Categoria: Unione europea Pagina 68 di 101
La legge di stabilità mette la parola fine al fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione. E nello stesso tempo la bozza di decreto legislativo sulla fiscalità municipale introduce la cedolare secca sugli affitti con un’aliquota del 20 per cento. Che determinerà una consistente perdita di gettito senza benefici tangibili per le famiglie in difficoltà a pagare un canone di mercato. Non sarebbe meglio allora utilizzare una somma pari al guadagno che deriva ai proprietari dal nuovo sistema di tassazione per rifinanziare il fondo?
Ci sono insegnamenti da trarre dalle recenti vicende dell’Irlanda. Intanto, non basta considerare quanto un paese cresce, occorre anche considerare perché cresce, poiché da questo dipende la sua capacità di onorare i suoi impegni finanziari. La crescita finanziata prevalentemente dal capitale estero si rivela intrinsecamente fragile. E certo, gli Ide sono meno facili da smobilitare, ma proprio per questo la necessità di remunerarli può essere una zavorra per un sistema economico per parecchio tempo.
La proposta Tremonti-Juncker di istituire una nuova agenzia europea con il compito di creare un debito europeo che sostituisca gradualmente i debiti pubblici nazionali è una buona idea per realizzare infrastrutture e aumentare la liquidità dei mercati. Per essere politicamente realizzabile, richiede però la rinuncia alla sovranità fiscale. Il punto dolente è che diverrebbe operativa dopo il 2013: rischierebbe così di accelerare il default di tutti i paesi a rischio. Non è dunque una soluzione per la crisi di debito dell’Europa.
Le crisi bancarie sistemiche sono sempre difficili da risolvere. Se un sistema bancario malato rappresenta un serio ostacolo alla ripresa, ancor più grave è il fatto che costringe la zona euro a optare in modo sistematico per il salvataggio, invece che per la ristrutturazione, ogni qual volta un suo membro si trova in difficoltà . La soluzione passa per l’analisi della situazione patrimoniale delle banche, la ricapitalizzazione o l’eventuale ristrutturazione. Un processo forse traumatico. Ma rinunciarvi significa mettere in pericolo la stessa Unione Europea.
La crisi della Grecia prima e degli altri paesi alla periferia della zona euro attualmente, hanno posto drammaticamente la possibilità del fallimento del progetto economico e politico dell’euro. Molti economisti hanno proposto soluzioni diverse e non necessariamente alternative per cercare di porre rimedio alla crisi. Concentrandoci sugli aspetti istituzionali riportiamo qui, in forma schematica, le proposte formulate fino a questo momento.
Il primo errore è stato il salvataggio della Grecia, per poi proseguire in un crescendo che ha finito per portare l’eurozona sull’orlo del disastro. I leader europei sperano di arginare la situazione rafforzando il Patto di stabilità o imponendo un meccanismo di ristrutturazione del debito sovrano. Entrambi richiedono un nuovo Trattato e dunque una ratifica da parte di cittadini europei, poco propensi a concederla in questo momento. E allora l’unica possibile soluzione è il ripristino della clausola del “no-bailout”: a imporre la disciplina fiscale ci penseranno i mercati.
La disciplina di bilancio dei paesi membri dell’Unione Europea è necessaria e utile. Non è però sufficiente a ristabilire ritmi di crescita adeguati non solo per vincere la disoccupazione, ma per garantire la stessa sostenibilità dei debiti sovrani dell’area euro. Serve un nuovo accordo politico tra gli Stati membri nel quale anche la crescita sia riconosciuta come priorità e venga promossa con interventi di rilancio del mercato interno, accompagnati da forti investimenti infrastrutturali. Per arrivare a più integrazione, non a meno integrazione.
L’accordo tra i ministri dell’Economia e delle Finanze dei paesi dell’area euro sulla riforma del Patto di stabilità e crescita ribadisce che sarà rafforzato non solo il vincolo sul deficit ma anche quello sul debito. Che però sono legati fra loro. E dunque una adeguata diminuzione del primo è condizione sufficiente per ridurre il secondo. Mentre un irrigidimento del vincolo sul debito potrebbe avere diversi effetti negativi e non serve neanche a rassicurare i mercati.
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