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Categoria: Lavoro Pagina 85 di 118

La risposta ai commenti

Ringrazio per i molti e interessanti commenti. Provo a risposdere ad alcune delle questioni sollevate. Stefano Testoni (disincentivi al lavoro). Un effetto negativo sugli incentivi al lavoro c’è, ma è molto debole. Non è una nostra assunzione, è un risultato del modello (stimato e simulato con dati reali). Un probabile motivo è che le somme trasferite (in media 300-500 euro mensili per famiglia) sono tutto sommato abbasta modeste. Un secondo motivo è che i fattori che determinano se e quanto lavorare vanno al di là del puro trade-off reddito tempo-libero. Come sappiamo, e come caso estremo, esistono molte persone (volontariato) che dedicano molte ore al lavoro senza alcuna retribuzione monetaria, Sandro. La questione del debito pubblico non è rilevante. L’esercizio di simulazione è fatto a gettito fiscale netto costante, quindi non c’è deficit da finanziare. Il salario minimo può essere una buona idea. Vedo due problemi: (a) riguarda solo gli occupati, (b) se è effettivo e non solo simbolico, crea disoccupazione. Agli altri rispondo in un prossimo commento. Per Sandro. Certo i trasferimenti devono essere finanziati. Nel nostro esercizio sono finanziati eliminando gli ammortizzatori sociali correnti, allargando la base imponibile e aumentando alcune delle aliquote irpef (1-2 punti sull’aliquota massima). Il gettito fiscale netto rimane invariato. Naturalmente si può pensare ad altre fonti: riduzioni di voci di spesa pubblica, riduzione dell’evasione ecc. Concordo sul fatto che il reddito universale possa e debba essere accompagnato da altre misure e introdotto gradualmente. Per Marco Cavallero. Concordo pienamente: l’azione culturale è importantissima. Per Ajna. Molti babypensionati lavorano – per quanto possibile – in modi perfettamente legali soprattutto nelle professioni (il che non vuol dire che le baby pensioni siano una buona cosa: non lo sono soprattutto perché si tratta di un beneficio casuale e arbitrario). In ogni caso i free-riders ci sono, in molte situazioni: il costo dei (pochi) free-riders andrebbe confrontato con i benefici delle politiche universalistiche.

Scioperi cinesi

Iniziati negli stabilimenti Honda, si vanno diffondendo gli scioperi in Cina. Sotto accusa soprattutto i bassi salari. Ma le proteste ci dicono che la modernizzazione cinese è un processo complesso, che investe tutti gli aspetti della società e genera sia grandi opportunità di crescita individuale e collettiva sia grandi diseguaglianze. I paesi sviluppati sembrano invece guardare solo ai dati economici. Senza vedere le contraddizioni della crescita. Se dovessero diventare ingovernabili, le conseguenze sarebbero drammatiche per tutti.

Riportiamo la trattativa a Pomigliano

La vicenda della trattativa di Pomigliano sta prendendo una brutta piega. Il rifiuto della Fiom di firmare l’Â’accordo apre la porta a qualunque scenario, incluso la smobilitazione dello stabilimento. Tutti, dal sindacato ai politici ai commentatori, interpretano la trattativa in chiave di significati “altri”: il futuro della contrattazione aziendale, la costituzione, un cavallo di troia per attaccare i diritti di tutti i lavoratori. Sono temi importanti, ma che fanno perdere di vista lÂ’’aspetto fondamentale: il sito produttivo di Pomigliano. Perché la Fiat pretende clausole molto dure in termini di rispetto degli impegni assunti? La ragione è che teme la “rinegoziazione” ex post. La Fiat vuole rilanciare Pomigliano utilizzando tecnologie produttive dÂ’’avanguardia, che richiedono l’Â’accordo con forza lavoro per un utilizzo intensivo degli impianti e per ridurre al minimo costose interruzioni della produzione. Oggi la Fiat ha molto potere contrattuale, perché può decidere di spostare lÂ’’investimento altrove. Ma una volta spesi gli 800 milioni sarà molto più complicato usare questa minaccia: ex-post, il potere negoziale si sposta dalla parte dei sindacati. LÂ’’intento della Fiat è quindi di mantenere potere contrattuale anche dopo aver fatto l’Â’investimento, imponendo la clausola di responsabilità. Lo stabilimento di Pomigliano è notoriamente difficile. Le richieste di garanzia della Fiat rispecchiano anche la storia del sito. Esistono altri modi credibili per garantire il rispetto degli impegni da parte dei lavoratori? Se la risposta è no, il sindacato dovrebbe accettare le clausole, per quanto dure, e rilanciare la negoziazione in termini di stipendi. Se si raggiungono determinati target, anche grazie al rispetto degli impegni da parte dei lavoratori, parte dei benefici dovrebbe per contratto andare ai lavoratori. Nel frattempo, non carichiamo sui lavoratori di Pomigliano il futuro delle relazioni industriali italiane. Hanno già abbastanza problemi per conto loro.

