In Inghilterra e negli Stati Uniti le impugnazioni di una sentenza di primo grado sono molto rare. Perché il ricorso in appello non è consentito per i patteggiamenti. Mentre nelle sentenze seguite a un dibattimento è sconsigliato spesso dagli stessi difensori in virtù del fatto che la condanna di primo grado è immediatamente esecutiva e che la pena comminata potrebbe essere più grave. Anche quando vi si fa ricorso, è per porre rimedio a errori che abbiano privato limputato della possibilità di assoluzione, non per riesaminare in toto il giudizio di primo grado.
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Il disegno di legge governativo sulla riforma delle autorità di vigilanza finanziaria è debole perché frutto di molte mediazioni tra posizioni diverse. Il principio della ripartizione per finalità è solo affermato, ma non realizzato fino in fondo. Sulla corporate governance non dice quasi nulla. Sanzioni e risarcimenti corrono sul filo del paradosso. Dovrà quindi essere il Parlamento a dare al provvedimento la necessaria razionalità e coerenza.
Anche la Consob ha qualche responsabilità nella vicenda Parmalat. Più in generale, interpreta in forma troppo notarile lattività di vigilanza sulle società quotate e sui revisori. Al di là dei limiti imposti finora dalle norme, restano decisamente insufficienti i controlli che precedono la quotazione delle imprese, addirittura inferiori a quelli svolti nelle transazioni tra privati. Perché possa trasformarsi in un temibile ufficio ispettivo non basta una legge, serve piuttosto un radicale cambio di mentalità.
La parte più deludente del progetto di legge sulla tutela del risparmio è quella relativa alla riorganizzazione della vigilanza. Cè il desiderio di recuperare al controllo governativo un terreno che dovrebbe invece rimanere di esclusiva pertinenza delle Autorità. E per evitare che queste agiscano con logiche autoreferenziali è necessario definirne con precisione competenze e poteri, riducendo gli spazi di discrezionalità. Occorrono interventi coraggiosi sulla Consob, ma anche sulla Banca dItalia, per rendere più trasparenti le strutture di governance e i processi decisionali.
Il disegno di legge del Governo sembra prevedere per i fondi pensione una vigilanza per tipologia di intermediari. Ma è una scelta dubbia. Sempre più il fondo pensione assume la veste di organizzazione istituzionale degli interessi dei propri aderenti. E dunque ha nelle banche e nelle assicurazioni una controparte. Laffidamento della tutela della sua stabilità patrimoniale allo stesso organismo che vigila su quella degli intermediari finanziari produrrebbe un singolare conflitto di interessi.
I problemi posti dallintreccio tra istituti di credito e imprese riguardano essenzialmente la possibilità di un eccessivo trasferimento del rischio finanziario sugli investitori. Ma le misure di riforma fin qui ipotizzate non sembrano cogliere appieno lessenza del problema, mentre introducono distorsioni alle scelte del mercato. Andrebbe invece rafforzata la concorrenza nel settore del credito, migliorata la trasparenza sulle attività di finanziamento e introdotto il divieto di vendita al pubblico per un determinato periodo di tempo di titoli collocati a investitori professionali.
Unanalisi dei dati mostra che senzaltro lacquisizione di Telecom Serbia è stata un pessimo affare. Ma è un giudizio facile da dare con il senno di poi. Nel 1997, loperazione sembrava congrua con landamento del mercato delle telecomunicazioni. E non differiva in nulla dagli accordi conclusi in quel periodo da molti altri soggetti. Il contribuente italiano, poi, ci ha rimesso ben poco. Diverso naturalmente il discorso per gli azionisti di Telecom.
Il collocamento dei titoli in Italia passa attraverso due interventi: quello della Banca dItalia sullofferta di valori mobiliari, in base al Testo unico bancario. E quello della Consob sulla sollecitazione allinvestimento e la prestazione di servizi di investimento, come stabilito dal Testo unico della finanza. Il primo mira ad assicurare stabilità ed efficienza al mercato finanziario nel suo complesso. Non è perciò un giudizio sullaffidabilità della singola emissione. Il secondo cerca di evitare che i risparmiatori facciano investimenti senza la consapevolezza del rischio assunto.
I crimini commessi da organizzazioni richiedono il coinvolgimento di più persone. È un elemento di debolezza che può essere sfruttato per perseguire i comportamenti illeciti. Come insegna lesperienza delle autorità antitrust, gli sconti nelle sanzioni o i premi per chi denuncia lattività illegale non devono sostituirsi alle indagini. Si rivelano infatti incentivi più efficaci se linchiesta è già avviata. Ed è cruciale sviluppare la capacità di verifica sulle rivelazioni. Indispensabile, poi, una cultura della legalità, per affiancare alla sanzione della legge quella sociale. Riproponiamo per i lettori de lavoce anche gli interventi di Vincenzo Ferrante, Vincenzo Perrone e Luigi Zingales sull’opportunità di premiare chi denuncia illeciti.
Il capitalismo famigliare e capitale sociale all’italiana rende ancora più necessario avere premi per chi denuncia illeciti contabili o falsificazioni di bilanci delle imprese, specie se quotate in Borsa. Ma chi dovrebbe accollarsi il costo dei premi? E non sarebbe forse più opportuno far leva sullantagonismo fra linteresse della proprietà di unazienda e quello dei finanziatori e dei lavoratori? Vincenzo Ferrante e Vincenzo Perrone intervengono sulla proposta di Luigi Zingales di offrire compensi ai cosiddetti whistleblowers.