La linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Napoli è stata inaugurata nel 2009. E la concorrenza dei treni Italo è arrivata nel 2012. È tempo dunque di fare un bilancio dei benefici sociali ottenuti rispetto ai costi sostenuti per realizzarla.
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Gli investimenti in infrastrutture hanno effetti positivi sulla crescita. Ma solo le analisi costi-benefici permettono di decidere quali sono i progetti più efficaci. Però è diverso misurare l’impatto di un’opera sul Pil e i suoi benefici sociali.
Molte domande senza risposta intorno alla crisi di Alitalia. Il bilancio 2016 non è stato ancora reso pubblico e non è noto a quanto ammontino esattamente le perdite. Nonostante questo sono state prese decisioni importanti. Come il prestito ponte di 600 milioni di euro da parte dello stato.
Sei anni dopo il referendum sull’acqua, il Consiglio di stato ha convalidato il metodo tariffario individuato dell’Autorità. Si possono così finanziare gli investimenti necessari, compresi quelli richiesti dalle procedure comunitarie di infrazione.
I sacrifici accettati negli ultimi anni dai lavoratori Alitalia non sono serviti al contenimento del disavanzo aziendale, ma sono stati utilizzati per finanziare i crescenti costi della flotta. Lo dimostra il confronto con le compagnie concorrenti.
Il fallimento di Alitalia arriva da lontano. Veti vari hanno impedito che funzionasse l’alleanza con Klm, specializzata sui voli internazionali. E dopo i soci privati hanno scelto di concentrarsi sul mercato domestico invece che sul lungo raggio.
I tre commissari Alitalia dovrebbero definire quella strategia industriale che manca da quindici anni. Puntando sul lungo raggio, com’è nell’interesse del paese e scegliendo con attenzione le alleanze. Anche il governo dovrebbe avere un ruolo più attivo.
In un’ottica di minimizzazione del danno, è ragionevole aver messo altri soldi pubblici in Alitalia. Ma se i commissari non riusciranno a rimettere rapidamente ordine nella compagnia e a trovare un compratore, il conto per il contribuente salirà ancora.
Alitalia non è fallita perché svolgeva un irrinunciabile servizio pubblico. È fallita perché non ha saputo fare il suo normale lavoro di compagnia aerea. Proprio quello che invece le low-cost fanno benissimo. Per profitto, certo, ma perché demonizzarlo?
Il contributo straordinario che si aggiunge agli oneri di urbanizzazione non risolve la crisi fiscale delle città. Ma è utile perché cattura l’aumento di valore degli immobili generato dalle trasformazioni urbanistiche. E finanzia infrastrutture necessarie.