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Categoria: Investimenti e innovazione Pagina 29 di 32

Il gatto del protezionismo si morde la coda

Le misure invocate in difesa del made in Italy sono miopi e non tengono conto delle caratteristiche del processo di integrazione delle nostre imprese nel mercato internazionale. Il protezionismo non crea quasi mai le condizioni per il proprio superamento. E’ sbagliato condizionare gli incentivi al mantenimento di una quota “sostanziale” di attività in Italia. Perché la delocalizzazione ha fornito alle aziende più dinamiche un importantissimo vantaggio competitivo. Invece di favorire questo processo, lo seppelliamo di vincoli e ne aumentiamo i costi.

Quanto costa la competitività

E’ un luogo comune che le risorse per il rilancio della competitività siano limitate. Perché la competitività si crea attraverso il mercato, con un insieme combinato di riforme strutturali a costo quasi zero. Vale anche per l’Italia, che deve passare a un modello di sviluppo basato sull’innovazione. Punto di partenza è promuovere la concorrenza in tutti i settori e costruire un contesto economico che agevoli cambiamento. Invece di insistere sul sostegno generalizzato alla domanda, sarebbe più utile impiegare le risorse per far fronte ai costi sociali di breve periodo.

Per innovare bene, bisogna valutare

Paesi grandi e piccoli hanno cominciato ad analizzare i loro sistemi innovativi nel loro complesso, al fine di identificarne aree di forza e di debolezza. In alcuni casi, i risultati della valutazione sono già diventati ingredienti per la preparazione dei programmi degli anni successivi. Niente di tutto questo accade in Italia. Eppure dagli errori del passato c’è molto da imparare. Per esempio, l’inefficacia di offrire alle imprese incentivi temporanei all’interno di una giungla di altre agevolazioni, spesso sostitutive le une delle altre.

Licenza d’innovare

L’Europa potrebbe risolvere la diatriba tra fautori e critici della brevettabilità del software istituzionalizzando la Generalized Public License. E’ il contratto principe dell’open source e impone a chi migliora un programma open di mettere a disposizione il codice sorgente dei nuovi apporti. E’ anche facilmente applicabile ad altri contesti. Questa soluzione stimolerebbe la concorrenza tra i due sistemi: chi inventa potrebbe scegliere tra brevettare o mettere le proprie innovazioni in campo aperto.

Un Clap più accessibile

In prospettiva, il campione longitudinale degli attivi e dei pensionati dovrà discendere dal costituendo casellario degli attivi. Per il momento, allarga il campo delle variabili a disposizione dei ricercatori a retribuzione, numero di giornate retribuite, tipo di orario e, per gli ultimi anni, anche tipo di contratto. I prossimi passi saranno l’inclusione di informazioni relative ai co.co.co, alle pensioni non Inps, ai contributi versati prima del 1985. E sarà migliorata anche la procedura di consultazione on-line, rendendo più flessibile il filtro iniziale.

Un “privilegio” da respingere

Il nuovo codice sulla proprietà intellettuale mantiene il cosiddetto privilegio accademico: la titolarità delle invenzioni realizzate nell’ambito dell’attività di ricerca è di docenti universitari e ricercatori pubblici e non dell’istituzione. E’ una scelta che tradisce una sistematica distanza del legislatore dalla realtà economica attuale. Infatti questo istituto impedisce proprio la valorizzazione industriale della ricerca pubblica che, a parole, si vorrebbe favorire. Per esempio, complica la stesura dei contratti con le imprese private.

Vola (basso) con Internet

I dati indicano che l’utilizzo dei buoni ai sedicenni per l’acquisto di un computer per l’anno 2003 è strettamente correlato con il possesso di un pc prima delle misure di incentivazione. Al programma hanno aderito soprattutto i ragazzi con più potere d’acquisto e che vivono nelle Regioni più ricche. Limitato invece l’effetto di alfabetizzazione addizionale. Per evitare che si ripetano situazioni simili, una parte delle scarse risorse pubbliche per l’innovazione dovrebbe essere utilizzata per valutare in anticipo gli effetti delle politiche che si intende attuare.

Quando il fisco aiuta la ricerca

Oggi il sistema tributario italiano, a parità di condizioni, incentiva a investire in capitale fisico anziché in ricerca e sviluppo. Anche con le agevolazioni proposte dal Governo, la convenienza a effettuare tali investimenti rimarrebbe inferiore rispetto ad altri paesi. I benefici dovrebbero comunque essere riservati ai soli nuovi investimenti. Sarebbero così più efficaci e avrebbero un costo inferiore per l’erario. Dovrebbero poi essere affiancati da una misura specifica di carattere permanente.

Regole, monitoraggi e sanzioni

In Italia il pluralismo politico in televisione è regolato dalla legge sulla par condicio. Nelle recenti campagne elettorali si sono rivelati punti critici gli spazi dei soggetti politici nei telegiornali e nella cronaca e il comportamento corretto e imparziale dei conduttori nella gestione dei programmi. Ma la normativa attuale è comunque una buona base. Non regolamentare questo campo significa infatti rischiare gravi squilibri. Soprattutto se le risorse delle emittenti sono molto concentrate e il controllo indiretto su quanto trasmesso quasi inevitabile.

Innovazione cercasi

Per rilanciare la competitività dell’economia e delle imprese italiane, il Governo sta pensando a sgravi fiscali e crediti di imposta per le spese per la ricerca e per l’innovazione tecnologica. Scarse, tuttavia, le risorse a disposizione. E per incoraggiare davvero queste attività, occorre garantire alle imprese un più elevato tasso di rendimento interno certo. Meglio perciò evitare gli interventi temporanei e, pur nel rispetto delle compatibilità di bilancio, puntare su un flusso adeguato di incentivi permanenti e flessibili.

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