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SE LA CRISI DI ATENE ENTRA IN BANCA

Lungi dall’essere risolta, la crisi greca ha messo a nudo tutte le debolezze della costruzione monetaria europea. Una volta messo in moto, il processo di integrazione comporta una serie di costi, oltre che di importanti benefici. Ma tornare indietro sarebbe molto rischioso e costoso. Meglio dunque andare avanti fino a quando l’Europa sarà un vero stato federale. Solo allora si potrà considerare la Grecia alla stregua di Los Angeles, che non ha banche né depositanti da salvare, ma solo un bilancio da sanare.

SALVIAMO LA GRECIA. DA SE STESSA

Il governo greco ha chiesto all’Unione Europea e all’Fmi di attivare i 45 miliardi di aiuti concordati. Ma è ancora possibile salvare a Grecia? E quanto costerebbe? Lasciato a se stesso, il paese è condannato al ripudio del debito pubblico. Eppure, la crescita del debito è in larga misura dovuta alla spesa per gli interessi e l’apertura di linee di credito internazionali potrebbero migliorare le cose. E non costerebbe neanche molto. Dopo il primo anno di aiuti, però, si dovrebbe lasciare la Grecia al proprio destino, preparando una ristrutturazione ordinata del debito.

IL FALLIMENTO CHE L’EUROPA NON PUÒ PERMETTERSI

L’Unione Europea riforma il suo sistema di regolamentazione finanziaria, con l’istituzione di tre autorità di vigilanza a livello europeo. La proposta è il superamento delle logiche nazionali e dunque un enorme passo avanti. Potrebbe però essere un errore concentrarsi solo sui poteri da attribuire alle nuove istituzioni, soprattutto per la posizione che potrebbe assumere il futuro governo britannico. Meglio allargare la discussione ai problemi di efficacia e governance. Anche perché un fallimento avrebbe gravi conseguenze su tutto il processo di integrazione economica.

GRECIA, ORA IL PERICOLO È LA FUGA DAI DEPOSITI

Le notizie che giungono dalla Grecia segnalano che la situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro. Finora l’attenzione è stata tutta concentrata sulle necessità di finanziamento del settore pubblico. Ma la scorsa settimana ha fatto intravedere una possibile improvvisa crisi di liquidità del sistema bancario di quel paese, con elevato rischio di contagio internazionale. L’accordo dell’11 aprile tra i ministri dell’Eurogruppo è un passo avanti, ma ampiamente al di sotto di quanto sarebbe necessario e urgente.

BANCHE CROSS-BORDER: LA VIGILANZA IN TEMPO DI CRISI

L’attività di vigilanza sui grandi gruppi bancari europei dovrebbe essere svolta da una sola autorità. Le proposte di regolamento all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo già prevedono un potere di mediazione affidato a una nuova Autorità bancaria europea, se c’è disaccordo tra le autorità nazionali. Necessario però un passo ulteriore, che ne faccia il centro del sistema europeo di vigilanza sui gruppi bancari cross-border. Poteri e compiti dell’Autorità nell’ultimo dei quattro interventi (1, 2, 3) di sintesi del Rapporto Ceps-Asssonime.

CRISI BANCARIE: CI VUOLE UNA PROCEDURA CONDIVISA

L’Unione Europea dovrebbe prevedere un’unica procedura di risoluzione delle crisi bancarie, in modo da rendere possibile la prevenzione e la gestione della crisi in modo unitario e sotto la responsabilità di un’unica autorità amministrativa. Si svolgerebbe secondo il diritto del paese in cui ha sede la società capogruppo e sotto la responsabilità dell’autorità di vigilanza competente, ma sotto il controllo di un collegio dei supervisori rafforzato. Ecco le sue caratteristiche principali nel terzo dei quattro interventi (1, 2) di sintesi del Rapporto Ceps-Asssonime.

IDENTIKIT DI UN FONDO PER L’EUROPA

L’Europa ha bisogno di un Fondo monetario europeo? E se sì, quali caratteristiche dovrebbe avere? Quello che non funziona oggi è la procedura per deficit eccessivo. Andrebbe sostituita da regole auto-imposte che assicurino la disciplina di bilancio senza però compromettere la possibilità di politiche moderatamente anticicliche. Dovrebbe funzionare sostanzialmente come un fondo di ammortamento sulla base di un sistema di crediti accumulati, in modo da incentivare i governi a risparmi di bilancio durante le fasi di espansione. In caso di crisi, potrebbe concedere una garanzia sul debito pubblico estero.

DILEMMI GRECI

Il rifinanziamento sui mercati è a costi ritenuti insostenibili, ma finché quella dei mercati resta un’opzione aperta, dalla Unione Europea non arriverà nessun aiuto. Per uscire dallo stallo la Grecia potrebbe rivolgersi al Fondo monetario internazionale. Con quali vantaggi? Un risparmio, ma neanche troppo significativo, sul servizio del debito. Sull’altro piatto della bilancia c’è però il fatto che cosi facendo la Greci brucia i ponti verso i suoi partners Europei e che le somme offerte dall’Fmi non sarebbero sufficienti a risolvere la situazione.

