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LA TASSA SUGLI INVISIBILI

Due senatori della Lega propongono un’imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all’estero da parte di stranieri irregolari. A conti fatti si tratterebbe di un gettito annuo di 7 milioni. Ma il vero scopo è chiaro: colpire chi non ha voce, voto, tutela sindacale. Un modo per mettere le mani nelle tasche di chi – non certo per propria scelta – ha una vita già molto difficile. E, tra l’altro, la proposta fa a pugni con una norma in materia che esiste dal 2009.

DUE PERCORSI PER GLI IMMIGRATI

Le migrazioni sono una grande opportunità di crescita economica. Per regolare i flussi in modo da produrre il massimo beneficio economico, tuttavia, bisogna tener conto che esistono due gruppi diversi di immigrati, ad alto e basso livello di istruzione. Entrambi importanti, vanno regolati separatamente. Ai primi dovrebbe essere garantito il permesso di soggiorno, senza alcun obbligo aggiuntivo. Mentre per i secondi si dovrebbe avviare un programma di immigrazione temporanea, sponsorizzato dai datori di lavoro. Il ruolo delle università.

LA BADANTE ALLA FRANCESE *

In Italia l’assistenza pubblica agli anziani è insufficiente. Se ne fa carico la famiglia, spesso ricorrendo alle assistenti familiari. Che sono per lo più straniere e dunque soggette a decreti flussi di dubbia efficacia e a sanatorie varie. Risultato: molti rapporti di lavoro solo formalmente in regola e tanti accordi in nero. Eppure, in Francia con la metà dei soldi spesi nel nostro paese si è creato un sistema integrato, che garantisce un collegamento stabile tra le assistenti e i servizi sul territorio, superando i limiti del rapporto individuale tra anziano e badante.

IL LAVORO DEGLI STRANIERI IN TEMPO DI CRISI *

La crisi economica mondiale ha avuto effetti importanti sulle migrazioni internazionali. Perché la forza lavoro straniera risulta più sensibile al ciclo economico e quindi più penalizzata nelle fasi di recessione. E in Italia? Il forte peggioramento della situazione occupazionale, con una crescita della disoccupazione e una maggior difficoltà a reinserirsi nel mondo del lavoro riguarda nello stesso modo lavoratori italiani e stranieri. Sostanzialmente inalterati gli svantaggi di fondo che caratterizzano la condizione degli immigrati nel nostro mercato del lavoro.

RIFUGIATI TRA LAMPEDUSA E BRUXELLES *

La recente ondata di rifugiati dal Nord Africa ha creato divisioni all’interno dell’Unione Europea, tra gli stati in prima linea nell’affrontare il problema e quelli che non sono direttamente coinvolti. Manca infatti un meccanismo che permetta di suddividere tra i vari paesi il peso di un afflusso improvviso di migranti. Eppure dalla crisi in Kosovo a oggi, l’Europa ha fatto dei passi avanti. È questo uno dei temi di cui si discuterà a Trento nelle giornate del Festival dell’Economia, a cui parteciperà anche l’autore di questo articolo.

L’ATTACCO SUICIDA A SCHENGEN

Berlusconi sotto dettatura di Sarkozy sottoscrive una lettera in cui si chiede alla Commissione europea di sospendere gli accordi di Schengen di fronte a casi come quello degli sbarchi su Lampedusa. È una scelta sbagliata per l’Europa e suicida per il nostro paese. È infatti una breccia che mina il processo di integrazione europea e riduce ulteriormente la mobilità del lavoro nel Vecchio Continente. Non servirà affatto a gestire crisi come quella di Lampedusa. Anzi, le renderà ancora più gravi perché impedisce che gli immigrati vadano là dove c’è più lavoro per loro.

QUELLE PAROLE IN LIBERTÀ SUI MIGRANTI

Dal Nord Africa sono arrivate finora in Italia circa 30mila persone, non certo lo tsunami umano di cui parla il presidente del Consiglio. Dopo aver rifiutato di ratificare tre direttive europee sull’immigrazione, ora invochiamo, a sproposito, la libera circolazione per i migranti cui abbiamo concesso la più debole delle figure giuridiche della protezione internazionale. Tutti i paesi europei hanno irrigidito le procedure per l’ingresso, ma hanno accolto masse di rifugiati ben più consistenti. Invece di autoisolarci, dovremmo cercare di costruire soluzioni condivise a livello europeo.

GIÙ AL NORD

E così la Lega dei Ticinesi è il primo partito del Cantone, con un balzo di 8 punti e una campagna elettorale concentrata sul contrasto ai transfrontalieri italiani ("i ratti" nel nobile frasario utilizzato), rei di rubare il lavoro agli autoctoni. Una notizia che fa il paio con le cronache di questi giorni dedicate alla rigida politica di contenimento dei passaggi attuata dal governo francese al valico di Ventimiglia per fermare il flusso di migranti tunisini diretti oltralpe. Come dire, una replica in salsa francese del "fora di ball" incautamente pronunciato da Umberto Bossi sulle scogliere di Lampedusa.
Insomma, sembra proprio che questi episodi segnalino un tema comune, che dalla banalità della geografia suggerisce una saggia cautela alla politica: a parte le calotte artiche, c’è sempre qualcuno più a nord di te. E costruire una identità e una politica sulla propria “norditudine” ti espone alla immediata ritorsione di chi, appresa la lezione, ha il vantaggio di stare qualche parallelo più a nord.

EMERGENZA UMANITARIA TRA IPOCRISIE E REALTÀ

Un paese di 60 milioni di abitanti, con il 12 per cento della popolazione europea, collocato nel cuore del Mediterraneo, può davvero pensare di non fare i conti con il fenomeno dei richiedenti asilo? Ma è tutto il sistema dell’accoglienza che non funziona e che necessita di una legge organica, con una chiara ripartizione di competenze tra centro e periferia, un coinvolgimento degli enti di tutela e una programmazione degli interventi. Quanto alle risorse, basta ricordare che l’accordo Italia-Libia costa 250 milioni di dollari l’anno, per venti anni.

TRE PAROLE SU LAMPEDUSA

La crisi nordafricana bussa alle porte dell’Europa. E a quelle dell’Italia in particolare, con il ministro Maroni che prevede l’arrivo di 80mila migranti. Mentre nelle cronache risuonano tre parole: clandestini, emergenza, Europa. Utilizzate a sproposito, come spesso accade. Perché ancora una volta messaggi propagandistici, speculazione politica, impreparazione voluta e retorica dell’emergenza prendono il posto di politiche serie e lungimiranti. Nel breve periodo, rendono di più.

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