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SE IL COSTO DELL’IMMIGRATO È MARGINALE *

La percezione che gli immigrati rappresentino un onere per i conti pubblici non è suffragata dai dati. Con il sistema di calcolo del costo standard, si arriva a un effetto fiscale zero. Se poi si considera il costo marginale, per coprire l’ammontare di trasferimenti e servizi imputabile alla nuova utenza è sufficiente il gettito fiscale di circa 3 miliardi annuali di imposte dirette e indirette dei lavoratori migranti. Mentre i contributi previdenziali di quegli stessi lavoratori sono un indubbio vantaggio per il bilancio Inps, almeno nel breve periodo. Di immigrazione si discuterà anche al prossimo Festival dell’Economia di Trento.

UN DECRETO TROPPO EVASIVO

Giusto in tempo per le elezioni regionali, è stato varato il decreto incentivi di cui si parlava da mesi. Si tratta di 420 milioni in totale, ma 150 milioni rappresentano un diverso utilizzo di fondi già stanziati. I nuovi 270 milioni dovrebbero arrivare da norme antievasione. Entrate, dunque, incerte per loro natura. Il decreto è poi una somma di microinterventi, distribuiti a vari settori, che difficilmente solleciteranno nuova domanda. Nel complesso, un decreto senza personalità, poco utile sul piano economico, con costi di attuazione da non sottovalutare.

IDENTIKIT DI UN FONDO PER L’EUROPA

L’Europa ha bisogno di un Fondo monetario europeo? E se sì, quali caratteristiche dovrebbe avere? Quello che non funziona oggi è la procedura per deficit eccessivo. Andrebbe sostituita da regole auto-imposte che assicurino la disciplina di bilancio senza però compromettere la possibilità di politiche moderatamente anticicliche. Dovrebbe funzionare sostanzialmente come un fondo di ammortamento sulla base di un sistema di crediti accumulati, in modo da incentivare i governi a risparmi di bilancio durante le fasi di espansione. In caso di crisi, potrebbe concedere una garanzia sul debito pubblico estero.

DILEMMI GRECI

Il rifinanziamento sui mercati è a costi ritenuti insostenibili, ma finché quella dei mercati resta un’opzione aperta, dalla Unione Europea non arriverà nessun aiuto. Per uscire dallo stallo la Grecia potrebbe rivolgersi al Fondo monetario internazionale. Con quali vantaggi? Un risparmio, ma neanche troppo significativo, sul servizio del debito. Sull’altro piatto della bilancia c’è però il fatto che cosi facendo la Greci brucia i ponti verso i suoi partners Europei e che le somme offerte dall’Fmi non sarebbero sufficienti a risolvere la situazione.

FONDO MONETARIO EUROPEO, UNA PESSIMA IDEA

Chi sostiene la necessità di creare un Fondo monetario europeo non si rende conto delle sue implicazioni e delle condizioni necessarie per un buon funzionamento. Al di là del fatto che il Trattato europeo impedisce che un paese sia salvato dagli altri stati membri, i fautori dell’Fme dovrebbero rispondere a una domanda fondamentale: cosa accade se un paese in difficoltà non rispetta gli impegni assunti? Perché si corre il rischio di arrivare a una totale indisciplina di bilancio. Da non sottovalutare la questione del finanziamento.

IL COMMENTO DI DANIEL GROS

Le preoccupazioni di Vito Tanzi sarebbero pienamente giustificate se il Fondo monetario europeo dovesse diventare veramente una fonte alternativa di "soldi facili". Ma un Fme come proposto da Thomas Mayer e da me sarebbe l’opposto: costituirebbe uno strumento per aumentare la disciplina attraverso la procedura di "fallimento sovrano" pianificato che noi abbiamo ideato.
Un FME potrebbe anche costituire uno strumento utile per rafforzare la presenza europea nel Fondo monetario internazionale. Infatti i paesi della zona euro (che farebbero tutti parte del Fme) potrebbero unificare i loro seggi nel Fmi. Non ci sarebbe nessuna concorrenza tra Fme e Fmi, ma l’uno (Fme) farebbe parte dell’altro (Fmi).
Se fosse finanziato dai soli paesi che violano i parametri di Maastricht, nei prossimi anni accumulerebbe quasi 30 miliardi all’anno (con l’Italia tra i maggiori contribuenti).
Sento spesso un’altra obiezione: i contributi rendono la finanza pubblica del paese ancora più difficile. Rispondo che il contributo nazione (cumulato, con interessi) rimarrà sempre come riserva di emergenza a disposizione del paese. Per cui non considererei questi contributi come un aggravio della situazione.

DIFFICOLTÀ E RISCHI SULLA STRADA DEL FONDO MONETARIO EUROPEO

Il Fondo monetario europeo non è solo un’idea molto difficile da realizzare. Per i paesi dell’Unione monetaria rappresenterebbe un’alternativa al Fondo monetario internazionale. E anche chi non ha i conti pubblici in ordine potrebbe così sentirsi autorizzato a seguire con disinvoltura politiche fiscali anticicliche, sicuro di avere comunque una rete di protezione. Mentre invece è necessario rafforzare il controllo europeo sulla disciplina di bilancio dei paesi membri. La perdita di influenza all’interno dell’Fmi.

QUANDO IL PIL FA I CONTI CON IL CAPITALE INTANGIBILE

Il Pil non misurerà la felicità, ma finché resta l’indicatore principale della statistica economica occorre cercare di calcolarlo al meglio. Oggi le spese per beni intangibili sono contabilizzate tra i costi, perché si ipotizza che non contribuiscano alla produzione futura. Se invece si considerano tra i beni capitali, il quadro della crescita economica di un paese diventa sostanzialmente diverso. Il capitale intangibile dell’Italia si compone per una quota molta alta di investimenti in consulenze. Mentre rimane bassa la spesa in ricerca scientifica.

INTERVENIRE PRIMA CHE PASSI LA NOTTATA

Disoccupazione all’8,6 per cento e Pil 2009 a -5 per cento: l’economia italiana soffre ancora i colpi di coda di una crisi ormai finita. Ma c’è lo spazio e la necessità per gli incentivi temporanei con efficacia limitata a sei mesi ai settori in difficoltà. Si tratta di permettere alle imprese di avviare processi di ristrutturazione in modo socialmente non distruttivo. Di interventi di questo tipo si parla da tempo, ma il governo continua inspiegabilmente a rinviarne l’adozione.

CAMBIAMO IL PATTO DI STABILITÀ

Il Patto europeo di stabilità e crescita così com’è ha ormai esaurito il suo ruolo e il recente caso della Grecia ne è la prova. Come rinnovarlo per far sì che funzioni? Il tema è delicato. Soprattutto perché è nell’interesse dei paesi in crisi cavalcare il timore del contagio e della debolezza europea per ottenere di più. Ma una riforma è urgente, perché non è detto che si possa contare su una ripresa per ridurre i disavanzi. Ecco alcune proposte.

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