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IL POSTO PUBBLICO? SI EREDITA

A parità di istruzione, genere, età, stato civile, area geografica e altri parametri, la probabilità di entrare nella pubblica amministrazione aumenta del 44 per cento per gli individui il cui padre lavora nel settore pubblico. Ma il nepotismo non è solo fonte di iniquità, ha anche costi rilevanti per le organizzazioni pubbliche, costrette a impiegare lavoratori meno competenti. E’ essenziale un meccanismo che premi o penalizzi economicamente i responsabili delle selezioni sulla base della qualità delle scelte effettuate.

MINISTRO MELONI BATTA UN COLPO!

Se con la recessione in giro per il mondo è un brutto momento per tutti, in Italia sembra essere un momento tragico più che altro per i giovani. La disoccupazione giovanile è aumentata dal 18 al 25 per cento e circa 400 mila precari, quasi tutti giovani, hanno perso un lavoro nel primo trimestre del 2009 rispetto al primo trimestre del 2008. La rilevazione trimestrale delle forze lavoro sembra un vero bollettino di guerra per i lavoratori atipici: sono andati distrutti 150 mila lavori a termine, 100 mila collaboratori e 150 mila lavoratori autonomi, tra i quali vi sono diverse partite IVA “parasubordinate” che forniscono le loro prestazioni a un solo committente. Il lavoro a tempo indeterminato, protetto dalla cassa integrazione, è invece aumentato. Se non fosse grazie all’occupazione straniera, che ha registrato una nuova crescita, l’occupazione italiana sarebbe addirittura diminuita di 426 mila unità. Dei 400 mila lavoratori precari che hanno perso lavoro, al massimo uno su tre ha accesso al sussidio di disoccupazione ordinario. Questi giovani sono stati beffati due volte. Hanno avuto un lavoro decisamente meno protetto di quello dei loro padri e, una volta disoccupati,  vengono completamente abbandonati dallo Stato. In modo quasi provocatorio, il Ministro Sacconi ha ieri annunciato di voler creare un bonus da destinare a quelle imprese che assumono lavoratori in cassa integrazione. Come se i 400 mila precari neodisoccupati non esistessero e non fossero il vero problema emerso dalla rilevazione trimestrale dell’Istat.  Sindacati e Confindustria annuiscono. Giorgia Meloni, titolare del dicastero per i giovani, almeno lei batta un colpo!

MERCATI DEL LAVORO SULL’ORLO DELLA CRISI

La disoccupazione cresce in Europa a ritmi superiori a quelli del passato. E con un andamento simile a quello degli Stati Uniti. La recessione di oggi interviene infatti su mercati del lavoro europei resi più flessibili dalle riforme degli ultimi anni. Ciò non significa che sia auspicabile tornare alle rigidità del passato, come invece potrebbe accadere sull’onda della crisi. Serve invece un approccio integrato e, per quanto possibile, coordinato nella regolamentazione del mercato del lavoro e dei mercati finanziari, per garantire la stabilità di entrambi.

QUANTI SONO I LAVORATORI SENZA TUTELE

Due milioni nello scenario peggiore, un milione e mezzo in quello più favorevole: sono questi i numeri dei lavoratori senza tutele. Gli interventi del governo hanno sì ridotto la platea dei coloro che in caso di perdita del posto resterebbero privi di qualsiasi forma di sussidio, ma sono ben lungi dall’averla annullata. Tanto più che le indennità di disoccupazione e in deroga si esauriscono in fretta, mentre la crisi occupazionale potrebbe essere lunga. Tutto il sistema è da riformare in mercato del lavoro caratterizzato da carriere sempre più frammentate.

MA IL PROBLEMA NON SONO SOLO I FANNULLONI

Trasparenza e valutazione sono i due principi guida della riforma Brunetta. Il limite è l’idea che la produttività dipenda innanzitutto dagli sforzi degli individui e dalle norme di legge, ma non dai modelli organizzativi, dagli obiettivi e dalla distribuzione delle risorse sul territorio. E’ vero il contrario. Occorre dotarsi di sistemi di contabilità industriale che misurino la produttività anche nella Pa, con modelli specifici per ciascuna amministrazione. E in questi casi il principale incentivo per gli individui non è la gratifica annuale, ma il percorso di carriera.

