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LA PERICOLOSA PRUDENZA DEL MINISTRO TREMONTI

Il governo non riesce a decidere come reagire alla crisi. Il programma di ricapitalizzazione delle banche, altrove già avviato, continua a essere rinviato. Tremonti conferma la manovra approvata a giugno come se niente fosse successo nel frattempo. Questo immobilismo è pericoloso. Non serve ad evitare il peggioramento dei conti pubblici e non ci permette di contrastare la recessione. Anche senza colpo ferire finiremo nel 2009 per superare la soglia del 3 per cento nel rapporto fra indebitamento netto e pil. Meglio farlo varando quelle riforme strutturali che permettono oggi di contenere la recessione e domani di tornare a crescere.

UNO SCAMBIO INTERTEMPORALE CONTRO LA RECESSIONE

E’ probabile che la recessione si faccia sentire in Italia più che altrove. E la proclamata tolleranza europea sui disavanzi rimarrà comunque molto attenta nei confronti di un paese che ha un debito pubblico ancora così alto. Oltre a una politica monetaria della Bce che spinga in basso i tassi d’interesse, resta la possibilità di ricorrere a interventi di bilancio volti a sostenere la spesa per consumi. Da accompagnare con una manovra strutturale simultanea, che definisca un profilo di rientro dal disavanzo e dal debito nel medio-lungo periodo.

Altri chiarimenti su Alitalia

In primo luogo il cosiddetto salvataggio di Alitalia è in realtà la sua chiusura. Dal punto di vista “tecnico” questa è forse la cosa meno rilevante, ma dà fastidio che si metta in liquidazione un’impresa e si dica che la si è salvata.

UNA MANOVRA SENZA SPERANZA*

Il Parlamento approva la manovra economica depressiva del Governo, che prevede un ulteriore incremento della pressione fiscale, mentre ci sarebbe bisogno di ridurre le tasse sul lavoro per allontanare lo spettro di una recessione. L’unica novità di rilievo introdotta dal Parlamento è la misura sui precari che applica al mercato del lavoro il metodo seguito dal Presidente del Consiglio nell’affrontare i suoi problemi con la giustizia: si interviene sui processi in corso. Una manovra insomma che non da speranza. Mentre non si perde occasione per predicare la paura.

QUALCHE DATO IN PIU’

Come accadde negli anni Â’90, il Governo ha previsto di ridurre lÂ’indebitamento pubblico anche attraverso una significativa flessione delle spese in conto capitale sia in percentuale del PIL che in valore assoluto.
La tabella 1 sintetizza questa strategia esposta nellÂ’ultimo DPEF.
Il DPEF riformula le previsioni a legislazione vigente contenute nella Relazione Unificata sull’Economia e la Finanza (RUEF) del marzo scorso, riducendone i valori per effetto di alcune misure già intraprese (decreto legge 93/2008, abolizione ICI) e di nuove ipotesi sull’effettivo utilizzo delle risorse. Tali effetti sono visibili nel rigo D e confermano un abbassamento omogeneo di tali previsioni tendenziali tra marzo e luglio di 3-4 miliardi per ciascun anno.
Più significativa comunque è la flessione tra programmatico e tendenziale relativo alla stesso DPEF (rigo E). A regime, nel 2011, nel quadro programmatico si avrebbero minori spese in conto capitale per circa 11 miliardi di cui la metà relativi ad investimenti pubblici.
Se poi si considerano gli effetti totali (misure già avviate e successive alla pubblicazione della RUEF più misure da attivare con l’approvazione del DPEF, rigo F) si osserva che la caduta di tali spese raggiunge livelli molto elevati, con riflessi in termini di PIL dell’ordine di quasi 1 punto percentuale tra il 2008 e il 2013.

