È legge il premio di mille euro per il secondo figlio. Solo però per i bambini nati fino al 31 dicembre 2004. E per un solo anno. Non serve certo a coprire i costi: calcoli riportati dallo stesso ministero del Welfare indicano che sarebbe necessario un aumento del reddito del 18-30 per cento per garantire alla famiglia lo stesso tenore di vita precedente alla nascita del secondo bambino. Meglio sarebbe offrire servizi allinfanzia, come dimostra lesperienza dei paesi scandinavi.
Categoria: Famiglia
Offrire mille euro una tantum alla nascita del secondo bambino non è un sostegno alla maternità, ma un regalo poco equo e quasi irresponsabile. Perché i costi di mantenimento di un figlio sono alti e aumentano con letà. Perché in mancanza di servizi adeguati sono ancora molte le madri che rinunciano al lavoro. Con rischi di impoverimento della famiglia nel breve e nel lungo periodo. E perché in Italia i figli sono considerati di principio e di fatto dipendenti economicamente dai genitori molto a lungo, spesso ben oltre la maggiore età.
La bassa natalità in Italia dipende non solo da vincoli di reddito, ma anche dalla difficoltà per le donne di conciliare cura dei figli e lavoro. I dati dimostrano che finora la famiglia di origine ha funzionato da ammortizzatore sociale, con i nonni a occuparsi dei nipoti, mentre le mamme lavorano. Non è uno scenario destinato a durare. È necessario perciò aumentare lofferta di servizi pubblici alla prima infanzia. Le scelte del Governo sembrano invece andare nella direzione opposta.
La Finanziaria 2004 regala mille euro per ogni figlio successivo al primo. Un intervento pro-natalità, si è detto. Ma in una situazione di risorse scarse non cè alcun bisogno di una tantum costose per il bilancio pubblico e insignificanti per le famiglie, perché non incidono sui costi che si dovranno sostenere durante la crescita del bambino. Inoltre, forti dubbi sullequità del provvedimento nascono dallesclusione dallassegno dei figli di extracomunitari regolarmente residenti e dal finanziamento attraverso il fondo di disoccupazione.
Dall’indagine ministeriale emerge che il caldo record di quest’estate avrebbe ucciso 4.175 anziani. Riproponiamo ai nostri lettori le riflessioni di Tito Boeri (Quando la famiglia non basta) , Cristiano Gori (Anziani in cerca di risposta), Chiara Saraceno (Fumo contro la povertà) e Luca Beltrametti (Le soluzioni di Trento e Bolzano) sul problema degli anziani non autosufficienti in Italia.
Il decreto che dovrebbe incentivare l’iscrizione alle scuole paritarie è stato emanato ad anno scolastico già avviato, quando le scelte sono già state fatte da tempo. E benché non sia ancora chiaro il numero dei beneficiari, sarà senz’altro un contributo modesto, inutile per abbassare significativamente la barriera di accesso agli istituti privati. Tanto più che non prevede differenziazioni per fasce di reddito. Si risolve in un vantaggio per le famiglie più abbienti, quelle che avrebbero comunque optato per il privato.
Lecatombe silenziosa di anziani di questa estate dimostra che la famiglia non può più sopperire allintervento pubblico nel fornire assistenza ai non-autosufficienti. Invece di proporre nuovi programmi da nomi altisonanti e privi di alcun finanziamento, occorre pensare a strumenti universali che consentano la cura degli anziani più bisognosi senza fare affidamento unicamente sui familiari. Da finanziare a livello nazionale, con una più accorta allocazione delle indennità di accompagnamento e con la riduzione della spesa per le pensioni di anzianità.
I ragazzi italiani vivono in famiglia più a lungo dei loro coetanei europei perché non hanno la sicurezza del posto di lavoro. Colpa di un sistema che protegge i lavoratori più anziani, facendo ricadere sui più giovani tutto lonere della flessibilità. Mantenere il generoso sistema pensionistico per permettere ai padri di mantenere figli trentenni è una soluzione sbagliata e costosa. Vanno invece rimosse le rigidità del mercato del lavoro.