Dopo uno scandalo come Parmalat, è difficile presentarsi sui mercati finanziari internazionali senza una seria disciplina penale del falso in bilancio. E dunque bene ha fatto il Parlamento a rivedere il blando regime introdotto nel 2002. Ora però l’emendamento al testo di legge sul risparmio azzera la novità, salvo un inasprimento di pena nel caso di grave danno ai risparmiatori. Una scelta criticabile perché lancia il messaggio che la repressione delle frodi contabili non è una priorità in Italia. E perché accresce il costo del capitale per tutte le imprese italiane.
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La vicenda della Banca popolare di Lodi dimostra come ancora una volta sia fallita l’intera catena dei controlli. Sulle omissioni o collusioni sarà compito della magistratura individuare le responsabilità, ma è importante chiedersi se gli assetti di governance della banche, e in particolare delle popolari, siano adeguati per prevenire fenomeni patologici. Senza aspettare l’intervento del legislatore, si possono adottare alcune misure che impediscano l’affermazione di nuclei dirigenti autoreferenziali e sganciati da qualsiasi verifica sul loro operato.
Per ridare credibilità al nostro sistema bancario e per renderlo affidabile agli occhi dei risparmiatori è necessario che a Fazio succeda un Governatore davvero autorevole e competente. Ma non basta. Ci vogliono nuove regole che evitino in futuro una gestione monocratica dell’istituto, impongano un termine al mandato del Governatore e attribuiscano la tutela della concorrenza bancaria all’antitrust. Riproponiamo ai nostri lettori il confronto apertosi su questi temi sul sito sperando che il Parlamento sappia rapidamente varare le nuove norme.
Il testo della Finanziaria prevede l’istituzione di un fondo per indennizzare i risparmiatori danneggiati dai crack finanziari, obbligazioni argentine comprese. Molto probabilmente finirà per risolversi in una distribuzione generalizzata delle risorse. Una scelta sbagliata perché non tiene conto di principi base fondamentali per il fisiologico funzionamento di un mercato finanziario, come l’oggettiva rischiosità di alcune operazioni. Accantonata invece la class action, lo strumento più adatto per far valere le ragioni dei risparmiatori “traditi”.
L’articolo 19 del disegno di legge per la tutela del risparmio contiene disposizioni sull’organizzazione della Banca d’Italia. Ma non rimuove le cause delle degenerazioni dell’operato dell’autorità di vigilanza e si presta a obiezioni di merito. Modifiche incisive sono indispensabili. Se anche le approvasse la Camera, difficilmente passerebbero l’esame del Senato. Meglio allora stralciare l’articolo e rinviare alla prossima legislatura una riforma più organica, che comprenda anche una revisione della legislazione sui poteri e sulle competenze dell’Istituto.
Il testo di legge sulla tutela del risparmio approvato al Senato non affronta i veri nodi del sistema finanziario italiano. Non ha un disegno efficiente delle autorità di vigilanza, in campo bancario non scalfisce una disciplina assolutamente discrezionale e nemica del mercato, non uniforma il modus operandi della Banca d’Italia al modello europeo. Il centrosinistra ha buone idee in proposito. Se vincerà le elezioni, dovrà essere capace di metterle in pratica, incidendo su problemi delicati che sul piano politico hanno costi certi e vantaggi aleatori.
La Commissione Preda è impegnata ad aggiornare il codice italiano di corporate governance. Intanto, i risultati di una recente ricerca rivelano che il codice non è solo inadeguato rispetto agli standard europei. E’ anche molto poco rispettato. Eppure, gli amministratori indipendenti sono uno dei principali strumenti per prevenire comportamenti in danno agli azionisti di minoranza, l’ostacolo principale per lo sviluppo del mercato azionario. Ma chi deve verificare quanto dichiarato dalle società quotate sulla indipendenza dei propri amministratori?
In Italia la corruzione “percepita” è al livello dei paesi emergenti, con costi enormi per la nostra economia. Il problema non è disgiunto da quello della supervisione bancaria. I due schieramenti politici dovrebbero porre la lotta alla corruzione come tema prioritario della campagna elettorale, insieme alla questione morale e alla governance della Banca d’Italia. Non solo per motivi etici. Ma perché la corruzione diffusa è un ostacolo allo sviluppo e una determinante della sempre più bassa competitività del nostro paese.
Una recente indagine sulla salute, le condizioni economiche e sociali degli anziani europei ha messo in evidenza che le famiglie del Sud Europa hanno un buon livello di ricchezza totale, quasi interamente bloccata però in beni reali, quali la casa. Difficilmente utilizzabili per mantenere un tenore di vita adeguato quando i redditi calano o i bisogni aumentano. Si spiega così il paradosso di tutti coloro che pur con una discreta ricchezza complessiva, dichiarano di avere difficoltà ad arrivare a fine mese. Molto più di analoghe famiglie nel Centro e Nord Europa.
Data lesistenza di unopzione di rimborso anticipato in qualunque momento, andrebbe chiamata Valorizzazione immobiliare anticipata e non mutuo vitalizio. Si tratta di uno strumento simile a quelli già in uso nei paesi anglosassoni, ma che potrebbe avere uno sviluppo più rapido nel nostro paese, dove gli ultra sessantacinquenni detengono un patrimonio immobiliare di circa 900 miliardi. Se tutto funzionasse (bassi costi, utilizzo virtuoso, supporto pubblico) si potrebbero anche aiutare i giovani a lasciare l’abitazione dei genitori. E sarebbe facilitata la dismissione del patrimonio delle case popolari.