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CREDITO ALLE IMPRESE: PERCHÉ IL PIATTO PIANGE

Il credito al settore produttivo è una risorsa assai scarsa in tutti i paesi, ma in Italia rischia di creare problemi ancora più gravi perché un tessuto di imprese medie e piccole non ha vere alternative ai canali tradizionali. Ma il credito alle imprese non tornerà ad affluire fino a quando le nuove regole non riusciranno a colmare l’attuale abisso di convenienza fra l’attività finanziaria sui titoli e la concessione di credito. Più si aspetta a vararle, più il problema diventa difficile da risolvere perché aumenta la forza contrattuale delle banche rispetto alla politica.

IL COMMENTO DI GOLDSTEIN E BONAGLIA ALL’ARTICOLO DI PERSICO E PUEBLITA – TECHNOCRACY IN GRECIA*

In un recente contributo su questo sito (1), Nicola Persico e José Carlos Pueblita hanno mostrato come in Messico la maggioranza dei ministri economici siano “cervelli” con PhD in materie economiche conseguito negli Stati Uniti e che non hanno mai partecipato a una elezione. Gli autori notano la particolarità del caso del Messico – una repubblica presidenziale dove il capo dell’esecutivo ha la possibilità di nominare direttamente i membri del governo senza sottoporsi allo stillicidio dei veti incrociati di correnti e correntine. Alcuni lettori hanno obbiettato che la tecnocrazia è anti-democratica, visto che permette a tecnici non eletti di esercitare grande potere politico senza la sanzione delle urne. Si potrebbe aggiungere che la tequila technocracy si è consolidata in un periodo in cui si sono succeduti governi di centro-destra, in particolare quelli panistas di Fox e Calderón.
Le recentissimi elezioni in Grecia offrono, con le dovute cautele, il materiale per testare questi argomenti. Dalle urne è uscito vincitore il PASOK, il partito socialista, e George Papandreou ha nominato in posizioni chiave dei tecnocrati che hanno passato all’estero periodi estesi di formazione e lavoro. Per essere più precisi, su 18 ministri otto hanno un dottorato e altri otto un Master. L’età media è bassa – poco più di 51 anni, 50 se si esclude il vice Primo Ministro Theodore Pangalos). Ad avere un dottorato sono i Ministri delle Finanze e dell’Economia – rispettivamente George Papaconsatinou e Louka Katseli – ma anche il titolare di un dicastero più politico come la Difesa. Anche i Vice-Ministri degli Esteri sono giovani tecnocrati: un 41enne ex-professore di diritto europeo all’Università di Vienna ed un 45enne con un M.Sc. in Environmental Economics dell’Università di Reading. Il nuovo Primo Ministro ha fortemente puntato su questi profili anche in campagna elettorale, definendoli “i migliori”, “coloro che non hanno interessi acquisiti” e che quindi possono fare avanzare le riforme necessarie alla modernizzazione del paese.
Se il nuovo è un governo molto tecnocratico, non è il primo nella recente storia greca. Nel 1989 per esempio, a seguito del risultato inconclusivo delle elezioni ed in un contesto di crisi economica, i tre maggiori partiti nominarono Primo Ministro Xenophon Zolotas, ottantacinquenne ex-governatore della Banca di Grecia e autore di un importante libro di economia del benessere (2). Ma soprattutto, i Primi Ministri che si sono succeduti al potere dal 1993 hanno impressionanti credenziali accademiche. Andreas Papandreou aveva un Ph.D. ad Harvard e insegnò lì ed in altre prestigiose università americane prima di tornare in Grecia; Costas Simitis ha studiato diritto a Marburgo ed economia alla London School of Economics; e Kostas Karamanlis ha un PhD. alla Fletcher School of Law and Diplomacy di Tufts.
Come si arriva allora ad affidare il potere a un gruppo di persone con competenze nel campo economico? Nel caso messicano, il potere era saldamente nelle mano del PRI e la cooptazione era semplice – il termine dedazo indicava la pratica con cui il presidente “additava” il suo successore. In Grecia invece ci sono vere e proprie dinastie politiche. L’attuale Primo Ministro è figlio di Andreas Papandreu che a sua volta era figlio di un Georgios Papandreu tre volte a capo del governo tra il 1944 e il 1965; il suo predecessore è nipote di Konstantinos Karamanlis, già Primo Ministro e Presidente; Konstantinos Mitsotakis, a capo del governo nel 1990-93, il cui padre e nonno erano parlamentari, aveva come zio Eleftherios Venizelos, una delle figure maggiori della politica greca del XX secolo. Non a caso in tutte queste famiglie così importanti i figli erano inviati a studiare all’estero – Spiros, il fratello di Simitis, è per esempio professore alla Goethe di Francoforte ed uno dei maggiori esperti europei di diritto di privacy and security.
Persico e Pueblita identificano altri fattori che hanno contribuito ad alimentare la rivoluzione tecnocratica in Messico. Alcuni, ma non tutti, sembrano importanti anche in Grecia. I tre membri del consiglio della Banca di Grecia, in particolare, hanno tutti ricevuto un dottorato all’estero, sono tornati per insegnare all’Università di Atene e poi hanno integrato la banca centrale. Molto simile il profilo dei due precedenti governatori (Lucas Papademos e Nicholas C. Garganas). Come in Messico, anche in Grecia le assunzioni nel settore pubblico – almeno nel passato recente – incoraggiano i concorrenti esterni e quindi solleticano l’interesse dei numerosi economisti greci sparsi in Nord America ed Europa. Dopo aver passato otto anni all’OCSE, George Papaconstantinou tornò in patria nel 1998 come consigliere del Primo Ministro per la società dell’informazione.
Un altro fattore importante nel caso messicano è la possibilità per i burocrati di usare l’impiego nell’amministrazione come trampolino di lancio per lucrosi impieghi privati. Abbiamo guardato ad un piccolo campione – i 70 amministratori di cinque delle sei principali società greche (3) – trovando che soltanto quattro corrispondono alla definizione di tecnocrate. Per esempio Michalis G. Sallas, Chairman di Piraeus Bank, che ha un PhD ad Heidelberg ed è stato professore di econometria all’Università Panteion, Segretario Generale del Ministero del Commercio e Chairman del primo comitato per la modernizzazione del settore bancario; oppure Panagis Vourloumis, Managing Director di OTE, che ha studiato alla London School of Economics ed ha diretto la divisione Southeast Asia dell’International Finance Corporation. Né possiamo dire che la rapida progressione di carriera sia una sicurezza per un tecnocrate ellenico. Un’altra differenza è che mentre i ministri messicani sono veri e propri tecnocrati, che raramente sono stati eletti e hanno seduto in Parlamento, i loro colleghi greci hanno spesso una considerevole esperienza politica, ad Atene oppure a Strasburgo e Bruxelles.
Per concludere, i motivi che portano i tecnocrati al potere sono molti e diversi. Al di là della criticità dei problemi – ma, del resto, quale paese non ne ha! – non sono moltissimi gli elementi in comune tra Grecia e Messico, eppure ambedue i paesi si contraddistinguono per il rilievo delle posizioni di responsabilità coperte da individui con elevato grado di educazione ricevuta all’estero in materie socio-economiche. C’è cioè in ambedue i paesi la consapevolezza che un certo grado di conoscenza formale è utile per esercitare il potere. Ovviamente la tecnocrazia non è garanzia di risultati brillanti – pochi detentori di obbligazioni argentine si sentirebbero di sottoscrivere l’affermazione che “Domingo Cavallo merits our admiration for his great achievements to date and for his indomitable courage” (4) – ma quello che abbiamo cercato di dimostrare è che essa è compatibile con differenti orientamenti politici e strutture istituzionali. Poi ovviamente rendere conto dell’operato agli elettori rimane la miglior garanzia per il buon funzionamento della democrazia.

