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Categoria: Conti Pubblici Pagina 84 di 103

UNA POLITICA ECONOMICA BELLA NELLA FORMA MA AVVILENTE NELLA SOSTANZA

Con l’approvazione del decreto fiscale che anticipa la legge Finanziaria, la programmazione economica ha fatto un passo avanti epocale. Ma il percorso di politica economica per la legislatura tracciato dal Dpef è avvilente nella sostanza. Ci sarà un significativo aumento della pressione fiscale per tutta la legislatura e una riduzione delle spese in conto capitale, anziché della spesa corrente. Tutto il contrario di ciò che servirebbe al paese per uscire dalla stagnazione.

VENDITE, -2%: ARRIVA LA RECESSIONE?

Le vendite al dettaglio nell’aprile 2008 sono scese di due punti percentuali rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. E’ la temuta recessione che si avvicina a grandi passi? Troppo presto per dirlo. Come avverte l’Istat, il dato pubblicato riguarda il valore totale delle vendite, e incorpora quindi sia l’andamento delle quantità vendute che quello dei prezzi di vendita. Un segno “meno” complessivo può quindi essere il risultato sia di una riduzione delle quantità vendute che di una riduzione dei prezzi. Per gli alimentari ci sono pochi dubbi: i prezzi sono saliti (circa +6% su base annua nel 2007). Il segno “meno” è quindi da attribuire ad una flessione delle quantità vendute. Ma il segno meno per le vendite di alimentari è piccolo: solo -0,8%. Non sono gli alimentari i principali responsabili della flessione delle vendite: la voce delle vendite diminuita in modo più marcato è quella dei beni non alimentari (-3,4%). E qui siamo in dubbio: le nostre spese in prodotti non alimentari possono diminuire sia perché comperiamo meno telefonini ma anche perché il prezzo dei telefonini scende nel tempo. C’è poi da considerare che, nascoste sotto ai dati aggregati, succedono tante cose. Una di queste è la continuazione del processo di ristrutturazione nel settore della distribuzione. La grande distribuzione (nelle sue varie forme: ipermercati, supermercato, hard discount, grandi magazzini) per ora tiene, facendo segnare un più zero e qualche cosa rispetto ad un anno fa. E’ la piccola distribuzione a far segnare valori molto negativi. Se recessione è, dunque, per ora non è la recessione di tutti ma solo di qualcuno, quelli con le spalle meno larghe. Del resto era stato così anche nella ripresina del 2006-07: pochi grandi esportatori ci avevano guadagnato e molto, mentre i tanti piccoli avevano solo visto passare la locomotiva della ripresa in televisione.

W LA GERMANIA

L’AGENDA EUROPEISTA DEL NUOVO GOVERNO

Potere legislativo al Parlamento europeo, spazio transatlantico, emissione di Eurobond, tassazione coordinata dei consumi: le proposte di Tremonti sollevano problemi certamente esistenti. Soprattutto parlano di Europa, quando quasi nessuno ne parla più. Ma è un’Europa fortezza in un mondo fatto di accordi bilaterali, non un soggetto che contribuisce gradualmente alla formazione di un mondo multilaterale. Un’occasione di dibattito che l’opposizione non dovrebbe sprecare. Di temi analoghi si dicuterà al Festival dellÂ’Economia di Trento dal 29 maggio al 2 giugno.

L’ITALIA NELLA SPIRALE DEL “DEGIOVANIMENTO”*

Siamo uno dei paesi più squilibrati nei rapporti tra le generazioni. Rispetto ai coetanei europei, i giovani italiani contano meno non solo dal punto di vista demografico, ma anche da quello sociale, economico e politico. Se alla riduzione quantitativa delle nuove generazioni non si risponde con un aumento qualitativo, nessuna barriera protezionistica sarà sufficiente per proteggerci dal declino.

ALITALIA NON DALLE NOSTRE TASCHE!

Ci risiamo. Ancora una volta la politica si è messa nel mezzo e così è saltata la trattativa con AirFrance-Klm, come otto anni fa era saltata quella con Klm. Nel frattempo la compagnia ha perso prestigio, aerei e collegamenti internazionali, con danno rilevante per lo sviluppo del  Paese. Non solo, Alitalia ha perso soldi in 14 degli ultimi 15 anni e ha succhiato (per ricapitalizzazioni) oltre 5 miliardi di euro dalle tasche dei contribuenti italiani; contribuenti che in grande maggioranza non volano. La spregiudicatezza  elettorale del prossimo Presidente del Consiglio, la cecità dei sindacati e un malinterpretato federalismo territoriale hanno spinto anche Air France a ritirarsi. Ora, con la compagnia con lÂ’acqua alla gola e a rischio di fallimento minuto per minuto, si propone un ulteriore sacrificio, un prestito “ponte” di 300 milioni di euro, di nuovo sulle spalle del tartassato contribuente italiano. Un prestito oltretutto che la Commissione Europea ha già bollato come illecito aiuto di Stato. Tanto che qualcuno propone di giustificare il prestito con “ragioni di ordine pubblico”. Ma a tutto c’è un limite, quantomeno di decenza. Naturalmente, il ricco Presidente del Consiglio “in pectore” e i suoi amici sono liberissimi di offrire contributi volontari alla compagnia di bandiera, se così desiderano.  Ma il Consiglio dei Ministri ancora in carica non attinga alle nostre tasche. Perché – caduta la trattativa con Air France-Klm – il “ponte” non porta da nessuna parte in tempi brevi: alla fine del ponte sembra esserci solo il vuoto o qualche altro lungo “ponte”. Insomma, tanti altri nostri soldi buttati. Sarebbe meglio che il Governo aspettasse ancora 2 o 3 giorni e poi, se non si manifestassero prospettive serie e concrete (industriali oltre che finanziarie), lasci partire il commissariamento. Probabilmente, così si arriverà al fallimento. Sarebbe forse una lezione salutare per tutti gli sgangherati attori di questa pessimaÂ…compagnia di giro.

