Se in Europa la ricerca non riesce a colmare il divario con gli Stati Uniti è perché manca una vera concorrenza fra atenei per assicurarsi i professori e gli studenti più bravi. Rifacendosi al processo di Lisbona, le istituzioni europee dovrebbero favorire questo cambiamento di mentalità. E lasciare da parte i troppo burocratizzati programmi attuali, che finiscono per finanziare ricerche e ricercatori di secondo piano. Ma è soprattutto da iniziative decentralizzate e cooperative come lavoce.info e il Cepr che possono venire i risultati migliori.
Categoria: Investimenti e innovazione Pagina 29 di 33
Il dibattito sui dazi rischia di focalizzarsi sulla difesa di settori di specializzazione produttiva che ci condannano sempre più ai margini della competizione internazionale. Dovremmo invece cercare di cogliere le grandi opportunità che la Cina offre. Da dieci anni il Governo cinese cerca di attrarre investimenti esteri in settori a media e alta tecnologia, attraverso incentivi di varia natura alle imprese dei paesi avanzati. Potrebbero avvantaggiarsene quelle aziende italiane che hanno ancora una posizione di riconosciuta leadership tecnologica e manageriale.
Il concetto di e-government comincia a permeare anche il settore pubblico italiano, tradizionalmente refrattario all’innovazione. Ma non basta che ministeri ed enti locali si dotino di un sito web. Trasporre le tecnologie informatiche su una macchina organizzativa obsoleta e farraginosa, strutturata ancora secondo principi ottocenteschi sortirà solo effetti limitati. Invece l’introduzione dell’Information Technology costituisce l’occasione storica per ripensare dalle fondamenta l’impianto organizzativo della pubblica amministrazione.
Il software è un’opera dell’ingegno, tutelata dal diritto d’autore. Non serve permetterne la brevettazione, come si chiede ora anche in Europa sull’esempio americano. Intanto, il brevetto è uno strumento sempre meno utile a incentivare l’innovazione. Nel caso del sofware non accelera il processo di diffusione delle conoscenze né ci sono da ripagare ingenti investimenti iniziali. Infatti, vi si affidano soprattutto le imprese più grandi e meno innovative, spesso con l’intento di bloccare le invenzioni altrui, più che di proteggere le proprie.
Si può trasferire l’esperienza dellopen source in campo informatico ad altri aspetti del progresso tecnologico? A dispetto del problema del free-riding, la ricerca sullo sviluppo di un input comune a più processi produttivi può risultare addirittura maggiore in un contesto di General Public Licence rispetto a un regime di monopolio protetto da brevetto. Accade quando si ha un effetto di accrescimento del profitto totale dell’industria dovuto a un miglioramento tecnologico dell’input comune. Ciò suggerisce una nuova politica della brevettabilità.
La strategia di Banca d’Italia è assicurare la stabilità del sistema bancario nazionale anche per consentire all’industria italiana di affrontare le crisi in cui si trova periodicamente coinvolta. Ma, a giudicare dai risultati di competitività e produttività del manifatturiero, il supporto dato finora non basta più, perchè quella attuale è soprattutto una crisi di efficienza produttiva. Le aziende manifatturiere italiane hanno bisogno di finanziamenti finalizzati a facilitare le necessarie ristrutturazioni, per crescere e per internazionalizzarsi.
L’economia italiana va male. Alla conclusione non si arriva per pessimismo, ma dall’analisi comparata dei dati disponibili. In quasi tutti i paesi europei quelli sulla crescita della produttività e del Pil sono migliori dei nostri. Dunque, anche da pur necessarie e urgenti misure volte a incrementare la produttività e la competitività dell’Europa non dovremmo aspettarci effetti catartici sulle possibilità di crescita della nostra economia. Purtroppo, ci vorrà tempo, riforme e sacrifici per riportare l’economia italiana a tassi di crescita “europei”.
Egregio Direttore, in merito alla presentazione e agli articoli pubblicati nellultimo numero di lavoce.info, dedicati al tema del rafforzamento dell’autonomia e dellindipendenza dellIstat, abbiamo apprezzato la volontà di aprire un confronto costruttivo sullarchitettura del sistema statistico italiano, sulla normativa che lo sorregge e sulla proposta di “costituzionalizzare” la statistica pubblica. Abbiamo constatato, tuttavia, che né gli articoli né il testo che li introduce presentano alcun riferimento alle numerose occasioni in cui l’Istat e il Sistan hanno posto al centro del dibattito pubblico gli aspetti e le problematiche istituzionali collegate a questi temi cruciali. A tal proposito, desideriamo ricordare che il Presidente dellIstat e gli organismi tecnici della statistica ufficiale hanno ripetutamente sollevato queste questioni in ambito nazionale e internazionale.
Tali problematiche, inoltre, sono state al centro del confronto nel corso della
Il Direttore della comunicazione ISTAT
Patrizia Cacioli
Visione strategica del ruolo della statistica pubblica, adeguati investimenti e rispetto dell’indipendenza della funzione statistica sono condizioni ineludibili per una società dell’informazione efficiente e per una democrazia moderna e funzionale. Un serio ripensamento dell’assetto istituzionale del Sistema statistico nazionale alla luce delle modificazioni della società e della politica sarebbe dunque auspicabile, magari a partire dai principi posti alla base della statistica comunitaria e contenuti nella nuova Costituzione europea.
Le statistiche ufficiali dovrebbero rappresentare il punto di riferimento per la formazione delle “percezioni” individuali sulla situazione economica generale. Avviene invece il contrario. Anche per la leggerezza dei media che accusano Istat di manipolazioni. L’allontanamento dalla realtà potrebbe avere conseguenze rilevanti perché alcune informazioni statistiche essenziali alla comprensione dei fenomeni economici derivano da indagini campionarie. E le risposte potrebbero derivare da paure o da luoghi comuni anziché da un’analisi oggettiva.