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CARTOLARIZZAZIONI SENZA REGOLE COMUNI

Le cartolarizzazioni sono un utile strumento di liquidità per imprese e banche, ma per evitare che se ne faccia un uso distorto è necessaria una migliore regolamentazione a livello globale. Su questo l’accordo è generale. Più difficile è definire le regole comuni. I piani di riforma proposti dagli organismi internazionali, europei e americani, seppur ispirati agli stessi principi, vengono declinati in maniera differente. Anche perché manca un soggetto legittimato a livello internazionale a legiferare e a controllare il mercato.

2010: PERCHE’ L’AMERICA FARÀ MEGLIO DI EUROPA E ITALIA

Il 2010 ci porta un’economia mondiale trainata dall’Asia emergente, un’America che riparte più velocemente dell’Europa e un’Italia che cresce poco, in linea con i paesi dell’area euro. La crescita tra Europa e Usa diverge anche perché la produttività europea e italiana è diminuita durante la crisi mentre negli Stati Uniti l’aumento della disoccupazione, con i suoi alti costi sociali, è stato almeno usato per aumentare l’efficienza aziendale nelle imprese sopravvissute.

LA COOPERAZIONE ITALIANA NON PASSA L’ESAME

Il Comitato di aiuto dello Ocse ha indicato al governo sedici raccomandazioni per rilanciare la cooperazione italiana. Sono fondamentalmente le stesse di sei anni fa, perché nel frattempo niente si è mosso per modernizzare il sistema e rendere più efficaci gli aiuti italiani. Inadeguata la normativa e scarsi gli stanziamenti di risorse. Però, il meccanismo del Dac non prevede sanzioni in caso di inadempienza e non indica priorità fra le misure da adottare. Meglio farebbe a concentrarsi sulle questioni tecniche, abbandonando le ambizioni politiche.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Un lettore fa notare che i conti non tornano: 67 per cento coperti da assicurazioni private, piu il 27 per cento coperti dal settore pubblico, più 15 per cento non coperti, sommano a più del 100 per cento. La ragione per la discrepanza è che i tipi di assicurazione non si escludono mutualmente: una persona può essere coperta da più di un tipo di assicurazione durante un anno. I dati sono tratti dalla Figura 7 del report "Income, Poverty, and Health Insurance Coverage in the United States: 2007" pubblicato da U.S. Census Bureau.
Alcuni lettori argomentano che la riforma, per quanto imperfetta, è importante. Sono d’accordo, e non voglio minimizzarne l’importanza. Mi limito a fare notare che l’appetito per spendere denaro pubblico in
assistanza sanitaria e’ bipartisan. Per esempio, circa 3 anni fa il Presidente G.W. Bush introdusse una riforma volta a rimborsare parte del costo delle medicine per gli anziani. Questa importante riforma ha un
costo che oggi è proiettato a 1 trilione di dollari in 10 anni. Anche quella riforma è stata passata senza eccessivi problemi politici. In questo senso le due riforme sono simili, l’unica differenza è che una è
stata passata da un presidente Democratico, l’altra da uno Repubblicano.

LA SANITÀ DI OBAMA: UNA RIFORMA A METÀ

Un indubbio successo politico per il presidente Obama che l’ha fortemente voluta. Ma anche un compromesso con la lobby delle compagnie di assicurazione, che non ne vengono minimamente danneggiate. La riforma del sistema assicurativo per la sanità negli Stati Uniti si ferma infatti a metà strada: affronta il problema dei milioni di cittadini che non hanno una copertura per le cure mediche, ma non quello della esorbitante spesa sanitaria americana.

LO STRAPPO DI FLOPENAGHEN

Più che per un fallimento, il vertice sul clima di Copenaghen verrà ricordato come un passo decisivo nella diplomazia del G2. Ma si tratta di un accordo discusso, scritto e infine condiviso da solo cinque paesi e poi sottoposto agli altri, che ne hanno preso atto. Apre perciò scenari del tutto nuovi. Quale sarà a questo punto il ruolo delle Nazioni Unite? E quanto tempo sarà necessario all’Europa per reagire con coesione?

L’IMPAREGGIABILE SAMUELSON

Paul Samuelson è stato un pensatore unico. Nessuno ha dato alla scienza economica tante idee fondamentali nei più diversi campi. Ma particolarmente attuale appare oggi il suo contributo alla politica economica. Fondato sulle buone politiche macroeconomiche. Un insegnamento spesso dimenticato da economisti troppo presi dalla bellezza della matematica dei mercati perfetti. E che per questo trascurano il mondo reale. Al quale invece Samuelson è rimasto sempre profondamente ancorato.

LA CRISI DEL PROTEZIONISMO

Il ricorso al protezionismo era una delle possibili conseguenze negative della crisi. Denunciato non solo dagli economisti, ma temuto anche dall’Omc, che ha avviato un monitoraggio degli interventi restrittivi del commercio approvati dai diversi paesi. Oggi i dati sembrano indicare che il numero delle misure protezionistiche messe in atto è limitato ed è in ogni caso in diminuzione. Ma l’innalzamento di barriere commerciali potrebbe tornare d’attualità, soprattutto se la disoccupazione dovesse continuare a crescere.

QUANTO RISCHIA DUBAI

Quanto è alto il rischio che l’insolvenza di Dubai World si estenda al debito sovrano dell’emirato? Dipende da tanti fattori. E il più importante è forse l’aiuto che potrà venire dagli altri emirati. Tuttavia, la letteratura empirica suggerisce che nei mercati emergenti la miscela tra un elevato indebitamento estero e un alto tasso di inflazione è esplosiva: nel 67 per cento dei casi segnala una crisi di debito sovrano nell’anno successivo.

CLIMA: TRA L’INCUDINE E IL MARTELLO

Le emissioni vanno ridotte se non vogliamo il surriscaldamento del pianeta e le sue disastrose conseguenze. Un obiettivo ambizioso consente una decisa azione immediata, offre una metrica precisa per valutare se quelle azioni sono efficaci e mobilita la società internazionale. Su un piatto della bilancia ci sono i costi molto alti che non vogliamo o non possiamo sostenere, ma sull’altro c’è la consapevolezza che l’assenza di investimenti ingenti porta il nostro pianeta a uno stato di stress non più sostenibile. E allora? Solo la politica ci può salvare.

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