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Categoria: Gender gap Pagina 23 di 27

SENZA CASA. E INVISIBILI

Con le temperature particolarmente basse si è tornati a parlare di una parte di popolazione altrimenti invisibile: i senza dimora. Gli interventi sono quasi sempre di tipo emergenziale e assistenziale, spesso affidandosi a volontari. Certo, è importante fornire servizi di base, ma il rischio è che portino alla cronicizzazione dello stato di homeless. Sarebbe invece necessario ricorrere a politiche di riduzione e prevenzione del fenomeno. Da valutare in modo rigoroso, così da incanalare le risorse verso gli interventi che effettivamente producono risultati positivi.

 

PRENDERSELA COI FIGLI DI PAPÀ O COI PAPÀ DEI FIGLI?

Ringrazio i lettori per le loro richieste di chiarimento e i loro commenti.
Parto dalle prime. I dati relativi al numero di citazioni di Silvia Deaglio, così come il valore dell’h index, sono stati presi dal programma Publish or Perish (PoP) considerando solamente le pubblicazioni nell’ambito medico. Più precisamente l’area disciplinare selezionata è Medicine, Pharmacology, Veterinary Science. Per numero di citazioni si intende il numero di volte che la pubblicazione in questione viene citata in pubblicazioni su Google Scholar. Un lettore offriva un’altra fonte per misurare il solo numero di pubblicazioni in campo medico. Ho controllato: secondo questo sito, le pubblicazioni di Silvia Deaglio sono 62, mentre in Publish or Perish sono 66, quindi non mi sembra che ci siano discrepanze degne di nota tra le due fonti. Un lettore mi chiede anche come sia possibile che una pubblicazione sia precedente alla laurea. Non conoscendo Silvia Deaglio, non conosco neanche la risposta. Posso solo dire che ho avuto studenti che hanno pubblicato prima di laurearsi e il corso di studi in economia è mediamente più breve che a medicina. Infine, ci tengo a sottolineare che io ho potuto misurare solo la produzione, l’output, non l’input, dunque gli strumenti che la ricercatrice ha avuto a disposizione. Qualche lettore sostiene che si possano comprare pubblicazioni a questo livello (referate a livello internazionale). Non lo sapevo e lo dubito fortemente perchè queste pubblicazioni sopravvivono solo se riescono ad avere un forte impact factor e, se comprate, perderebbero autorevolezza. In ogni caso, l’indice proposto non conta le pubblicazioni in quanto tali, ma le pesa per il numero di citazioni, quindi l’impatto che hanno avuto nella professione. Dubito che un “articolo comprato” raccoglierebbe molte citazioni.
Un lettore mi chiede di misurare anche la produttività dei genitori di Silvia Deaglio. Il grafico qui sotto lo accontenta usando la distribuzione del numero di citazioni. Ricordo che il numero di citazioni non può che essere molto diverso fra disciplina e disciplina. Quindi i valori assoluti non sono comparabili a quelli già mostrati per medicina. Ma è possibile guardare alla posizione dei singoli nella distribuzione, come nel grafico qui sotto (per questioni di scala esclude 49 osservazioni con più di 1000 citazioni).