Tab. 1 – Spesa in conto capitale e investimenti fissi lordi della PA: previsioni a legislazione vigente e previsioni programmatiche (milioni di euro)

APRI TABELLA

Fonte: Relazione Unificata sullÂ’Economia e la Finanza (RUEF) per il 2008; DPEF 2009-2013

Può essere inoltre utile confrontare il rigo C della tab. 1 con le ultime previsioni formulate dal Dipartimento per le Politiche di Sviluppo (DPS) del Ministero dello sviluppo, predisposte al fine di approntare la programmazione delle risorse per l’intero periodo 2007-2013 e di costruire un Quadro Finanziario Unico di cassa che funzionasse come una sorta di “obiettivo di spesa” annuale.

  2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
QFU(*) programmatico
Spese in conto capitale
63.200 66.500 68.500 71.500 74.400 76.500 79.500

(*) Quadro Finanziario Unico stimato dal Dipartimento per le politiche di sviluppo del Ministero dello sviluppo economico al fine delle allocazione delle risorse ordinarie  straordinarie tra Mezzogiorno e Centro-Nord. Tale stima è al netto di eurotassa, cartolarizzazioni, sentenza IVA, debito ex Ispa, ecc.

Fonte: Rapporto 2007 del Dipartimento per le Politiche di Sviluppo (DPS)

La differenza, come si vede, è piuttosto impressionante: il DPS (nel mese di marzo 2008) aveva infatti stimato per il 2013 una spesa in conto capitale di circa 22 miliardi superiore a quanto poi riportato nell’ultimo DPEF.
Ugualmente, sembra che la flessione della spesa debba passare per una riduzione delle dotazioni finanziarie destinate al riequilibrio territoriale (leggi: Mezzogiorno) come risulta dalla tab. 2 tratta dalla manovra in atto con decreto legge 112/2008.

Tab. 2 – Riduzioni delle dotazioni finanziarie della missione di spesa “Sviluppo e riequilibrio territoriale” (2009-2011) (milioni di euro)

  2009 2010 2011 Totale
Missione 28:
Sviluppo e riequilibrio territoriale
1.747 2.111 3.862 7.720
% su riduzioni dotazioni
tutte le missioni ministeriali
21,5 24,8 25,4 24,2

Fonte: Decreto legge 112/2008

Ridurre il deficit attraverso le spese in conto capitale e in particolare comprimendo gli investimenti nel Mezzogiorno può sembrare poco accettabile. Ma è proprio così?
Certo, qualcuno dovrebbe informare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che ha rilanciato il programma delle grandi opere richiedendo nuovi finanziamenti per importi non coerenti con quelli del DPEF. Ma, a parte questo, non vi è nulla di veramente scandaloso nella riduzione delle spese in conto capitale soprattutto se esse contengono sprechi e inefficienze in misura equivalente a quelle relative alla spesa corrente. In altri termini, se tale spesa non contribuisce nella maniera dovuta a ridurre i costi per le imprese e/o ad aumentare i servizi per i cittadini essa non può essere considerata spesa “buona” rispetto a quella corrente. Non conosciamo analiticamente gli effetti della spesa per investimenti pubblici; tuttavia molti segnali (e analisi parziali) ci informano che essa non raggiunge gli obiettivi desiderati o non lo fa a costi accettabili.
Cosa dunque dovrebbe cambiare? Questo o un altro Governo potrebbe senza problemi ridurre la spesa in conto capitale anche in maniera consistente, a condizione che decreti contestualmente la fine della spesa non selettiva, ossia quella spesa prevista e realizzata senza una preventiva (e successiva) misurazione dei risultati.
Se la riduzione di spesa colpisce programmi e progetti che proseguono stancamente nel tempo con continui rifinanziamenti senza offrire un effettivo contributo a una maggiore dotazione infrastrutturale (dove peraltro ve n’è realmente bisogno), ben venga.
Ma per dar seguito allo scambio minore spesa = maggiore efficienza occorre dichiarare esplicitamente questa intenzione e lavorarci molto su.
Occorre un attento lavoro di misurazione e valutazione, che non è mai stato fatto nel nostro paese e che ancor oggi viene visto con diffidenza (siamo ormai gli ultimi in Europa).
Oggi è possibile (anche con l’aiuto dell’informatica) fare ricorso a metodi di valutazione sufficientemente rigorosi ma di facile applicazione. Perché non lanciare una vasta campagna governativa sulla necessità della valutazione degli effetti degli investimenti pubblici in presenza di risorse molto e sempre più scarse?

