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Categoria: Unione europea Pagina 68 di 98

E Bruxelles mette il tappo al vino

L’Unione Europea è intenzionata a ridurre lo squilibrio tra domanda e offerta di vino agendo sui diritti d’impianto e reimpianto e premiando l’estirpazione dei vigneti. Non stiamo però parlando di un’economia chiusa e oltretutto l’Europa non detiene più l’esclusiva nella produzione di vino. Il problema principale risiede nel calo strutturale dei consumi domestici e nella crescente concorrenza dei paesi del cosiddetto Nuovo Mondo. La spesa per incentivare l’estirpazione dei vigneti ammonta a oltre un miliardo di euro. Ma sarà del tutto inutile.

Virtuosi e lazzaroni dei tagli di bilancio

È proprio vero, come afferma il ministro Tremonti, che la manovra economica del Governo italiano è in linea con quanto fanno gli altri paesi europei? Passando in rassegna i tagli di bilancio dei paesi dell’Unione e mettendoli a confronto con un benchmark europeo, possiamo assegnare ad ognuno la patente di “virtuoso” o di “lazzarone”. E risulta evidente che l’Italia, purtroppo, si comporta peggio degli altri.

I tagli in Europa

 

I tagli di bilancio sono oggi all’’ordine del giorno in tutta Europa. Le manovre ”presentano, da paese a paese, notevoli differenze per l’’entità, l’’orizzonte di attuazione, la composizione (tra tagli di spese  ed aumenti di entrate), la natura di breve o lungo periodo dei risparmi,  le riforme istituzionali che li accompagnano (o meno), i livelli di governo (centrale, locale) maggiormente coinvolti. La Tabella 1 descrive  la dimensione dei tagli di bilancio in rapporto al PIL dei diversi programmi nazionali per il 2010-2015. Si va dalle “grandi manovre” di Grecia, Spagna,  Portogallo, Spagna,  ma anche di Francia e Regno Unito, a tagli tutto sommato modesti di Italia, Austria, Olanda, Ungheria, Slovacchia (i tagli in Irlanda sono anteriori al 2010 e quindi non compaiono appieno nella tabella).

Tabella 1: Aggiustamenti  di Bilancio in Europa, 2010-15 (% PIL)

Paese Aggiustamento
Austria 0,9%
Belgio 5,3%
Francia 4,5%
Germania 3,0%
Grecia 10,7%
Irlanda 3,2%
Italia 1,6%
Paesi Bassi 2,1%
Portogallo 6,6%
Slovacchia 2,5%
Spagna 8,2%
Svizzera 0,9%
Ungheria 1,6%
UK 6,0%

Fonte: CESIFO

Per lo più  le manovre consistono in riduzioni (o limiti alla crescita) della spesa corrente (in Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Irlanda, Olanda, Spagna), e spesso incidono su comparti sensibili  di spesa sociale (sanità in Belgio e Olanda; stipendi pubblici e pensioni, nella Repubblica Ceca, Grecia, Olanda). In altri paesi non sono risparmiati neanche gli investimenti pubblici (Irlanda, Italia, UK). Per ragioni connesse alla loro organizzazione federale, in Belgio, Germania, Italia, Spagna, Svizzera (e Svezia ) i tagli coinvolgono in maggior misura i livelli di governo locale.
Alcuni paesi hanno recentemente introdotto dei vincoli legali che pongono le decisioni di bilancio all’’interno di un  framework di medio termine che garantisca la disciplina del bilancio. Vincoli a livello Costituzionale sono presenti in Polonia e Germania, dove il  governo ha recentemente approvato una norma costituzionale che a partire dal 2016 impone che il deficit strutturale del bilancio federale non superi lo 0,35 per cento del Pil e che i Laender presentino bilanci in pareggio. Regole fiscali che rendono vincolanti gli impegni di riduzione di spesa sono presenti/ad esempio in Ungheria, Irlanda (annunciato nel 2009), UK.
Guardando ai paesi della zona Euro appare che, in media, i tagli previsti tendono ad essere più cospicui per i paesi che presentano più elevati disavanzi primari, maggiore indebitamento rispetto al Pil e più elevato disavanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti (1). Se prendiamo i tagli descritti nella Tabella per i soli paesi della zona Euro più Regno Unito e ponderiamo ciascuna manovra con il peso di ciascun paese sul Pil della zona, scopriamo che l’’entità dei tagli previsti dal 2010 al 2015 è considerevole: circa 5 punti del Pil dell’’Euro-zona.
(1) Si veda il mio blog per maggiori dettagli.

