Le preoccupazioni di Vito Tanzi sarebbero pienamente giustificate se il Fondo monetario europeo dovesse diventare veramente una fonte alternativa di "soldi facili". Ma un Fme come proposto da Thomas Mayer e da me sarebbe lopposto: costituirebbe uno strumento per aumentare la disciplina attraverso la procedura di "fallimento sovrano" pianificato che noi abbiamo ideato.
Un FME potrebbe anche costituire uno strumento utile per rafforzare la presenza europea nel Fondo monetario internazionale. Infatti i paesi della zona euro (che farebbero tutti parte del Fme) potrebbero unificare i loro seggi nel Fmi. Non ci sarebbe nessuna concorrenza tra Fme e Fmi, ma luno (Fme) farebbe parte dell’altro (Fmi).
Se fosse finanziato dai soli paesi che violano i parametri di Maastricht, nei prossimi anni accumulerebbe quasi 30 miliardi all’anno (con l’Italia tra i maggiori contribuenti).
Sento spesso unaltra obiezione: i contributi rendono la finanza pubblica del paese ancora più difficile. Rispondo che il contributo nazione (cumulato, con interessi) rimarrà sempre come riserva di emergenza a disposizione del paese. Per cui non considererei questi contributi come un aggravio della situazione.
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Il Fondo monetario europeo non è solo un’idea molto difficile da realizzare. Per i paesi dell’Unione monetaria rappresenterebbe un’alternativa al Fondo monetario internazionale. E anche chi non ha i conti pubblici in ordine potrebbe così sentirsi autorizzato a seguire con disinvoltura politiche fiscali anticicliche, sicuro di avere comunque una rete di protezione. Mentre invece è necessario rafforzare il controllo europeo sulla disciplina di bilancio dei paesi membri. La perdita di influenza all’interno dell’Fmi.
Anche ammesso che il governo Papandreu riesca a ridurre la spesa complessiva al ritmo di 2,5 punti di Pil all’anno, la Grecia dovrà rimanere a lungo sotto la tutela dell’Europa, non basteranno le misure tampone. Per questo è positivo che si pensi alla creazione di un Fondo monetario europeo. Ma la vera questione posta dalla vicenda greca è che se l’Europa non saprà esprimere adeguate istituzioni e strumenti, difficilmente l’euro sopravvivrà alle prossime crisi.
Qual è la proposta?
Lidea trae origine da un paper pubblicato il mese scorso da Daniel Gros e Thomas Mayer. E consiste nel creare unistituzione con il principale obiettivo di erogare prestito ai 16 paesi dellUnione allorché uno dei paesi membri incorra in una crisi come quella Greca. In caso di crisi, un paese potrebbe richiedere al Fondo prestiti fino a raggiungere la somma pagata che ha versato sino a quel momento, a patto che le sue politiche di bilancio siano state approvate dagli altri membri della zona euro. Aiuti superiori a quell’importo comporterebbero un piano di adeguamento di bilancio sotto la supervisione delle autorità europee. Compito del fondo sarebbe istituire una cornice di regole per gestire in modo ordinato le crisi di debito disinnescando panico e rischio di contagio.
Come verrebbe finanziato?
LFme sarebbe finanziato dai paesi che non rispettano i limiti di Maastricht su deficit e debito e fornirebbe a un paese in difficoltà garanzie sul proprio debito a fronte di pensanti sanzioni (esclusione dai fondi strutturati, non eleggibilità del proprio debito come collaterale per il finanziamento della Bce, e in casi estremi, esclusione dallUnione e dalleuro). Secondo Gros e Meyer se un fondo di questo tipo fosse stato introdotto con leuro nel 1999, sarebbero stati accumulati fino a oggi 120 miliardi di euro una cifra sufficiente per salvare un paese membro anche di medie dimensioni.
Avrebbe solo funzioni di salvataggio?
No. Avrebbe anche una importante funzione stabilizzatrice perché, finanziandosi con prelievi sui paesi che violano le norme di bilancio dellUnione si aumenterebbe lincentivo a rispettarle. Le istituzioni dellUnione si doterebbero di uno strumento di maggiore potere per punire i bricconi fiscali.
Che differenza col fondo monetario internazionale?
LFme avrebbe le stesse funzioni e modalità di intervento dellFmi, ma inoltre stabilirebbe le procedure da seguire in caso di default (anche parziale) di uno stato, cosa che il Fondo Monetario internazionale non fa.
E applicabile alla Grecia?
No. è un progetto che richiede tempi di non rapida attuazione.
Dall’Europa arriva alla Grecia molta solidarietà, ma nessun aiuto concreto. Soprattutto, la dichiarazione congiunta dei leader europei non definisce le basi giuridiche di un intervento contrario allo spirito e al contenuto dei Trattati, non ne indica l’ammontare, né chiarisce come si intende costringere il governo greco a rispettare i suoi obblighi. Intanto, però, si è messo in moto un meccanismo molto pericoloso. Per fermarlo, la Grecia dovrebbe rivolgersi al Fondo monetario internazionale, il cui scopo è proprio quello di disinnescare le crisi speculative.