LA PRECARIA INDAGINE SUI PRECARI

L’Italia è uno dei pochissimi paesi europei in cui non sono ancora disponibili dati sull’occupazione e la disoccupazione nel 2009. Questi dati vengono raccolti sulla base di rilevazioni continue, il che significa che, ad esempio, anche oggi sono in corso rilevazioni. Poi i dati vengono centralizzati, si svolgono una serie di controlli di coerenza e poi vengono elaborati. Tutto questo richiede circa tre mesi. Ciò non impedisce dunque a un istituto di statistica di pubblicare ad aprile i dati di gennaio, a maggio quelli di febbraio e così via. Da noi, invece, si aspetta la fine di ogni trimestre per rendere pubblici i dati, il che significa che solo a fine giugno sapremo cosa è accaduto nei primi mesi del 2009. Questo è un fatto molto grave perché impone alla politica economica (e al dibattito pubblico) di operare al buio. Soprattutto in una fase di crisi come quella che stiamo vivendo, questo ritardo è molto costoso. Impedisce, ad esempio, di capire cosa sta succedendo ai lavoratori precari. Quanti di loro hanno già perso il posto di lavoro nella recessione.
Perché in Italia non si pubblicano dati mensili su occupazione e disoccupazione basati sull’indagine sulle forze lavoro? Il problema è che per svolgere un’indagine che interessa i lavoratori precari l’Istat si è dotato di una rete di … precari. Si tratta infatti di circa 320 rilevatori che operano sul territorio con tecniche CAPI (computer assisted personal interviews). Questi rilevatori hanno una tipologia contrattuale – co.co.co. – che la Funzione Pubblica già nel 2005 dichiarò illegittima, intimando all’Istat di cambiarla. Da allora, di anno in anno e di emendamento in emendamento, la rete sopravvive in regime di deroga e in attesa di una "soluzione definitiva". L’ultimo decreto milleproroghe ha concesso l’ennesima proroga ma solo fino al 30 giugno di quest’anno. Nell’attesa di vedere cosa succederà ai rilevatori, l’Istat ha così deciso di rimandare i piani di pubblicazione di dati mensili sulle forze lavoro, lasciando tutto in sospeso.
Ma c’è un rischio ancora peggiore. Nel caso in cui la Funzione Pubblica decidesse di non concedere più la solita proroga, l’Istat potrebbe condurre tutte le interviste senza rilevatori sparsi sul territorio. In altre parole, l’indagine verrà svolta solo per via telefonica. Questo significa ottenere stime distorte e incoerenti con quelle degli anni precedenti, con ripercussioni anche sulla stima del PIL, per la quale l’occupazione stimata a partire dall’indagine forze lavoro rappresenta un asse portante.
Per capire gli effetti di questa scelta, basta ricordare come si svolge oggi l’indagine. Questa prevede quattro interviste per ogni famiglia a cadenze prestabilite. La prima intervista viene effettuata da un rilevatore professionista presso l’abitazione della famiglia con tecnica face to face (CAPI). Quelle successive sono svolte telefonicamente da una società specializzata, tranne che nel caso di famiglie senza telefono o con intestatario straniero. In questi casi, sono gli stessi rilevatori della prima intervista a visitare nuovamente la famiglia. Se tutto dovesse svolgersi con il metodo CATI si rischia di avere una bassa qualità della prima intervista e di non raggiungere le famiglie senza numero di telefono. Inoltre, il metodo CAPI è fondamentale quando si ha a che vedere con famiglie di immigrati, che non parlano bene la nostra lingua.

