che questa svolta diventi operativa presto. Dal Bollettino della Banca d’Italia di metà settembre si legge: “Le entrate tributarie nei primi sette mesi dell’anno sono state pari a 210,374 miliardi di euro, 7,411 miliardi in meno rispetto al periodo gennaio-luglio del 2009, quando sono arrivate a 217,785 miliardi. In termini percentuali, la riduzione è del 3,4 per cento”. Se si guarda solo alle entrate tributarie, –la voce più facilmente misurabile e che risente meno di minori o maggiori voci straordinarie che sono invece contabilizzate nella voce “”Altre entrate””,– le cose vanno anche peggio. Facendo le somme, viene fuori che sono stati persi 11,3 miliardi di euro di entrate nei primi sette mesi del 2010 rispetto agli stessi mesi del 2009. Dato che le entrate tributarie del periodo gennaio-luglio 2009 erano 210 miliardi, vuol dire che le entrate tributarie sono scese di 5.4 punti percentuali. Nel frattempo nello stesso periodo il Pil a prezzi correnti aumentava di circa 2.5 punti percentuali (+1 per cento circa il Pil reale e +1.5 per cento l’Â’inflazione). Aumenta il Pil, scendono le entrate tributarie. Ah è vero, sarà perché il governo ha tagliato le tasse come aveva promesso. Beh, veramente no, tagli e riforme fiscali sono argomenti per le chiacchiere estive, mica li si fanno veramente. Verrebbe da dire che se il ministro dellÂ’’Economia occupasse una parte più consistente del suo tempo a far arrivare i soldi nelle casse dello Stato anziché andare per sagre di partito a discettare della sicurezza sul lavoro, darebbe un bel contributo a –- come dice lui – “mettere i conti in sicurezza”.

Pagina 70 di 103

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén