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Alcune risposte sul Patto

Lorenzo Bini Smaghi interviene nel dibattito sulle conseguenze della decisione Ecofin di non sanzionare Francia e Germania per aver superato per tre anni di fila i vincoli di deficit consentiti dal Patto di Stabilità e Crescita. Riproponiamo per i nostri lettori anche i contributi di Innocenzo Cipolletta, Riccardo Faini, Francesco Giavazzi, Daniel Gros e Tommaso Monacelli e la lettera di Vincenzo Visco .

Il compromesso necessario

Forse il fallimento della Conferenza intergovernativa era inevitabile. Era però possibile indicare su quali parti della bozza di trattato costituzionale l’accordo è pressoché generale. Ora si deve trovare un difficile compromesso che salvi la faccia a Spagna e Polonia, perché alla fine sembra più probabile l’adozione del voto a maggioranza proposto dalla Convenzione e gradito a Francia e Germania. L’Europa a due velocità resta un’ipotesi difficilmente realizzabile.

A che punto è l’Opa europea

Il compromesso sulle offerte pubbliche di acquisto proposto dal governo portoghese e avallato dalla presidenza italiana suscita qualche perplessità. È positivo arrivare a una disciplina uniforme in tutta l’Unione. Ma l’obiettivo finale della direttiva dovrebbe essere più ambizioso: favorire le scalate intra-comunitarie, creare una classe imprenditoriale europea e indurre le imprese ad aprirsi al mercato di capitali. Difficile che una disciplina solo facoltativa produca questi risultati.

Patto di Stabilità, i risultati del sondaggio

Molti gli iscritti alla newsletter che hanno risposto alle nostre domande sul futuro del Patto di Stabilità e crescita. La grande maggioranza propende per una modifica delle regole fiscali dell’Unione. Che dovrebbe escludere le spese per investimento dal vincolo del deficit oppure concentrare l’attenzione sul debito piuttosto che sul disavanzo anno per anno. E ad applicare le nuove regole dovrebbe essere la Commissione.

Al ritmo del flamenco

Risolta, forse, la questione del numero dei membri della Commissione, resta il problema delle regole di voto per le decisioni a maggioranza qualificata nel Consiglio. La Spagna si oppone con forza alla soluzione proposta dalla Convenzione. Ma un fallimento della Conferenza intergovernativa non sarebbe un vantaggio per nessuno, tanto meno per l’Europa intera. Per uscire dall’impasse perché non considerare l’ipotesi di far valere la minaccia di una Unione a due velocità? Un’integrazione più forte tra i paesi disposti a firmare subito la Convenzione e una più blanda per gli altri.

Il mercato e le sanzioni

I mercati non hanno punito le violazioni al Trattato di Maastricht da parte di Francia e Germania. Ma non si tratta di unÂ’autorizzazione generalizzata a interpretazioni flessibili delle regole. Perché a non rispettarle sono stati due paesi dai fondamentali fiscali storicamente stabili, la situazione è percepita come transitoria e l’avversione al rischio sui mercati è in questa fase particolarmente bassa. LÂ’atteggiamento dei mercati sarebbe probabilmente diverso se protagonisti e situazioni fossero altri.

Non c’è euro senza Patto

Il dibattito post-Ecofin dovrebbe concentrarsi esclusivamente sulle ipotesi di riforma del Patto di Stabilità e non metterne in discussione l’esistenza e la filosofia. È infatti un architrave della costruzione monetaria e alterarne la credibilità significa assumersi la responsabilità di mettere in discussione il futuro stesso della moneta unica. Come dimostrano anche le preoccupazioni espresse dalla Bce.

Oltre il Patto

Prima della decisione dell’Ecofin, il Patto di Stabilità era migliorabile perché non era mai stato violato e quindi era credibile. Ora è più complicato, ma si possono percorrere due strade: introdurre nella nuova Costituzione europea una regola che sottragga le proposte della Commissione all’approvazione dell’Ecofin, sull’esempio del Code of Fiscal Responsibility inglese. Oppure spostare l’attenzione sulla trasparenza dei bilanci pubblici.

Il Patto è morto, viva il Trattato

La recente decisione dell’Ecofin di sospendere l’applicazione della procedura per deficit eccessivo nei confronti di Germania e Francia ha dato vita a un intenso dibattito sulla necessità di modificare il Patto di stabilità. Ma l’Ecofin ha deciso sulla base di regole previste dal Trattato di Maastricht, non dal Patto. E nessuna riforma per quanto rapida del Patto potrà impedire il ripetersi di questa situazione quando la Germania dovrà dimostrare il rispetto degli impegni presi. Non ha senso dunque riformare il Patto senza cambiare anche le regole del Trattato.

Il Patto e la crescita

La fine del Patto di stabilità non comporterà una maggiore crescita dell’Europa. Negli ultimi anni infatti è avvenuta comunque un’espansione della spesa pubblica che non ha determinato alcuna accelerazione. Perché in Italia come altrove, la debolezza dell’economia dipende dall’eccesso di specializzazione alle esportazioni in settori maturi. In attesa dello sviluppo di una nuova domanda mondiale, i paesi europei dovrebbero perciò puntare sul mercato interno. È quindi urgente liberalizzare molte attività di servizio e costruire adeguate infrastrutture.

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