(1) “Là dove tornano i cervelli”, 1 settembre 2009.
(2) Economic growth and declining social welfare (New York: New York University Press, 1981).
(3) cioè National Bank of Greece, Alpha Bank, OTE, Piraeus Bank e Coca-Cola (Hellenic Bottling). I dati prosopografici dei membri del consiglio d’amministrazione di Eurobank EFG non sono disponibili sul sito della società.
(4) Arnold C Harberger, “Secrets of Success: A Handful of Heroes”, American Economic Review, 1993, vol. 83, issue 2, pages 343-50.

* Le posizioni espresse nell’articolo sono attribuibili esclusivamente agli autori e non coinvolgono in nessun modo gli Enti per cui lavorano.

PROMESSE IN CRESCITA, AIUTI IN CALO

Nonostante le ammissioni di ritardi in termini di aiuti internazionali e le rassicurazioni del Presidente del Consiglio a far fronte agli impegni, la Finanziaria 2010 lascia inalterato il quadro tracciato nel 2009: risorse insufficienti per onorare gli impegni europei ed internazionali sottoscritti, incluso il rifinanziamento delle missioni militari. In attesa che sia fatta chiarezza sul progetto della detax, l’Italia continua a negare il suo contributo alla ripresa globale, ignorando gli appelli di Banca Mondiale e Fondo Monetario.