Il reddito minimo universale

L’introduzione di un reddito minimo universale trova ancora ostacoli, eppure sembra permettere scelte familiari, educative, abitative e occupazionali più efficienti. Le disuguaglianze nella distribuzione del benessere possono rafforzare gli incentivi al lavoro, ma spingono anche alla ricerca di benefici e privilegi clientelari con spreco di risorse. Un esercizio di simulazione mostra gli effetti di quattro tipi di politiche universalistiche: reddito minimo garantito e reddito di cittadinanza, con imposta sul reddito progressiva e con imposta proporzionale. Una scheda dell’autore illustra le differenze tra le quattro forme di reddito.

I giovani, un esercito immobile

I dati Istat confermano il quadro a tinte fosche della condizione dei giovani nel nostro paese e la loro dipendenza dalla famiglia di origine. Mentre un rapporto Eurostat mostra che non solo sono una risorsa scarsa, ma anche più sprecata e meno valorizzata che altrove. Sono oltre due milioni gli under 30 che non studiano e non lavorano: sospesi in quel tempo morto che separa episodi di lavoro precario da brevi corsi di formazione, appaiono come un esercito immobile. La conseguenza è un’economia che non cresce e una società che non si rinnova.

Una rete per le piccole imprese

Nasce una rappresentanza della piccola impresa e del lavoro autonomo, R.ete. imprese Italia. Mette assieme le cinque associazioni storiche degli artigiani e dei commercianti e rappresenta nel suo complesso oltre due milioni e mezzo di imprese. Ha davanti alcune sfide, come quella di riuscire a rimanere un soggetto effettivamente autonomo dai partiti senza cedere a tentazioni di neocollateralismo, mentre resta da definire dove si fermerà il processo di aggregazione di altre realtà associative. Ma ancora più importante è il nodo dei rapporti con Confindustria.

UN PREMIO TROPPO PICCOLO PER IL MERITO

Almeno negli enti locali, la riforma Brunetta rischia di fallire proprio nel suo punto di forza, il rilancio della meritocrazia. In media ai dipendenti pubblici meritevoli sarà riconosciuto un premio appena superiore ai 400 euro. Troppo poco per indurre i più passivi e improduttivi a mutare atteggiamento. Intanto, però, il nuovo sistema di valutazione determinato dalla riforma è assai complesso e richiede notevoli sforzi organizzativi. Con il rischio che a crescere sia la spesa per le consulenze necessarie per comprendere e applicare il sistema.

NEANCHE LE COOPERATVE SOCIALI SONO PERFETTE

Le cooperative sociali italiane sono una realtà che coinvolge migliaia di organizzazioni e lavoratori. E’ un settore in costante crescita, ma non mancano le ombre. A partire dal basso livello degli stipendi, dovuto in parte alle aste al massimo ribasso indette dalle amministrazioni pubbliche per minimizzare il costo per l’erogazione dei servizi sociali. Poi ci sono percorsi di carriera piuttosto appiattiti, che non premiano l’istruzione e penalizzano le donne. E la scarsa trasparenza di alcuni enti rischia di danneggiare la reputazione di tutti.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo i lettori per gli utili commenti. Alcuni ci chiedono più dettagli sulle tutele progressive. Nel testo del ddl è specificato in modo molto dettagliato che le tutele progressive ammontano a 5 giorni di salario al mese. Ciò significa 6 mesi di salario in 3 anni di lavoro. Altri ci chiedono se il contratto è a tempo indeterminato. Certamente, è a tempo indeterminato, nel senso che non ha alcuna scadenza. La proposta del Contratto Unico di Inserimento va in parte nella direzione suggerita da altri lettori, nel senso che secondo il ddl i contratti meno stabili sono possibili solo per i salari più elevati.
Infine, ci preme notare che l’ulteriore peggioramento del mercato del lavoro, reso evidente dai dati Forze lavoro e CIG, che segnalano un ulteriore incremento della disoccupazione e della CIG, rende questa riforma sempre più’ urgente.