IL FABBISOGNO DIMEZZATO: A VOLTE RITORNA

Anche questa legislatura, come quella precedente, si apre all’insegna di stime del fabbisogno eccessivamente pessimistiche. Per fine anno il Dpef lo indica a 46,1 miliardi contro i 23,5 miliardi di euro registrati a giugno, quando, come documentiamo, il fabbisogno cresce nei primi sei mesi dell’anno, per poi assestarsi su quei livelli a fine anno. Ma si tratta di errori di stima o di un pessimismo ricercato per escludere a priori misure anticicliche, che servirebbero ad allontanare lo spettro di una recessione? In ogni caso fondamentale rafforzare il servizio bilancio di Camera e Senato. Il Parlamento non può approvare queste stime a scatola chiusa.

UNA CASA POPOLARE, MA NON PER TUTTI

Le misure previste dal governo rafforzano e indeboliscono al tempo stesso l’edilizia pubblica. La scelta di vendere le case popolari agli assegnatari è solo apparentemente una soluzione per le difficoltà, anche finanziarie, degli Iacp. In realtà, la liquidazione del patrimonio e la convivenza forzata di proprietari e di inquilini che appartengono invece a fasce sociali problematiche finiranno per creare le premesse per l’ingovernabilità del sistema. Soprattutto nelle grandi realtà urbane, dove più acuti sono i problemi e maggiori i bisogni.

SE SI ROMPE IL PATTO PER LA SALUTE*

La manovra di bilancio prevede risparmi consistenti sulla sanità. E di fatto rimette in discussione il Patto per la salute e la strategia che ha consentito di recuperare il controllo sulla spesa sanitaria. Perché è concreto il rischio di riattivare il meccanismo perverso che vedeva lo Stato lesinare le risorse del Ssn, per poi inseguire con un anno di ritardo le dinamiche spontanee della spesa. Sarebbe più utile riprendere il lavoro di elaborazione degli indicatori di costo e di performance per programmare su basi condivise da Stato e regioni il finanziamento 2010-2012.

LA FRECCIA DI ROBIN HOOD COLPISCE LA BOLLETTA

La cosiddetta Robin Hood tax eleverà i prezzi dell’energia elettrica, già oggi piuttosto alti, spostando denaro dalle tasche dei consumatori a quelle dello Stato. Se avrà un effetto reale sulle imprese del settore, sarà a favore di quelle che oggi ottengono più profitti, a danno di chi fa fatica a stare a galla. Se si vogliono colpire i profitti eccessivi nel settore elettrico a sostegno della collettività, esiste solo un modo: far funzionare il mercato. Nel nostro, la concorrenza è poco efficace. Sarebbe interessante conoscere le intenzioni del governo in proposito.

SERVIZI PUBBLICI LOCALI: IV TENTATIVO DI RIFORMA

Come è ormai tradizione, qualsiasi sia la maggioranza, all’inizio della legislatura fioriscono i disegni di legge per la liberalizzazione dei servizi pubblici locali. In genere, appassiscono in breve tempo. Stavolta però c’è una novità: il disegno di legge del governo ha significativi punti di convergenza con la proposta presentata alla Camera da Linda Lanzillotta. Anzi, in alcune parti i due testi coincidono alla lettera. Ma le differenze ci sono e significative. Riguardano la visione del settore e, alla fine, misureranno il tasso di innovazione della legge che sarà approvata.

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