Dal 1999 al 2003, le concessionarie autostradali hanno incassato 16,7 miliardi di euro da pedaggi, ma hanno fatto investimenti per soli 3,7 miliardi. Finora si sono rafforzate le rendite, invece di investire sulla viabilità ordinaria dove la congestione è maggiore. Con riflessi anche sulla competitività dell’Italia. Le possibili soluzioni sono la creazione di un’autorità indipendente per la supervisione delle concessioni e l’adozione di un sistema “unbundling” per favorire la concorrenza. E i pedaggi, differenziati, affluiscono a un fondo pubblico.
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Quanto si è speso per l’operazione di restauro e ristrutturazione della Scala? Non è dato saperlo con precisione. Dovrebbe trattarsi di una cifra tra i 100 e i 150 milioni di euro. Pagati quasi interamente dai contribuenti, mentre La Scala è utilizzata quasi esclusivamente dai ceti più abbienti. Non si poteva quindi far contribuire maggiormente coloro che fruiranno del nuovo teatro? Bene, in ogni caso, non ignorare il problema nascondendo la testa sotto la sabbia.
Esuberi inferiori a quanto richiesto dall’azienda, che dovrà quindi riconquistare quote di mercato per aumentare i ricavi. Ma le alleanze con altri vettori italiani potrebbero tradursi in un aumento del “grado di monopolio” sulle rotte nazionali. E se il nuovo sistema retributivo sembra un effettivo passo in avanti, molti dubbi solleva invece il riassetto societario. Quanto alle otto compagnie che rilanciano il sospetto di aiuti di Stato, potrebbero in realtà puntare a ridurre la capacità nel mercato del trasporto aereo, senza alcun vantaggio per i consumatori.
Sembra ormai vicina ad una soluzione la crisi Alitalia. Tuttavia, non è ancora tempo per nutrire facili illusioni, come sottolinea Carlo Scarpa (Alitalia: bene così, ma non facciamoci illusioni). Ricostruiamo  la dinamica della crisi nel corso degli ultimi mesi con interventi di Francesco Cavalli, Francesco Gazzoletti e Daniele Nepoti  (Come si dice Malpensa in cinese?), Andrea Goldstein (Per Alitalia, guardiamo all’estero), Marco Ponti (Vola solo il deficit e Alitalia: un’Italia senza ali), Carlo Scarpa, (All’Alitalia serve chiarezza), Mario Sebastiani (Perchè Alitalia resta a terra).
Il sistema di pedaggi sulle strade statali maggiori ipotizzato dal ministro Lunardi che ha ispirato le scelte della Finanziaria 2005 si fonda su forme di tariffazione inefficienti. La nuova rete a pedaggio dovrebbe essere gestita dallÂ’Anas di proprietà del ministero dellÂ’Economia. Che dovrebbe agire in contrapposizione alla privata “Autostrade per lÂ’Italia”. Con un grave problema di conflitto di interessi perché Anas è oggi il soggetto concedente per le autostrade, e di fatto il loro controllore. Meglio allora mettere in gara il nuovo sistema, facendo così prevalere gli operatori più efficienti.
Eni si è difesa dalla maggior concorrenza dovuta alla liberalizzazione del mercato del gas mantenendo direttamente o indirettamente il controllo su tutta la filiera. Così, i prezzi finali restano elevati. E’ perciò necessario continuare con la politica di liberalizzazione, fino a una completa separazione proprietaria tra società che gestisce le infrastrutture e imprese che esercitano le attività di vendita di gas. Il passaggio a una vera e propria Borsa presuppone però una crescita della liquidità ottenibile solo con operazioni di gas release.
La necessità delle grandi opere non sembra essere messa in discussione da nessuno. Ma le ricerche indipendenti dimostrano che i costi sono ben superiori ai benefici. E per coloro che dovrebbero utilizzarle, imprenditori e cittadini, non sono una priorità . Eppure quella del cemento è una tentazione a cui difficilmente i politici resistono perché assicura una visibilità immediata, mentre i problemi di efficienza sono nascosti o comunque rimandati nel tempo. Così anche lÂ’opposizione finisce per lanciarsi in pericoli “inseguimenti” dei piani governativi.
Non sappiamo cosa succederà ad Alitalia. Ma è certo che Malpensa – indebolito dalla rivalità con Linate – non potrà rientrare nei programmi di Alitalia, troppo legata a Roma. E allora, non varrebbe la pena di farne un hub per qualche compagnia, ad esempio dell’Estremo Oriente?
Le esperienze delle compagnie aeree di Kenya e Sri Lanka dimostrano che l’apertura a capitali esteri migliora la gestione e assicura benefici reali. Per raggiungere questi risultati è però necessario che il Governo sviluppi una strategia chiara e credibile. Da far valere negli accordi con gli investitori stranieri e che permetta di non capitolare di fronte alle inevitabili resistenze e proteste. A partire da quelle che si leveranno contro la scelta necessaria di un unico hub nazionale.
La linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione costerà tredici miliardi di euro. Anche accettando le stime di domanda più ottimistiche, il rapporto costi/benefici appare estremamente basso. Se lÂ’obiettivo è quello di dare a Torino una dimensione internazionale e rilanciare lÂ’economia piemontese, forse dovremmo scegliere una forma di investimento pubblico più efficace. Per esempio, con molto meno di tredici miliardi potremmo creare a Torino la migliore università dÂ’Europa. Per i nostri lettori un commento di Giuseppe Pennisi e la controreplica dell’autore