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Il mantra dell’ente virtuoso

Il premio agli enti locali virtuosi è ormai una sorta di mantra della finanza pubblica italiana. Il problema è che le definizioni di “virtuoso” sono troppe e si basano su parametri spesso diversi e a volte contraddittori. Accade così che talvolta rientrino nella categoria anche comuni che sulla base di altri criteri erano stati giudicati vicini al dissesto finanziario. Per ogni tipologia di ente servirebbe invece una regola univoca, stabile e soprattutto non soggetta a continue eccezioni.

Oltre il meno zero virgola tre

Nuove stime dell’Ocse indicano una crescita zero per l’Italia nel secondo semestre 2010. Le previsioni possono anche essere sbagliate, ma rimane il fatto che durante la crisi il Prodotto interno lordo trimestrale del nostro paese è sceso da 323 a 301 miliardi di euro, per poi risalire a 304 dopo un anno di “ripresa”. Di questo passo, ci vorranno cinque anni per ritornare ai livelli precedenti alla crisi.

Come va l’economia: notizie sparse di inizio Agosto

Capire cosa succede all’Â’economia di un paese è complicato. Ma di certo non si può affermare, come hanno fatto di nuovo i media nei giorni scorsi, che la produzione industriale e il Prodotto interno lordo sono ai massimi quando i dati dicono che siamo ancora lontani dai livelli pre-crisi. E non si può guardare al superindice Ocse solo quando dà buone notizie.

I veri numeri della manovra: aggiornamenteo

Con qualche giorno di ritardo rispetto all’approvazione da parte del Senato del maxi-emendamento alla manovra finanziaria, il servizio studi ha finalmente reso disponibile la tabella riassuntiva sugli effetti degli emendamenti sui saldi e la composizione del provvedimento originariamente presentato dal governo. I senatori hanno così votato al buio, non avendo a disposizione le informazioni essenziali per orientare il proprio voto.
Qui sotto riproduciamo la nuova tabella e la compariamo con quella predisposta all’atto del varo del decreto 78 del 31 maggio 2010.

Virtuosi e lazzaroni dei tagli di bilancio

È proprio vero, come afferma il ministro Tremonti, che la manovra economica del Governo italiano è in linea con quanto fanno gli altri paesi europei? Passando in rassegna i tagli di bilancio dei paesi dell’Unione e mettendoli a confronto con un benchmark europeo, possiamo assegnare ad ognuno la patente di “virtuoso” o di “lazzarone”. E risulta evidente che l’Italia, purtroppo, si comporta peggio degli altri.

La giustizia distributiva non va all’università

La manovra prevede che nel triennio 2011-13 non vi saranno rinnovi contrattuali per tutti i dipendenti pubblici e, per il personale docente (istruzione e università), anche il blocco degli automatismi stipendiali legati all’anzianità di servizio. Quando si fanno tagli lineari su strutture retributive che progrediscono con l’anzianità si determinano effetti regressivi che ricadono sulle classi di stipendio più basse, determinando forti iniquità. Se invece si recuperasse il valore della capacità contributiva si potrebbero ripartire le perdite secondo proporzionalità. Meglio ancora, secondo progressività.

I tagli in Europa

 

I tagli di bilancio sono oggi all’Â’ordine del giorno in tutta Europa. Le manovre ”presentano, da paese a paese, notevoli differenze per lÂ’’entità, l’Â’orizzonte di attuazione, la composizione (tra tagli di spese  ed aumenti di entrate), la natura di breve o lungo periodo dei risparmi,  le riforme istituzionali che li accompagnano (o meno), i livelli di governo (centrale, locale) maggiormente coinvolti. La Tabella 1 descrive  la dimensione dei tagli di bilancio in rapporto al PIL dei diversi programmi nazionali per il 2010-2015. Si va dalle “grandi manovre” di Grecia, Spagna,  Portogallo, Spagna,  ma anche di Francia e Regno Unito, a tagli tutto sommato modesti di Italia, Austria, Olanda, Ungheria, Slovacchia (i tagli in Irlanda sono anteriori al 2010 e quindi non compaiono appieno nella tabella).

