I consigli di amministrazione delle banche dovrebbero sorvegliare i vertici in modo da agire da contrappeso quando eccessi di sicurezza portano a mosse azzardate. E negli ultimi anni Banca d’Italia e Eba hanno varato normative perché acquisiscano le competenze necessarie per farlo. Due approcci.
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La Bank Recovery and Resolution Directive cerca di delineare un quadro comune per disciplinare le crisi delle banche. Ed è il tassello che mancava all’unione bancaria. Sicuramente è un ingranaggio complesso e non mancheranno ostacoli al suo funzionamento. Ma difficilmente si potrà tornare indietro.
I recenti vertici europei hanno fatto qualche passo avanti verso l’unione bancaria. L’Europa sembra in grado di mettere in comune le regole e i controlli, ma non le risorse. Così il circolo vizioso banca-Stato è destinato a rimanere. Il ruolo dell’Esm e la supervisione della Bce.
Perché le banche tornino a sostenere l’economia reale è necessario ripulire i loro bilanci dagli attivi di peggiore qualità e contemporaneamente immettere capitale. Purché sia “capitale vero” e non creato in modo fittizio dalle regole di Basilea, con il meccanismo dell’autovalutazione del rischio.
Crescono i crediti deteriorati delle banche, con i dati italiani peggiori di quelli medi europei. Non è solo colpa dell’andamento economico, piuttosto le sofferenze e le relative coperture sono determinate in modo diverso nei vari paesi europei. Con la vigilanza unica la disomogeneità scomparirà?
Il problema del debito non può essere risolto prescindendo dalla ricchezza privata. L’Italia dovrebbe chiedere un contributo a favore della crescita a quelle generazioni che hanno beneficiato di una tassazione del reddito troppo bassa. E dovrebbe mobilitare la ricchezza pubblica verso il credito.
Si continua a parlare di tassi d’interesse negativi sui depositi delle banche presso la Bce. Ma sarebbe una misura inutile, se non addirittura controproducente. Non porterebbe a un aumento dei prestiti alle imprese, mentre potrebbe farne crescere il costo. Il progetto dell’unione bancaria.
Da settembre 2012 la legge fallimentare italiana è stata adeguata agli standard internazionali. Complice la crisi, i numeri delle procedure aperte sono lievitati. Abi, Confindustria e alcuni giudici parlano di abusi. Ma è proprio così? I numeri raccontano un’altra storia. Un meccanismo trasparente.
Secondo il Fondo monetario, la principale vulnerabilità del sistema bancario italiano è oggi l’assenza di crescita economica. Per tornare allo sviluppo, sono necessari interventi che liberino i flussi di credito alle imprese. Il debito della Pa, i crediti deteriorati e l’avvitamento pro-ciclico.
Il problema strutturale delle imprese italiane non è tanto la mancanza di credito, quanto la carenza di capitali. Il settore assicurativo ha i capitali e spesso anche le competenze necessarie per la valutazione della qualità dei crediti societari. Perché non favorire un suo maggiore intervento?