E’ fondato il timore che il caso Grecia contagi anche gli altri paesi europei ad alto debito e bassa competitività? Oggi i mercati attribuiscono ai Gipsi diversi valori e diversi profili temporali di rischio d ‘ insolvenza. In Grecia e Portogallo i rischi appaiono concentrati nel breve termine, in Italia e Spagna nel medio periodo. Forse perché considerano questi ultimi due paesi nella “seconda linea” d’attacco. E allora, nell’interesse nazionale, il nostro governo dovrebbe muoversi immediatamente in Europa per scongiurare un esito catastrofico della crisi greca.
Il Patto europeo di stabilità e crescita così com’è ha ormai esaurito il suo ruolo e il recente caso della Grecia ne è la prova. Come rinnovarlo per far sì che funzioni? Il tema è delicato. Soprattutto perché è nell’interesse dei paesi in crisi cavalcare il timore del contagio e della debolezza europea per ottenere di più. Ma una riforma è urgente, perché non è detto che si possa contare su una ripresa per ridurre i disavanzi. Ecco alcune proposte.
Se per Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna valessero gli stessi criteri usati per giudicare la vulnerabilità dei paesi emergenti, sarebbero tutti indicati a rischio default. Per fortuna, i mercati sembrano applicare ai paesi europei criteri di tolleranza del tutto diversi. Verosimilmente per l’appartenenza all’euro, l’accesso ai mercati finanziari e a linee di credito intergovernative, per le banche centrali nazionali all’interno dell’euro-sistema e l’assenza di recenti episodi di insolvenza. Ma fino a quando riusciranno a volare gli euro-porcelli?
La vicenda Fiat rappresenta una cartina di tornasole della capacità del paese di mantenere sul territorio italiano il quartier generale, e una parte sostanziale della produzione, di una multinazionale nata e cresciuta in Italia. Se invece di lavorare a un progetto di ampio respiro si continuerà a invocare la responsabilità sociale e ad addossare alle imprese oneri che sono di competenza dello Stato, senza neppure fornire una controparte infrastrutturale e istituzionale adeguata, a quella di Termini seguiranno altre chiusure.
Ringraziamo tutti i lettori per i loro commenti. Rispondiamo collettivamente. Intanto, un aggiornamento. La settimana scorsa la Grecia ha emesso titoli quinquennali per 8 miliardi di euro; la domanda è stata di 25 miliardi; il rendimento offerto è elevato (6,2%) ma non drammatico (lArgentina paga il doppio). La capacità del governo greco di emettere agevolmente debito pur pagando un adeguato premio al rischio dimostra che i mercati finanziari stanno scommettendo sul fatto che il paese, se necessario, verrà aiutato dagli altri (bail out). Sembra quindi prevalere lidea che questa sia la scelta più conveniente per gli altri paesi europei, come suggerito nel nostro articolo.
Peraltro, concordiamo con i numerosi lettori (lo dicevamo in conclusione dellarticolo..) che sottolineano la contraddizione tra lunione monetaria e lassenza di coordinamento tra le politiche fiscali e macroeconomiche dei paesi membri. In assenza della possibilità di svalutare, occorrerebbe un accentramento delle decisioni in materia di politica fiscale e macroeconomica, per evitare laccumularsi di forti divergenze tra un paese e laltro. Per quanto estremamente difficile sul piano politico, questa dovrebbe essere la direzione in cui muoversi nel futuro, se si vuole evitare che problemi simili si ripetano.
Unaltra osservazione giusta è che lItalia insieme ad altri paesi quali Spagna e Portogallo non è messa molto meglio della Grecia, quanto a debito pubblico. Ma è messa meglio in termini di capacità di esportare, il che significa che lapparato industriale del paese, almeno in parte, ha saputo aggiustarsi ai nuovi vincoli indotti dalla moneta unica. Questo rende più sostenibile il nostro debito pubblico nel lungo periodo. Inoltre, in questa fase i mercati finanziari penalizzando in modo particolare la Grecia, probabilmente per la inaffidabilità dei suoi conti: avere rivisto in modo repentino e vistoso i saldi di finanza pubblica genera incertezza sulla vera entità del risanamento necessario.
Infine, molti lettori osservano, giustamente, che per rimanere nellarea euro la Grecia così come altri paesi mediterranei sarà costretta ad attuare politiche assai impopolari. Vero. Ma è anche vero che luscita dalleuro spingerebbe quei paesi verso uno scenario argentino, fatto di insolvenza, svalutazione, inflazione, tassi dinteresse elevati, ecc. Qual è il male minore?