A Seul con l’adesione del G20 all’accordo di Basilea 3 si è simbolicamente chiuso il ciclo di discussioni iniziato due anni prima a Washington. La dura realtà del mondo post-crisi lascia poco spazio alla retorica della rifondazione radicale del sistema finanziario. Bisogna invece concentrarsi su tre direttrici: dare maggiore rappresentanza alle economie emergenti nelle istituzioni internazionali, intensificare l’integrazione del mercato dei capitali, favorire il monitoraggio del sistema finanziario. Un’agenda certo più limitata. Ma rispettarla sarebbe già un successo.

 

Al recente vertice del G20 a tenere banco sono state le chiassose discussioni sugli squilibri macroeconomici e i tassi di cambio, ma in realtà i partecipanti al vertice di Seul hanno posto una pietra miliare nella regolamentazione finanziaria. Simbolicamente, hanno chiuso il ciclo di intense discussioni globali iniziato due anni fa, al primo vertice del G20 di Washington.
Il fatto più importante è stata l’adesione all’accordo Basilea 3 sul capitale e la liquidità delle banche, completato in settembre. Quell’accordo restringe in modo significativo i requisiti precedenti e offre una buona opportunità ai leader mondiali per dichiarare “missione compiuta” e passare ad argomenti successivi.

ADDIO ALLA RIFORMA FINANZIARIA GLOBALE

Sotto diversi aspetti, si è ristretto l’ambito di una riforma finanziaria globale. Negli Stati Uniti, l’adozione del Dodd-Frank Act in luglio ha segnato la fine dell’attività legislativa in questo campo. Molti paesi emergenti non vogliono e non sono pronti a raccogliere il testimone della leadership globale. Formalmente, rimangono in agenda molti temi di regolamentazione finanziaria. Ma è significativo che il presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha appena assunto la presidenza di turno del G20, non ne abbia citato nessuno, mercati delle materie prime a parte, nel discorso di settembre che elencava le sue priorità. Ciò è in netto contrasto con quanto avveniva due anni fa, quando la riforma finanziaria dominava l’agenda del G20 e molti leader, in particolare in Europa, si entusiasmavano per una armonizzazione mondiale delle regole finanziarie.
La finanza globale non può essere sottoposta realisticamente a un unico regolamento. Lo stesso accordo di Basilea stabilisce uno standard minimo, non uno ottimale. Diverse autorità, dalla Svizzera alla Cina, stanno prendendo in considerazione requisiti più rigidi. I processi per prevenire e gestire i grandi fallimenti nel sistema bancario restano eterogenei, come ha certificato al vertice di Seul il Financial Stability Board, che coordina i regolatori della finanza a livello mondiale. È probabile che la convergenza verso standard di contabilità globali necessiti di tempi molto più lunghi e che si riveli comunque diversa da quanto anticipato prima della crisi.
Tutto ciò non è necessariamente un male, anche se significa che rimarranno endemiche alcune distorsioni competitive e alcuni arbitraggi sulle regole. Non tutte le regole devono essere necessariamente globali perché molte attività finanziarie, in particolare nei servizi bancari retail, si sviluppano soprattutto all’interno dei confini nazionali, o nel caso dell’Unione Europea, entro confini regionali.

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TRE DIRETTRICI PER LA REGOLAMENTAZIONE

In questo contesto in qualche modo vincolato, la fase successiva delle discussioni sulla regolamentazione finanziaria globale si svilupperà lungo tre grandi direttrici.
Primo, il sistema delle istituzioni globali deve essere rafforzato e adattato. Così come nei singoli paesi, la natura tecnica delle regole finanziarie giustifica una delega a enti specializzati. Ma ciò può essere efficace solo se la loro autorità è accettata da tutti i numerosi stakeholders. Poiché il mondo finanziario diventa sempre più multipolare, le economie emergenti devono ottenere maggiori poteri nella governance internazionale. Mentre l’attenzione pubblica si è focalizzata su una riforma di questo tipo per il Fondo monetario internazionale, altre importanti istituzioni come la Bank for International Settlements (Bis) e l’International Accounting StandardsBoard (Iasb) sono ancora molto indietro per quanto riguarda il riconoscimento di un’adeguata rappresentanza a Cina, India, Brasile e paesi simili. Molti attori inoltre non sono sufficientemente trasparenti e responsabili. Così, l’International Accounting Standards Board ha necessità di riconquistare la fiducia della comunità degli investitori, delle cui preoccupazioni ha dato spesso l’impressione di non curarsi negli ultimi anni; il Comitato di Basilea sulla vigilanza bancaria deve aprirsi di più allo scrutinio esterno e il Financial Stability Board deve chiarire il suo ruolo e il suo status, compresa la sua relazione con la Bank for International Settlements, che finora è rimasta ambigua.
Secondo, sono necessari sforzi per sostenere l’integrazione mondiale dei mercati del capitale, un processo che porta significativi benefici economici sia ai risparmiatori sia a chi richiede prestiti. L’attuale processo di ri-regolamentazione delle fondamentali strutture di transazione e di informazione, comprese le piattaforme di scambio e di compensazione, le agenzie di rating e le società di audit, si è reso necessario a causa della crisi, ma comporta anche rischi di frammentazione. È probabile che questi rischi divengano più evidenti con il passare del tempo. L’obiettivo di una interoperabilità dei mercati oltre i confini nazionali richiede un più alto grado di integrazione globale su regolamentazione e vigilanza per questi attori del mercato rispetto ad esempio alle banche retail. In questo spirito, il Financial Stability Board ha ragione a suggerire un regime di regolamentazione specifico per le banche di investimento più attive a livello globale, che giocano un ruolo chiave nell’intermediazione cross-border nel mercato dei capitali.
Terzo, è necessario un fortissimo miglioramento della capacità di monitoraggio pubblico del sistema finanziario globale. È necessario sia per tenere conto delle vulnerabilità del sistema sia per verificare che gli impegni assunti a livello globale siano effettivamente mantenuti. Invece, sorprendentemente, non esiste alcun processo appropriato per garantire che i requisiti globali su contabilità o sul capitale delle banche, una volta assunti, siano costantemente attuati. Fondo monetario, Bank for International Settlements e Financial Stability Board giocano tutti un ruolo, ma restano molte scappatoie, anche per la mancanza di un’adeguata trasparenza da parte delle singole imprese come dei governi.
La dura realtà del mondo post-crisi lascia poco spazio alla vuota retorica sulla radicale rifondazione del sistema finanziario. Si può sostenere che le direttrici indicate sopra definiscono una agenda decisamente limitata. Ma anche se così fosse, i leader del G20 meriterebbero un forte plauso se riuscissero a rispettarla nei prossimi anni.

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