V COME RIPRESA

Sarà una W o una V la lettera che descriverà l’andamento grafico del tasso di crescita dell’economia americana e di quella mondiale nel corso del prossimo anno? I dati del secondo semestre 2009 sostengono l’ipotesi che la combinazione di politica fiscale e monetaria ha avuto successo nel contrastare gli effetti dello shock di domanda. Il rientro delle misure fin qui adottate potrebbe però portare a un secondo minimo. Ma questa analisi non tiene conto del ruolo dell’incertezza nel determinare il ciclo economico. E il suo andamento fa pensare che vedremo una V.

CHI PENSA ALLA PENSIONE

Stati Uniti e Regno Unito sono i due paesi con la previdenza privata più sviluppata. Eppure, all’indomani dello scoppio della crisi finanziaria, si sono impegnati a rafforzare il settore, anche operando forzature di tipo paternalistico. Il tutto preceduto, però, da una prolungata riflessione sulle modalità di funzionamento del sistema e sui correttivi che possano renderlo davvero credibile agli occhi dei lavoratori. Anche in Italia si ipotizza la riproposizione del silenzio-assenso. Ma prima occorre pensare alle precondizioni necessarie al suo successo.

IL GIOCO DI PECHINO NELLA PARTITA DEL CLIMA

Al summit sui cambiamenti climatici di New York la Cina si è impegnata a ridurre la propria intensità carbonica, ovvero il rapporto emissioni-Pil, di un “margine notevole” entro il 2020. Una misura simile porta solo in linea teorica a un calo delle emissioni. Perché gli incrementi del Pil possono ampiamente compensare le riduzioni che derivano dai miglioramenti di efficienza. E se la crescita economica è per i paesi in via di sviluppo una variabile incomprimibile, è chiaro che alla conferenza di Copenaghen non si potrà trovare nessun accordo sui livelli di emissione.

CONSIGLI PER IL RISPARMIO

Una proposta di legge del Presidente Obama mira a rendere più semplice il risparmio previdenziale degli americani. Prevede l’iscrizione automatica ai piani pensionistici anche nelle piccole imprese. E potranno andare ad aumentare i contributi previdenziali anche i compensi per ferie e permessi non goduti. Per trasformare in risparmio i rimborsi fiscali basterà un tratto di penna sulla dichiarazione dei redditi. Intanto, il Tesoro prepara una guida al risparmio. Insomma, il paese più consumista del mondo riscopre i vantaggi di mettere da parte almeno una parte di reddito.

QUANDO VA SOTTO ZERO IL TASSO UFFICIALE

Tassi di interesse nominali negativi sono tecnicamente possibili. E infatti la banca centrale di Svezia ha portato il proprio tasso ufficiale a -0,25. Generalmente è una decisione inutile, perché in quel caso gli agenti preferiscono tenere la moneta invece di utilizzarla per alimentare prestiti e investimenti. Tuttavia, la Bce potrebbe tassare le riserve bancarie. Ma è il momento giusto per farlo, proprio quando si è cercato in tutti i modi di sostenere i bilanci delle banche? Uscire da una trappola della liquidità non è evidentemente un percorso semplice.

NON ABBIAMO IMPARATO ABBASTANZA DALLA CRISI GIAPPONESE *

Stati Uniti ed Europa rischiano di ripetere gli stessi errori fatti dal Giappone negli anni Novanta, insistendo con politiche macroeconomiche che non servono a risolvere la crisi. Precondizioni di una ripresa economica sono la ripulitura dei bilanci delle banche e la ristrutturazione dei grandi debiti. Altrimenti, le crisi finanziarie continueranno a ripresentarsi. La teoria economica dovrebbe perciò elaborare un nuovo approccio nel quale gli intermediari finanziari siano al centro dei suoi modelli.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Un certo numero di lettori ritiene che il Messico non possa essere preso ad esempio per l’Italia, perché tutto sommato in Messico ci sono più problemi che in Italia. Capisco il punto, ma a mio parere ciò non ci vieta di identificare alcuni punti specifici in cui il Messico sembra fare meglio dell’Italia, per cercare di saperne di più e magari imparare  
qualcosa. Peraltro, proprio il fatto che il Messico deve fare fronte a gravi problemi rende più sorprendente, e forse più interessante, il fatto che riesca a far bene in certi settori specifici.
Alcuni lettori obbiettano che la tecnocrazia è anti-democratica. A tal proposito cito gli USA dove, come altri lettori ricordano, i tecnici ricoprono spesso posizioni chiave di policy-making, e nessuno pensa che ciò metta in pericolo la democrazia.
In ultimo, un lettore ci domanda chiarimenti su una politica di prelievo del 2% operata dalle banche. Crediamo che il lettore si riferisca a una politica per cui ogni banca è tenuta a trattenere il 2% di ogni deposito bancario. Le somme trattenute saranno poi dedotte dalle tasse dell’intestatario del conto corrente. Questa norma è stata introdotta per  
combattere l’evasione fiscale.

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