DIRIGENTE PUBBLICO IN CERCA DI RUOLO *

In questi giorni si scrive il decreto delegato con il quale dare attuazione alla cosiddetta legge Brunetta sul lavoro pubblico. Produttività, efficienza e trasparenza sono i principi che guidano il disegno di riordino del settore. Dove si affrontano temi di indubbia rilevanza, come la contrattazione e la valutazione del personale. Ma il testo non sembra prestare la dovuta attenzione a una figura cruciale: il dirigente pubblico. Che è il reale intermediario e attuatore di qualsiasi intervento di riforma.

PAGINE BIANCHE NEL LIBRO BIANCO

Il Libro bianco sul futuro del modello sociale affronta molte questioni, ma mancano un preciso quadro di interventi e impegni programmatici credibili. Pochissimi i riferimenti al contesto istituzionale. Per esempio, il documento aderisce all’universalismo selettivo, ma non cita nemmeno l’esistenza dell’Isee, che di quel principio è la più importante realizzazione. L’enfasi sulla povertà assoluta, tralasciando quella relativa, riflette una visione caritatevole delle politiche redistributive. Dimenticata anche la povertà tra i minori.

UN GRANDE SINDACATO PER UNA GRANDE FIAT

Nella nuova Fiat-Chrysler i lavoratori avranno la quota di maggioranza e un loro rappresentante nell’organo amministrativo. In questo clima di entusiasmo anche i sindacati vedono aprirsi nuove prospettive di partecipazione diretta al capitale e al governo delle imprese. Ma non mancano i rischi. Serve un grande sforzo di elaborazione e fantasia, affinché la partecipazione non si risolva in uno slogan buono per tutti gli usi, ma rappresenti invece una strada realistica per l’affermazione di una vera democrazia economica.

UN ANNO DI GOVERNO: LAVORO

 

I PROVVEDIMENTI

In materia di lavoro, il provvedimento principale del governo è stata un’estensione del principio della deroga degli ammortizzatori sociali. Attraverso gli ammortizzatori in deroga, il governo individua di volta in volta i settori, i lavoratori e le imprese che possono accedere alle indennità. Le deroghe saranno finanziate per un ammontare stimato dal governo fino a 8 miliardi di euro in due anni, da recuperare da un accordo con le Regioni concluso nei primi mesi dell’anno.
È stata anche introdotta una forma di ammortizzatori sociali per i lavoratori a progetto mono-committenti, quei lavoratori che hanno un solo datore di lavoro. L’ammortizzatore corrisponde a non più del venti per cento della loro retribuzione con un massimale pari a 2.600 euro.
Il governo ha detassato gli straordinari nel maggio del 2008 (per poi cancellare la norma qualche mese dopo) e si è impegnato a detassare gli incrementi di salario legati a incrementi di produttività nell’ambito dell’accordo sulla riforma del modello contrattuale. L’accordo è opera delle parti sociali e non del governo. 

GLI EFFETTI

Èmolto difficile stimare gli effetti degli ammortizzatori sociali in deroga, anche perché sono uno strumento largamente discrezionale. In aggiunta, ciascuna Regione dovrà attuare gli accordi attraverso apposite leggi regionali. Si sente parlare spesso della possibilità di usare, da parte delle Regioni interessate, i fondi sociali europei per finanziare gli ammortizzatori in deroga, ma in molti casi i provvedimenti legislativi regionali non sono ancora stati definiti.  
La detassazione degli straordinari è una misura durata troppo poco per avere effetti significativi. Una indagine di Banca d’Italia segnalava il rischio di riduzioni nelle assunzioni proprio mentre esplodeva la crisi. Anche da qui la decisione di annullare il provvedimento. 
La detassazione dei premi di produttività, per diventare pienamente esecutiva, dovrà aspettare i rinnovi contrattuali, dove peraltro vi è il problema della mancata sottoscrizione del nuovo modello contrattuale da parte della Cgil.

OCCASIONI MANCATE

Il governo non ha introdotto un sussidio unico per tutti i lavoratori precari e non ha affrontato la questione del contratto unico di lavoro, nonostante le aperture della Confindustria e, ultimamente, anche di importanti esponenti della Cgil.

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