Draghi ha lanciato un monito alla Grecia e ai partner europei: devono trovare un accordo su debito e programma economico. Non possono pensare che la rete di salvataggio della Bce risolva tutti i problemi. Una mossa coraggiosa ma con qualche rischio.
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Il piano che il ministro delle Finanze greco illustra ai leader europei in questi giorni prevede la conversione di parte del debito in titoli indicizzati alla crescita del paese. La proposta avrebbe diversi vantaggi, ma la sua realizzazione è ostacolata da una grave difficoltà tecnica.
Sulla questione greca c’è una gran confusione. Anche perché molti intendono sfruttarla per finalità di dibattito politico interno o internazionale. È opportuno tentare di fare un po’ di chiarezza. Ecco alcuni fatti e rimandi a documenti che possono aiutare in questo senso.
Con la vittoria di Syriza alle elezioni, la rinegoziazione del memorandum è ormai inevitabile. Si tratta di un notizia che evidenzia le molte fragilità del sistema federale europeo. Ma non è il rigore il vero problema dell’economia greca.
La Grecia è di nuovo sotto pressione sui mercati dopo i primi passi del Governo Tsipras. Ma oggi chi è esposto al rischio greco? Scontato l’aumento del peso dei creditori pubblici nella struttura del debito, la lenta ripresa degli investimenti privati è forse un segnale di ritorno alla fiducia.
La vittoria della sinistra radicale alle elezioni porterà a una soluzione dei problemi della Grecia? Non è detto. Il successo di Syriza si fonda su una narrazione semplicistica della crisi. Che ora rischia di radicalizzare le posizioni di tutti, bloccando ogni possibile compromesso con la UE.
Alexis Tsipras è il nuovo primo ministro della Grecia. D’altra parte, in Europa e non solo, in molti speravano nel suo successo. Un accordo sul debito greco sarebbe ragionevole. Ma gli ostacoli politici non mancano, perché significherebbe rimettere in discussione i capisaldi del fiscal compact.
Una sorpresa positiva nel Quantitative easing europeo: non ha limiti temporali, ma è condizionato al raggiungimento di un obiettivo di inflazione. Occorreranno però più di 4 anni per attuare un programma simile a quello della Fed. Senza aspettarsi grandi benefici in termini di maggiore inflazione.
Draghi ce l’ha fatta: ha servito il Qe al tavolo del Consiglio Bce. Ha dovuto condirlo in salsa europea per farlo mangiare anche ai tedeschi (lo digeriranno?), ma va bene così. Adesso bisogna che le altre politiche non remino contro, a cominciare dalla vigilanza bancaria della Bce stessa.
Il 1° gennaio è entrata in vigore la nuova direttiva europea sulle crisi bancarie. Prevede una serie di strumenti che hanno l’obiettivo di prevenire e gestire eventuali crisi in modo da ridurne l’impatto. Non ci saranno più salvataggi con fondi pubblici, ma “risoluzioni”.