TRE SFIDE PER LA NUOVA MAGGIORANZA

C’è un netto vincitore in queste elezioni. Ha saputo, meglio di altri, interpretare ansie diffuse sul territorio, soprattutto al di fuori dei grandi centri urbani. Per rispondere alle aspettative dei propri elettori dovrà per forza di cose rimuovere i vincoli che da ormai vent’anni rallentano la crescita del nostro paese. Auguriamoci tutti che ci riesca, completando anche l’opera di risanamento dei conti pubblici, indispensabile perché la turbolenza nei mercati finanziari non ci penalizzi. Ci vogliono circa due punti in meno nel rapporto fra spesa pubblica e Pil. Federalismo fiscale, legge elettorale e recupero dell’evasione fiscale sono le tre sfide più impegnative del primo anno.

DEJA VU

Per capire che cosa succede quando l’economia rallenta e si arriva a parlare di crescita zero basta ricordare quanto è successo dal 2001 al 2006, per aiutare la memoria sono gli anni del secondo Governo Berlusconi. In quel periodo l’economia italiana è cresciuta a un tasso medio dello 0,3 per cento. Questo ci dà la misura esatta di quanto ci potrebbe accadere in un futuro prossimo.
Purtroppo il nostro Paese continua da anni  a crescere meno degli altri Paesi europei. E questi ultimi crescono meno dell’economia mondiale. Dal 2001 in poi, infatti, l’economia mondiale è andata al galoppo mentre l’Italia è rimasta al palo o è comunque cresciuta meno degli altri (come nel 2007). Quando l’economia ristagna, le famiglie rinviano piani di investimento, come l’acquisto di una casa o di una autovettura.  Un numero maggiore di famiglie fatica ad arrivare alla fine del mese.  Purtroppo il sistema di protezione in Italia protegge quasi solo i pensionati (le cui quiescenze andrebbero comunque indicizzate all’andamento del costo della vita delle famiglie anziane anziché all’indice dei prezzi generale) e non aiuta chi perde il lavoro.  Quando l’economia ristagna, soprattutto i lavoratori con contratti temporanei rischiano il posto di lavoro, nel senso che il loro contratto non verrà rinnovato alla scadenza.
Un aggravante di questa stagnazione è che l’inflazione è aumentata, è mediamente più forte l’aumento dei prezzi. Ma anche con il passaggio all’euro c’era stata un’impennata dei prezzi. Quindi anche questo è un deja-vu.  Inoltre i prezzi del petrolio e dei beni alimentari oggi aumentano perché ci sono paesi come la Cina e l’India che alimentano una forte domanda di questi beni facendo salire i prezzi.  Se la sempre più imminente recessione negli Stati Uniti dovesse contagiare anche i paesi emergenti, la loro domanda diminuirebbe e i prezzi si raffredderebbero. Quindi non tutti i mali vengono per nuocere.

RICALA IL DEBITO PUBBLICO

Nel 2007 il debito pubblico in rapporto al PIL ha invertito la tendenza a salire dei due anni precedenti calando di 2 punti e mezzo. E’ un evento raro. Dagli inizi degli anni ’80, da quando l’Italia ha iniziato ad accumulare debito come negli anni di guerra, è solo la seconda volta che si assiste a un marcata inversione della tendenza del debito ad aumenatare. La prima volta fu tra il 1996 e il 1999, Ministro del Tesoro Carlo Azaglio Ciampi. La seconda nel 2007, Ministro del Tesoro Tommaso Padoa Schioppa. Vi fu un accenno di stabilizzazione una terza volta durante il breve ministero Dini. Cosa hanno in comune queste persone? Certamente la coscienza, maturata nella Banca d’Italia, dell’importanza del contenimeno del debito per assicurare stabilità finanziaria ed economica al paese. Ma ancor più l’indipendenza dagli “indici di popolarità” che legano le mani dei ministri politici, inducendoli a fare ciò che raccoglie consenso aniziche ciò serve all’Italia.

CRESCITA 2007: NIENTE DI NUOVO

Nel 2007 la crescita del Pil dell’Italia è stata inferiore di circa un punto percentuale a quella media dell’area euro. Ma particolarmente preoccupante è il confronto con Germania, Francia, Regno Unito e Spagna. Non si tratta di una novità: l’ultimo anno in cui il nostro paese è cresciuto più rapidamente dei quattro grandi in Europa è stato il 1995, quando la nostra industria beneficiò di una cospicua svalutazione. La crescita potenziale limitata dell’economia italiana di questi anni dovrebbe rendere più cauti gli schieramenti nelle promesse elettorali.

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