DUE ANNI DI GOVERNO: LAVORO E RELAZIONI INDUSTRIALI

All’inizio della legislatura, la detassazione del lavoro straordinario cade in un momento molto sfortunato: di lì a poco scoppia la grande crisi e di straordinari non ne fa più nessuno.
Sul piano della politica sindacale, il ministro punta a un sistema di relazioni industriali il cui baricentro si sposti verso la periferia. Ma ancor più sembra interessargli un sistema dal quale la Cgil si autoescluda: lo persegue operando sotto-traccia per far sì che essa non firmi lÂ’accordo interconfederale del 22 gennaio 2009 e i contratti collettivi di settore; la Cgil sembra assecondare questo disegno, che però riesce soltanto in parte: salvo quell’accordo e il contratto dei metalmeccanici, la Confederazione guidata da Epifani firma tutti i numerosi contratti di settore stipulati nel nuovo sistema interconfederale (tra i quali quello dei chimici, degli alimentaristi, degli edili, delle comunicazioni, del turismo e molti altri ancora). Manca comunque nel progetto del governo il disegno di un sistema nel quale visioni e strategie sindacali diverse possano confrontarsi e competere tra di loro, senza produrre paralisi: non è allÂ’orizzonte una uscita dal regime di “diritto sindacale transitorio”, che in Italia si trascina ormai da oltre sessanta anni.
Il primo anno e mezzo di recessione causa la perdita di oltre 800mila posti di lavoro, quasi tutti rapporti di lavoro di serie B o C. Potrebbe essere considerato ancora un effetto occupazionale complessivamente meno disastroso rispetto agli altri paesi, se non fosse che almeno altri 350mila posti perduti sono mascherati dalla cassa integrazione guadagni (v. scheda successiva). Sulla questione cruciale del superamento del dualismo del mercato del lavoro, il Pd presenta tre progetti (Ichino e Nerozzi al Senato, Madia alla Camera) ispirati al principio della estensione a tutta l’area del lavoro “economicamente dipendente” di una disciplina resa più flessibile almeno nella fase iniziale del rapporto. Il governo è in standby: Giulio Tremonti torna a lodare il modello del posto fisso, Renato Brunetta prende le distanze chiedendo la riforma dell’articolo 18, Maurizio Sacconi fa un po’ il pesce in barile, perseguendo un depotenziamento del sistema delle protezioni in via indiretta, con l’inserimento nel Collegato-lavoro alla Finanziaria 2010 di norme pasticciate sul controllo giudiziale del giustificato motivo di licenziamento e sull’arbitrato (articoli 30 e 31): entrambe censurate dal Capo dello Stato, che critica esplicitamente questo modo surrettizio di affrontare la questione della riforma del diritto del lavoro.
Nel Collegato-lavoro anche due deleghe legislative in materia di congedi e permessi, nonché di ridefinizione dei lavori usuranti.
Il ministro preannuncia una proposta di “Statuto dei lavori”, ma subito insabbia l’iniziativa con l’apertura sulla materia di un “tavolo di consultazione con le parti sociali” (la consultazione ha un senso se avviene su di una proposta, un progetto, una bozza, che invece per ora manca del tutto). Stesso metodo di insabbiamento, ma qui è più appropriato parlare di sepoltura, per il testo bi-partisan elaborato dalla commissione Lavoro del Senato sulla partecipazione dei lavoratori in azienda.
Nel campo delle libere professioni si osserva una netta marcia indietro rispetto alle liberalizzazioni di Pier Luigi Bersani: si preannuncia il ritorno delle tariffe minime inderogabili e del divieto di pubblicità, un rafforzamento delle barriere in accesso, un rilancio degli ordini come promotori dell’interesse economico della categoria, in contrasto con il parere espresso dall’Antitrust e con l’orientamento in materia dell’ordinamento europeo.

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