Tabella 1: Aggiustamenti  di Bilancio in Europa, 2010-15 (% PIL)

Paese Aggiustamento
Austria 0,9%
Belgio 5,3%
Francia 4,5%
Germania 3,0%
Grecia 10,7%
Irlanda 3,2%
Italia 1,6%
Paesi Bassi 2,1%
Portogallo 6,6%
Slovacchia 2,5%
Spagna 8,2%
Svizzera 0,9%
Ungheria 1,6%
UK 6,0%

Fonte: CESIFO

Per lo più  le manovre consistono in riduzioni (o limiti alla crescita) della spesa corrente (in Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Irlanda, Olanda, Spagna), e spesso incidono su comparti sensibili  di spesa sociale (sanità in Belgio e Olanda; stipendi pubblici e pensioni, nella Repubblica Ceca, Grecia, Olanda). In altri paesi non sono risparmiati neanche gli investimenti pubblici (Irlanda, Italia, UK). Per ragioni connesse alla loro organizzazione federale, in Belgio, Germania, Italia, Spagna, Svizzera (e Svezia ) i tagli coinvolgono in maggior misura i livelli di governo locale.
Alcuni paesi hanno recentemente introdotto dei vincoli legali che pongono le decisioni di bilancio all’Â’interno di un  framework di medio termine che garantisca la disciplina del bilancio. Vincoli a livello Costituzionale sono presenti in Polonia e Germania, dove il  governo ha recentemente approvato una norma costituzionale che a partire dal 2016 impone che il deficit strutturale del bilancio federale non superi lo 0,35 per cento del Pil e che i Laender presentino bilanci in pareggio. Regole fiscali che rendono vincolanti gli impegni di riduzione di spesa sono presenti/ad esempio in Ungheria, Irlanda (annunciato nel 2009), UK.
Guardando ai paesi della zona Euro appare che, in media, i tagli previsti tendono ad essere più cospicui per i paesi che presentano più elevati disavanzi primari, maggiore indebitamento rispetto al Pil e più elevato disavanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti (1). Se prendiamo i tagli descritti nella Tabella per i soli paesi della zona Euro più Regno Unito e ponderiamo ciascuna manovra con il peso di ciascun paese sul Pil della zona, scopriamo che lÂ’’entità dei tagli previsti dal 2010 al 2015 è considerevole: circa 5 punti del Pil dell’Â’Euro-zona.
(1) Si veda il mio blog per maggiori dettagli.

Ricette sbagliate: più spesa in Germania

Sono in molti ad accusare la Germania per la sua politica fiscale prudente, che finirebbe per aggravare la crisi. La cui soluzione sarebbe invece in un’espansione della spesa pubblica tedesca. Ma si tratta di una ricetta sbagliata, frutto di un keynesianismo datato. E’ un’illusione credere che un 5 per cento sul Pil di deficit di bilancio in Germania basti per risolvere i problemi di crescita dell’Europa. Che dipendono piuttosto dalle rigidità sul lato dell’offerta, soprattutto nei paesi oggi più in difficoltà.

I veri numeri della manovra

E’ finalmente disponibile il testo della manovra. Abbiamo così scoperto che un provvedimento presentato come quasi interamente di riduzioni alle spese è composto in realtà al 40 per cento di maggiori entrate, che molti tagli sono di carta, di dubbia praticabilità. Serve più che altro a dare un segnale ai mercati. Non è detto che sia credibile perché rinvia ai posteri gli aggiustamenti strutturali di spesa ed entrate. Ben poco rimarrà in vigore dopo il 2012. E chi paga davvero sono, una volta di più, i giovani.

La strada stretta dei tagli di bilancio in Europa

La febbre dei tagli di bilancio si sta diffondendo rapidamente in tutti i paesi europei. E’ un esperimento politico-sociale senza precedenti: l’Europa nel suo complesso riduce la spesa pubblica anche a fini sociali. Ma se i tagli di oggi non si traducono in riforme strutturali avranno solo effetti temporanei sulla spesa. Se invece diventano riforme strutturali, potrebbero essere meno recessivi di quanto temuto.

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