Lanalisi delle citazioni brevettali consente di misurare lutilità, la novità e la non ovvietà di una innovazione e fornisce una mappa delle connessioni che si instaurano fra brevetti successivi. Dal confronto internazionale emerge che lItalia ha una propensione a brevettare inferiore a quella dei paesi tecnologicamente più progrediti. E non brilla neppure per il “valore” medio delle sue scoperte e invenzioni. Si conferma così limpressione di una debolezza endemica del nostro sistema nazionale dellinnovazione.
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Il nuovo regolamento comunitario sulle fusioni tra imprese interviene su questioni importanti come la giurisdizione, i tempi delle procedure e i poteri di indagine della Commissione. Soprattutto, ridefinisce i criteri di ammissibilità, sulla falsariga di quelli americani. Si tratta di una riforma profonda e le incertezze applicative che ne deriveranno dovranno essere risolte in modo da favorire la capacità delle aziende europee di competere sui mercati internazionali e dunque il superamento del nanismo industriale che ancora caratterizza molti settori.
Per rilanciare la crescita dellItalia viene spesso indicato come esempio da seguire il modello spagnolo. Ma proprio la Spagna insegna che una strategia basata su poco Stato e unaccelerata liberalizzazione del mercato del lavoro non genera un aumento duraturo della produttività, il vero motore della crescita. Meglio allora guardare più a Nord, allesperienza finlandese. Dove si è riusciti a produrre innovazione utilizzando la spesa pubblica per finanziare riforme capaci di garantire i giusti incentivi per investire e fare ricerca.
Una nuova norma che coniughi la sacrosanta tutela dei dati personali con le necessità dei ricercatori dovrebbe evitare di sacrificare le possibilità della ricerca con censure amministrative e incombenze prevalentemente burocratiche. Allo scienziato che persegue la verità scientifica si dovrebbero garantire gli stessi diritti riconosciuti a giudici, giornalisti e sacerdoti. Per snellire le procedure, il controllo sul rispetto della normativa potrebbe essere delegato agli enti e alle istituzioni. Diventa perciò fondamentale ladozione di codici deontologici che prevedano sanzioni per chi trasgredisce.
Se si escludono le tecnologie della comunicazione, il ritardo dellItalia negli investimenti in It è ancora più grave di quello che appare. Non solo perché si dà scarsa importanza alla ricerca e sviluppo, ma anche perché il nostro paese ha da tempo abbandonato la produzione di beni ad alto contenuto tecnologico. Invece, il nostro declino economico può essere superato solo rafforzando questa filiera produttiva. Tra la produzione e lutilizzo di It esiste infatti una complementarietà troppo spesso trascurata.
In Italia il ruolo della sola ricerca e sviluppo nellaccelerazione del processo di sostituzione di lavoro poco qualificato con quello qualificato è marginale. Più impatto ha invece linnovazione organizzativa, ovvero lintroduzione di significativi cambiamenti nelle funzioni interne allimpresa. Servono perciò maggiori investimenti in tecnologie digitali, che consentono innovazioni di prodotto e di processo, ma anche organizzative. E va promosso il riorientamento del sistema scolastico verso competenze generaliste e capacità logiche e relazionali.
Continua sul nostro sito il dibattito sull’ Iit. Riproponiamo per i nostri lettori i contributi di Aberto Alesina e Francesco Giavazzi, Luigi Spaventa, Giovanni Peri, Massimiliano Tani,Tullio Jappelli e Marco Pagano, Renato Bozio e Guglielmo Weber e Daniele Checchi assieme ai numerosi commenti pervenuti.
Levidenza empirica dimostra un grave ritardo dellItalia nella ricerca scientifico-tecnologica. Perché il sistema non riesce a generare i giusti incentivi e investimenti. La nascita dellIstituto di tecnologia potrebbe perciò avviare un benefico processo di competizione con i centri di eccellenza già presenti nel nostro Paese. A patto che, sullesempio di altri Institutes of Technology di successo, sappia attrarre finanziamenti dai privati e sia gestito in modo autonomo da scienziati.
Comunicazioni e collegamenti più rapidi e più facili rendono meno definitive le fughe di scienziati e studiosi dal paese di nascita. E più che allemigrazione, dovremmo guardare allinterscambio di capitale umano tra un paese e laltro e alla mobilità delle idee. Per beneficiare delle innovazioni e delle conoscenze generate a livello internazionale e necessarie al suo sviluppo economico, lItalia potrebbe allora favorire il passaggio di ricercatori stranieri sul proprio territorio.
Il progetto Iit nasce zoppo. Troppo esigue le risorse assegnate per incidere sul divario degli investimenti in ricerca e sviluppo che separa lItalia dagli altri paesi. Troppa la distanza dal sistema di ricerca preesistente per costruire soluzioni alternative ai mali cronici che affliggono la ricerca nazionale, come lassenza di meritocrazia, ma anche per costituire un reale effetto di incentivo in grado di attivare maggior concorrenza. Difficile che riesca ad attivare un intreccio virtuoso tra formazione avanzata e ricerca.