Una crisi pagata dai giovani

La disoccupazione giovanile è al 20 per cento in Europa. Si tratta anche di una conseguenza di riforme del mercato del lavoro rimaste incomplete. Per rendere politicamente accettabili quelle intraprese a partire dalla fine degli anni Ottanta, si è lasciato che influissero solo sulle nuove assunzioni. Si è così creato un dualismo nel mercato del lavoro, tra contratti a tempo indeterminato e contratti a tempo determinato. Che è iniquo e fortemente distorsivo. Si può risolverlo ricorrendo a forme di tutela progressiva del lavoro.

Ammortizzatori sociali sotto stress-test

In un periodo di forte disoccupazione è importante valutare fino a che punto i redditi di coloro che perdono il lavoro vengono compensati dal supporto pubblico. E anche quali costi ne derivino per i governi. Uno stress-test sui sistemi di welfare di cinque paesi europei mostra che l’Italia spende più di altri per assicurare una protezione più limitata. La causa è l’assenza di forme generalizzate di sostegno al reddito. A rischio povertà il 91 per cento dei disoccupati di famiglie monoreddito contro il 32 per cento del Belgio, il 55 per cento della Spagna e il 75 per cento del Regno Unito.

Quando i politici danno una mano alla speculazione

E’ probabile che con le loro pubbliche dimostrazioni di confusione e le loro dichiarazioni volte a rassicurare l’opinione pubblica nazionale, i governi europei abbiano contribuito significativamente alle turbolenze che hanno investito l’eurozona. D’altra parte, sono stati costretti a trovare un accordo e ad approvare misure senza precedenti per salvare l’euro. Se continueranno a mostrare unità di intenti e la seria intenzione di risolvere i fondamentali squilibri nell’area, c’è speranza che i mercati finanziari allentino la morsa.

Ricette sbagliate: più spesa in Germania

Sono in molti ad accusare la Germania per la sua politica fiscale prudente, che finirebbe per aggravare la crisi. La cui soluzione sarebbe invece in un’espansione della spesa pubblica tedesca. Ma si tratta di una ricetta sbagliata, frutto di un keynesianismo datato. E’ un’illusione credere che un 5 per cento sul Pil di deficit di bilancio in Germania basti per risolvere i problemi di crescita dell’Europa. Che dipendono piuttosto dalle rigidità sul lato dell’offerta, soprattutto nei paesi oggi più in difficoltà.

La strada stretta dei tagli di bilancio in Europa

La febbre dei tagli di bilancio si sta diffondendo rapidamente in tutti i paesi europei. E’ un esperimento politico-sociale senza precedenti: l’Europa nel suo complesso riduce la spesa pubblica anche a fini sociali. Ma se i tagli di oggi non si traducono in riforme strutturali avranno solo effetti temporanei sulla spesa. Se invece diventano riforme strutturali, potrebbero essere meno recessivi di quanto temuto.

Perché il Piano Merkel è un errore

Il progetto tedesco di introdurre il pareggio di bilancio quale condizione per l’appartenenza all’euro è sbagliato: non funzionerà e distrae dal vero problema dell’Europa, la crescita. Certo, il Patto di stabilità va rivisto, ma in modo intelligente. Da un debito elevato si esce in un paio di generazioni, non in un paio di anni e occorre ridurre la spesa, non aumentare le tasse. Non tutte le spese poi sono uguali: ridurre quelle legate all’invecchiamento della popolazione ha effetti diversi da un taglio alle infrastrutture. Il ruolo dei comitati indipendenti autorevoli.

La soluzione ragionevole dell’emergenza greca

L’euforia seguita all’annuncio delle misure del pacchetto salva-euro ha avuto vita breve: il giorno dopo, le borse sono ridiscese, gli spread sui titoli dei paesi a rischio aumentati e l’euro ha proseguito la sua caduta. Ha ragione allora chi sostiene che le misure sono inutili o dannose e che era preferibile il default della Grecia? Il piano Europa-Fondo monetario rappresenta una risposta ragionevole in una situazione di emergenza. Se darà gli effetti sperati dipende in larga misura dalle prossime mosse dei più importanti paesi europei, Germania in testa.

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