Lascio ai lettori giudicare. Certamente, sulla base di queste misure, non potrei definire eccellente la produzione scientifica dei genitori di Silvia Deaglio.  Immagino peraltro che, più di lei, abbiano avuto accesso a finanziamenti di un certo rilievo. Si noti inoltre che il numero di citazioni è una misura che favorisce i docenti di lungo corso. Non ho ancora i dati di citazioni per anno dall’inizio dell’attività di ricerca. Vi posso solo dire che nel caso di Mario Deaglio sono meno di una citazione all’anno (per l’esattezza 0,89).   Michele Boldrin mi chiede i dati di Michel Martone. Cercherò di accontentarlo al più presto.
Quanto ai commenti, un’annotazione frequente è “se non si chiamasse Silvia Deaglio non ne avrebbe parlato, non l’avrebbe difesa”.  Concordo pienamente. Se non avesse avuto quel nome, non ne avrei trattato. Per il semplice motivo che è proprio perchè aveva questo nome che la Prof.ssa Deaglio è stata oggetto di una gogna mediatica senza precedenti. E’ stata questa gogna mediatica e il riscontro che non solo non aveva alcun fondamento, ma gettava fango su una di quelle ricercatrici, di quei cervelli che tutti dicono di voler tenere in Italia a spingermi a scrivere. Molti tirano in ballo i bamboccioni. Credo di essere stato tra i primi a condannare le esternazioni di Mario Monti e dei suoi colleghi di governo. Non posso che trovare paradossale che per condannare queste esternazioni ce la si prenda con i figli e non con chi le ha fatte. In Italia ce la si prende sempre coi “figli di papà” e non con i “papà dei figli”.
Credo, in ogni caso, di avere fatto bene a fornire questi dati perchè volevo giungere alla stessa conclusione cui arrivano molti altri commenti: “il problema non è Silvia Deaglio, ma lÂ’università italiana”. Non potrei essere più dÂ’accordo. Quindi lasciamo in pace Silvia Deaglio e occupiamoci dei veri problemi. Come scrive Barbara Veronese, “il problema dell’Italia è che molti dei miei coetanei economisti (diciamo sotto/sui 40), che pure vantano esperienze all’estero, hanno pubblicazioni internazionali sopra la media, anche sopra la media dei docenti che li esaminano nelle commissioni di concorso spesso, e nonostante possano esibire un grafico come quello che ha fatto Lei nell’articolo non ottengono il posto, da nessuna parte”.  EÂ’ proprio per questo motivo  è che il numero medio di citazioni ad economia è così basso. Se lÂ’università funzionasse premiando il merito scientifico, la ricerca, non alimenterebbe tutti questi sospetti. Questo sito ha, da quando esiste, sempre denunciato questo stato di cose. Personalmente non credo di essere certo stato tra gli ultimi a denunciare il caso del rettore della Sapienza e le omonimie alla facoltà di Bari. Al di là della denuncia dei casi più eclatanti e della documentazione sui concorsi universitari (cui ha dedicato tantissimo tempo ed energie, uno dei redattori de lavoce, il prof. Roberto Perotti), il problema va combattuto cambiando le regole con cui si assegnano i fondi allÂ’università italiana. Purtroppo ho visto sin qui solo passi indietro nellÂ’azione di questo Governo; il bando per il PRIN è un ritorno alle baronie accademiche perchè obbliga le università a fare la selezione al loro interno oppure ad assemblare progetti che nulla hanno a che vedere lÂ’uno con lÂ’altro sia in termini di temi affrontati che di qualità dei ricercatori coinvolti. EÂ’ un modo per il Ministero di scaricarsi dalla responsabilità di selezionare i progetti. A mio giudizio lÂ’unico vero ruolo del Ministero dovrebbe essere proprio quello di garantire che tutti i docenti e gli atenei vengano valutati e che queste valutazioni vengano utilizzate nellÂ’allocazione dei fondi pubblici. Se abdica a questa funzione, il Ministero non ha proprio ragione di esistere.

LA “SFIGA” DI AVERE MENO OPPORTUNITÀ

Il viceministro Martone è balzato agli onori della cronaca per aver definito “sfigati” gli studenti che si laureano a 28 anni. È vero che in Italia esiste il problema della lunga durata degli studi. Ma se si guardano le statistiche, si vede che il percorso verso la laurea si allunga in particolare per gli studenti-lavoratori, per chi proviene da famiglie meno istruite e per chi studia nelle università del Sud. Insomma, una distribuzione delle opportunità asimmetrica nella società e nel territorio del nostro paese. Dichiarazioni provocatorie e discredito delle istituzioni.

SULLA PARITÀ NON BASTANO I BUONI PROPOSITI*

Possiamo affidare diritti fondamentali, sanciti dalla Costituzione, come il diritto al lavoro, alle pari opportunità, alla maternità, alla volontarietà e lungimiranza di amministrazioni locali, aziende, associazioni e sindacati? Le gravi e strutturali carenze del nostro sistema di welfare, che penalizzano l’ingresso e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro, non possono ricadere completamente sulle imprese. La rimozione degli ostacoli alla realizzazione delle pari opportunità è compito della politica pubblica. E non bastano gli sgravi Irap.

