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In Usa va bene anche la demografia

Il 17 ottobre 2006 la popolazione degli Usa tocca quota 300 milioni. Un risultato dovuto all’azione congiunta di una natalità elevata e di una forte ripresa delle immigrazioni, che vanno a occupare gradini diversi della scala sociale. In Europa la situazione non è omogenea. Francia e paesi nordici hanno risposto meglio all’esigenza di coniugare vita lavorativa e familiare e hanno una tendenza demografica favorevole. Anche in Italia la recente crescita della fecondità si è verificata nelle aree dove più alti sono i flussi migratori e il numero di asili nido.

La famiglia, innanzitutto

Società in cui la famiglia svolge un ruolo dominante tendono ad avere un tasso di risparmio più alto, lavorano meno, hanno attitudini diverse nei confronti del ruolo redistributivo dello Stato e meno mobilità sociale. Ma è la famiglia a dettare il comportamento economico o la struttura economica e a stimolare la nascita di una certa struttura sociale? Uno studio dimostra che gli immigrati di seconda generazione hanno comportamenti molto simili agli abitanti dei loro paesi di origine.

Le vie dell’integrazione

La famiglia svolge un ruolo centrale nella trasmissione dei tratti etnici e culturali. Ma quali sono i motivi che spingono i genitori nei loro sforzi di socializzazione? Tanto più appartengono a una minoranza etnica o religiosa, tanto più rigidi saranno nel tramandare la loro identità ai figli. Ma proprio per questo, con il crescere dell’immigrazione e il rafforzamento delle comunità etniche, i comportamenti più conflittuali tenderanno naturalmente a scomparire. Questo vale anche per i gruppi religiosi più coesi, come i mussulmani.

Famiglie, potere d’acquisto e concorrenza

Negli ultimi cinque anni, la crescita dei redditi per alcune fasce della popolazione è stata molto limitata, accompagnata da una dinamica inflativa non uguale per tutti. La combinazione dei due fenomeni ha generato consistenti effetti redistributivi. Si spiega così la perdita di potere d’acquisto lamentata da molte famiglie. Se è vero che la bassa crescita dei redditi dipende da cause strutturali legate alla competitività italiana, è altrettanto vero che la mancanza di concorrenza in una larga parte dei servizi ha avuto un ruolo tutt’altro che marginale.

Politiche per la famiglia a costo zero. O quasi

Dopo tante promesse elettorali, di politiche per la famiglia si parla poco. Eppure, se ci si mette in un’ottica pragmatica, qualcosa si può già fare e senza costi aggiuntivi. Una liberalizzazione degli orari della distribuzione darebbe maggiori opportunità di conciliare i tempi della vita. Le imprese dovrebbero assumere misure family-friendly su orario di lavoro e offerta di servizi. Mentre le scuole dovrebbero “aprirsi” anche oltre l’orario di lezione. A parità di spesa, si potrebbero razionalizzare i benefici finanziari a favore delle famiglie.

Com’è difficile essere giovani in Italia

Disoccupazione, sottoccupazione, bassi redditi e precarietà del posto di lavoro sono un freno che spinge i giovani italiani a rimandare ben oltre i trent’anni l’uscita dalla famiglia di origine. Che resta l’unico vero ammortizzatore sociale, spesso anche quando si è conquistata l’autonomia. Ma la combinazione tra solidarietà familiare forte e welfare pubblico debole è iniqua. E comprime il dinamismo sociale. Lo stesso sistema politico sembra lo specchio di una società poco mobile e caratterizzata da scarsa valorizzazione delle risorse giovanili.

Collaboratori molto subordinati

I dati sembrano confermare che la gran parte delle collaborazioni nasconde rapporti di lavoro subordinati. Molte imprese si avvalgono di questa possibilità non per contrastare eventuali cali della domanda o per rispondere a esigenze di flessibilità produttiva, ma per ridurre il costo del lavoro. E’ davvero questo il terreno su cui misurarsi? Un’accorta politica economica dovrebbe, al contrario, spingere le aziende italiane verso gli elementi chiave della competizione globale: investimenti, riorganizzazione produttiva, innovazione, formazione.

Silenzi e parole

Ci sono molte cose dette e altre taciute nel discorso di Romano Prodi al Senato in tema di politiche sociali. Il presidente del Consiglio ha dedicato attenzione alla famiglia “costituzionalmente intesa”, ma non ha citato il reddito minimo di inserimento né la riforma degli ammortizzatori sociali. E ha glissato sui temi dei diritti civili e di libertà e sulla laicità dello Stato. C’è un poi quadro istituzionale reso confuso e di difficile gestione dallo spezzettamento dei ministeri, che non ha alcun senso e produrrà enormi inefficienze.

C’è sempre poco da festeggiare

L’otto marzo è la festa delle donne. Nonostante la crescita dei livelli di istruzione, le donne continuano ad essere meno pagate degli uomini e con minori opportunità di carriera. Nel lavoro familiare, le donne sono sempre più oberate di lavoro con scarsi aiuti da parte dei coniugi e del sistema pubblico. Nel Sud d’Europa queste difficoltà di conciliare lavoro e famiglia si traducono nella
scelta di avere meno figli o a rinunciare del tutto al mercato del lavoro.

L’imposta di successione per un fondo-giovani

Nel 2001 è stata abolita in Italia l’imposta di successione. Portava nelle casse dello Stato circa un miliardo di euro all’anno. Esistono buone ragioni per reintrodurla, vincolandone i proventi all’accrescimento delle opportunità di autodeterminazione dei giovani italiani. Si potrebbe, ad esempio, introdurre un fondo di cittadinanza sul modello del Child Trust Fund britannico. Si tratterebbe di un diritto individuale, che prescinde dalle condizioni economiche della famiglia. Dunque, renderebbe i ragazzi più indipendenti e, forse, più responsabili

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