FONDO MONETARIO EUROPEO, UNA PESSIMA IDEA

Chi sostiene la necessità di creare un Fondo monetario europeo non si rende conto delle sue implicazioni e delle condizioni necessarie per un buon funzionamento. Al di là del fatto che il Trattato europeo impedisce che un paese sia salvato dagli altri stati membri, i fautori dell’Fme dovrebbero rispondere a una domanda fondamentale: cosa accade se un paese in difficoltà non rispetta gli impegni assunti? Perché si corre il rischio di arrivare a una totale indisciplina di bilancio. Da non sottovalutare la questione del finanziamento.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Sono davvero molto grato ai lettori per i vari commenti al mio articolo sull’ipotesi di creazione di un Fondo monetario europeo (Fme). Nel rispondere comincerò dal commento di Daniel Gros che, con Thomas Mayer, ha proposto in un recente articolo, la creazione di un Fme che costituerebbe “uno strumento utile per aumentare la disciplina (fiscale) e per rafforzare la presenza europea nel Fmi”. Ovviamente questo non eè il luogo ideale per commentare con precisione la proposta, abbastanza corposa, di Gros e Mayer. Piuttosto la presente discussione dovrebbe essere cosa fare con la Grecia e con altri paesi in difficoltà ora; non come risolvere i possibili problemi finanziari dei paesi europei tra dieci o venti anni, quando il Fme, come proposto da Gross e Mayer, avrebbe accumulato le risorse finanziarie necessarie (con i contributi annuali al Fme dei paesi membri) per aiutarli. Un’altra difficoltà è che i paesi membri, che già hanno grossi problemi finanziari in questo momento e li avranno negli anni futuri, si addosserebbero ora il peso addizionale di dover contribuire le loro quote annuali al Fme. Queste quote, secondo la proposta, sarebbero più pesanti specialmente per i paesi con debiti pubblici ed indebitamenti netti più alti. Cioè esattamente per i paesi con più difficoltà a contribuire al Fme.
Domenico Taddeo propone un Fme di garanzia dei debiti pubblici dei paesi membri. Sarebbe gestito dalla Bce che riceverebbe da ogni paese un premio di garanzia commisurato all’entità del debito e del deficit dei paesi. Il rischio d’insolvenza e la responsabilità di misurare il rischio per paese per determinare il premio di garanzia passerebbero alla Bce. Per un paese, almeno in teoria, il costo del credito sarebbe lo stesso perchè il pagamento alla Bce, per trasferire il rischio, dovrebbe essere lo stesso che il costo più alto del debito ottenuto senza la garanzia della Bce. La Germania non acetterebbe mai questo trasferimento di rischio alla Bce; e neppure la Bce si metterebbe mai in quelle condizioni. È facile immaginare le pressioni politiche che questa proposta creerebbe per la Bce.
Paolo Todeschini discute la possibilità di una rappresentanza unica europea nel Fondo monetario internazionale (Fmi). L’idea è molto discussa. Ci sono ovviamente enormi problemi da risolvere. Per esempio quale paese rappresenterebbe l’Europa nel consiglio esecutivo del Fmi? Lo farebbe imparzialmente senza pressioni dal governo del suo paese? Che pericolo c’è che nel cambio dalla situazione attuale alla rappresentanza unica l’Europa perderebbe parte del suo potere di voto? È proprio vero che il cambio darebbe più potere al’Europa? Avendo trascorso 27 anni nel Fmi, sempre in posizioni abbastanza alte, non ne sono convinto.
L’idea di Mario Savioli di usare l’oro delle riserve della Banca d’Italia per pagare parte del debito pubblico è una vecchia e credo cattiva idea. La Banca d’Italia ha accumulato l’oro in parte creando debiti contro se stessa. E l’oro rappresenta una garanzia importante. Recentemente il governatore della Banca centrale dell’Argentina si è dimesso proprio per questa politica da parte del governo argentino. La Bce non lo permetterebbe. I calcoli presentati da Mario Savioli non mi sembrano coretti. Il valore totale dell’oro della Banca d’Italia è molto meno del debito pubblico italiano.
Sul commento di Claudio Bellavita è sufficiente ricordare i problemi che i Cds hanno creato negli ultimi anni al sistema finanziario. Non creamone degli altri.
Sono d’accordo con il commento di Paolo Gelain ma vorrei ripetere quanto già scritto nel mio articolo, che i problemi dei conti pubblici dei paesi dell’Unione Europea non derivano da oneste politiche anticicliche ma da cicli elettorali e da finanza facile.

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