I mercati non hanno punito le violazioni al Trattato di Maastricht da parte di Francia e Germania. Ma non si tratta di unautorizzazione generalizzata a interpretazioni flessibili delle regole. Perché a non rispettarle sono stati due paesi dai fondamentali fiscali storicamente stabili, la situazione è percepita come transitoria e l’avversione al rischio sui mercati è in questa fase particolarmente bassa. Latteggiamento dei mercati sarebbe probabilmente diverso se protagonisti e situazioni fossero altri.
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Il dibattito post-Ecofin dovrebbe concentrarsi esclusivamente sulle ipotesi di riforma del Patto di Stabilità e non metterne in discussione lesistenza e la filosofia. È infatti un architrave della costruzione monetaria e alterarne la credibilità significa assumersi la responsabilità di mettere in discussione il futuro stesso della moneta unica. Come dimostrano anche le preoccupazioni espresse dalla Bce.
Prima della decisione dellEcofin, il Patto di Stabilità era migliorabile perché non era mai stato violato e quindi era credibile. Ora è più complicato, ma si possono percorrere due strade: introdurre nella nuova Costituzione europea una regola che sottragga le proposte della Commissione allapprovazione dellEcofin, sullesempio del Code of Fiscal Responsibility inglese. Oppure spostare lattenzione sulla trasparenza dei bilanci pubblici.
La recente decisione dellEcofin di sospendere lapplicazione della procedura per deficit eccessivo nei confronti di Germania e Francia ha dato vita a un intenso dibattito sulla necessità di modificare il Patto di stabilità. Ma lEcofin ha deciso sulla base di regole previste dal Trattato di Maastricht, non dal Patto. E nessuna riforma per quanto rapida del Patto potrà impedire il ripetersi di questa situazione quando la Germania dovrà dimostrare il rispetto degli impegni presi. Non ha senso dunque riformare il Patto senza cambiare anche le regole del Trattato.
La fine del Patto di stabilità non comporterà una maggiore crescita dellEuropa. Negli ultimi anni infatti è avvenuta comunque unespansione della spesa pubblica che non ha determinato alcuna accelerazione. Perché in Italia come altrove, la debolezza delleconomia dipende dalleccesso di specializzazione alle esportazioni in settori maturi. In attesa dello sviluppo di una nuova domanda mondiale, i paesi europei dovrebbero perciò puntare sul mercato interno. È quindi urgente liberalizzare molte attività di servizio e costruire adeguate infrastrutture.
Quali potrebbero essere le conseguenze di un abbandono del Patto di stabilità e crescita? Si arriverebbe a un rialzo dei tassi di interesse, particolarmente grave per paesi indebitati come lItalia. Perché laumento della spesa per interessi potrebbe essere tale da vanificare, ad esempio, i benefici della riforma previdenziale.
Riproponiamo per i lettori de la voce.info gli interventi di Guido Ascari, Olivier Blanchard e Francesco Giavazzi, Fabrizio Coricelli e Valerio Ercolani, Daniel Gros, Roberto Perotti e Vito Tanzi sulle possibili riforme del Patto di stabilità e crescita.
Una rassegna stampa registra le reazioni in Germania seguite alla violazione del Patto. Guardando avanti, cosa si può fare?
Riproponiamo per i lettori de la voce.info anche gli interventi di Vito Tanzi, Roberto Perotti, Guido Ascari, Olivier Blanchard e Francesco Giavazzi, Daniel Gros, Fabrizio Coricelli e Valerio Ercolani sugli effetti sulle politiche anticicliche e sulle possibili riforme del Patto di stabilità e crescita.
Tante le polemiche suscitate dal documento Prodi, ma nessuno finora ne ha discusso i contenuti. Molte le idee interessanti per i paesi europei e non solo per lItalia. Dal riconoscimento, difficile per un politico, della necessità di scelte dolorose nel mercato del lavoro e nei sistemi di protezione sociale al rifiuto del protezionismo. La maggior parte di queste decisioni non possono essere delegate allEuropa, ma devono rimanere negli ambiti nazionali. Più debole invece la riflessione sulla capacità di unEuropa, comunque riformata, di imporre queste scelte ai paesi membri.
Leliminazione del vincolo del 3 per cento al disavanzo pubblico previsto dal trattato di Maastricht non è lobiettivo da perseguire. Non cè evidenza empirica che esso abbia impedito fin qui lazione stabilizzante della politica fiscale né che sia stato dostacolo alla crescita. Potrebbe essere modificato, ma tutte le proposte avanzate creano serie perplessità. Forse la soluzione migliore è ridurre la complessità e la scarsa chiarezza delle regole, che generano trattative infinite e assegnano alla Commissione un ruolo improprio.