POLITICHE DI BUON SENSO SULL’IMMIGRAZIONE

L’immigrazione resta uno dei temi più incandescenti e più difficili da affrontare della politica italiana. Ma la semplificazione dei percorsi di cittadinanza è indispensabile per consentire una effettiva integrazione sociale. A partire dall’introduzione dello jus soli e del voto alle amministrative ai residenti stranieri. Anche perché i lavoratori stranieri in Italia pagano tasse e contributi alle casse dell’Inps. Il governo Monti ha già dato segnali di svolta rispetto al recente passato. Otterrà risultati adottando un approccio pragmatico.

CITTADINANZA E DIRITTO DI VOTO PER L’INTEGRAZIONE*

C’è tempo fino ai primi di marzo per raccogliere le firme a favore di due leggi di iniziativa popolare per i diritti di cittadinanza e di voto degli stranieri, promossi dalle organizzazioni della campagna L’Italia sono anch’io. L’obiettivo è introdurre anche in Italia lo jus soli e concedere ai residenti stranieri il voto alle amministrative. Semplificare i percorsi di cittadinanza è indispensabile per consentire una effettiva integrazione sociale. Rimanere ancorati alla vecchia normativa significherebbe invece lasciar spazio all’esclusione e al risentimento.

DONNE NEI CDA: ANCORA TUTTO IN FAMIGLIA*

In Italia la presenza femminile ai vertici delle imprese è ancora molto scarsa. In agosto, però, è entrata in vigore la legge che impone alle società quotate di riservare alle donne almeno un terzo delle posizioni in consiglio di amministrazione. Cosa dobbiamo aspettarci? Un’analisi sulle consigliere attuali suggerisce che è fondamentale una selezione attenta a competenze e qualità, piuttosto che ai legami con le imprese. E va associata a processi di formazione dei nuovi membri dei consigli. Ne potrebbero trarre benefici significativi soprattutto le società la cui governance non è ottimale.

UN ALTRO PASSO INDIETRO PER LE DONNE ITALIANE

Dal Rapporto annuale Istat per il 2010 emerge come la condizione delle donne italiane nel mercato del lavoro sia ulteriormente peggiorata nell’ultimo triennio. Scende il tasso di attività femminile, già prima bassissimo. Lo svantaggio aumenta ancora per le madri, che spesso lasciano il lavoro alla nascita del primo figlio e non sempre per libera scelta. L’altra faccia della scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro è il sovraccarico di lavoro familiare. Pochi i servizi offerti dalle strutture pubbliche, la famiglia è tutt’oggi una irrinunciabile fonte di aiuto.

QUELLE PAROLE IN LIBERTÀ SUI MIGRANTI

Dal Nord Africa sono arrivate finora in Italia circa 30mila persone, non certo lo tsunami umano di cui parla il presidente del Consiglio. Dopo aver rifiutato di ratificare tre direttive europee sull’immigrazione, ora invochiamo, a sproposito, la libera circolazione per i migranti cui abbiamo concesso la più debole delle figure giuridiche della protezione internazionale. Tutti i paesi europei hanno irrigidito le procedure per l’ingresso, ma hanno accolto masse di rifugiati ben più consistenti. Invece di autoisolarci, dovremmo cercare di costruire soluzioni condivise a livello europeo.

EMERGENZA UMANITARIA TRA IPOCRISIE E REALTÀ

Un paese di 60 milioni di abitanti, con il 12 per cento della popolazione europea, collocato nel cuore del Mediterraneo, può davvero pensare di non fare i conti con il fenomeno dei richiedenti asilo? Ma è tutto il sistema dell’accoglienza che non funziona e che necessita di una legge organica, con una chiara ripartizione di competenze tra centro e periferia, un coinvolgimento degli enti di tutela e una programmazione degli interventi. Quanto alle risorse, basta ricordare che l’accordo Italia-Libia costa 250 milioni di dollari l’anno, per venti anni.

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