Il valore legale del titolo di studio fa sì che ogni laurea conferita da una qualsiasi delle ottanta università italiane abbia lo stesso peso nel mercato degli impieghi pubblici. Così gli atenei hanno scarsi incentivi a scegliere docenti preparati; i laureati bravi sono intercettati dal settore privato; le risorse delle famiglie premiano i servizi formativi scadenti. Problemi che si potrebbero superare se l’amministrazione pubblica valutasse le lauree sulla base di un ranking delle università di provenienza dei candidati. Come vorrebbe una proposta in discussione nel governo.
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Per giudicare l’azione del governo Monti sulle infrastrutture non basta considerare i decreti legge, bisogna anche guardare alle delibere del Cipe. L’indirizzo strategico complessivo che ne emerge non è ancora molto chiaro. Le scelte sulle grandi opere non hanno forti giustificazioni. Bene il sì a una serie di piccole opere, perché capaci di generare più occupazione e in tempi più rapidi. Discutibili i contratti di disponibilità previsti nel decreto “cresci Italia” perché potrebbero rendere più opaco il varo di spesa pubblica aggiuntiva per opere di dubbia utilità .
Possiamo affidare diritti fondamentali, sanciti dalla Costituzione, come il diritto al lavoro, alle pari opportunità , alla maternità , alla volontarietà e lungimiranza di amministrazioni locali, aziende, associazioni e sindacati? Le gravi e strutturali carenze del nostro sistema di welfare, che penalizzano l’ingresso e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro, non possono ricadere completamente sulle imprese. La rimozione degli ostacoli alla realizzazione delle pari opportunità è compito della politica pubblica. E non bastano gli sgravi Irap.
Il decreto sulle liberalizzazioni contiene interventi significativi che potrebbero modernizzare i servizi professionali in maniera incisiva. Il difetto è che non modificano la struttura istituzionale del settore. Le categorie interessate potrebbero così utilizzare il principio di autoregolamentazione per neutralizzarne gli effetti. Una riforma efficace dovrebbe impedire che l’esame di abilitazione sia gestito dagli stessi professionisti che saranno i diretti concorrenti dei candidati promossi. E allargare la composizione degli organi dirigenziali degli ordini.
Vorrei ringraziare i lettori per i loro commenti, tutti stimolanti, e formulare innanzi tutto una “premessa di valore”: l’autore dell’articolo non è un ambientalista né per formazione né per opinione, quanto piuttosto un economista che crede nello sviluppo. Uno sviluppo il più possibile durevole ed equilibrato, e quindi sostenibile nei confronti dell’ambiente e responsabile nei confronti delle persone.
Mi corre lÂ’obbligo di esprimere un apprezzamento particolare a Giuseppe Palermo, che ha perfettamente reso un mio pensiero forse rimasto inespresso nella necessaria sintesi dellÂ’articolo.
Quanto alle crociere come settore in espansione, vorrei ricordare che il totale della spesa espressa a livello europeo dall’intero fenomeno crocieristico è stabile negli ultimi tre anni rilevati: 14,2 miliardi di euro nel 2008, 14,1 nel 2009, 14, 5 nel 2010. Il trend positivo dell’occupazione si è arrestato al massimo del 2008 (311 mila addetti in Europa), e gli ordinativi di nuove navi sono in calo da 8 unità del
Che cosa sta crescendo quindi, a parità di spesa? Il numero di passeggeri, evidentemente anche a fronte di un calo del prezzo unitario del prodotto-crociera, effetto della ricerca di un mercato sempre più massivo da un lato, e della competizione interna dall’altro.
Quanto alle ricadute sul sistema economico italiano, vorrei ricordare che le fonti parlano di un 3% della spesa crocieristica in Italia che va a beneficiare il comparto turistico “alberghi e pubblici esercizi”, e se si rapporta questo dato al valore aggiunto totale del turismo italiano si arriva a stento all’1 per mille di contributo. Nel totale la spesa del comparto crocieristico “pesa” per circa il 3 per mille del PIL.
Ragionando di politiche per migliorare l’impatto del settore, non mi sento di fare un ragionamento globale in poche righe. Credo però che un paese come l’Italia abbia tutte le risorse e le potenzialità per accogliere milioni di viaggiatori a dormire e mangiare e fare escursioni e shopping, piuttosto che limitarsi ad offrire banchine per l’attracco di città galleggianti autosufficienti, che portano il massimo di profitto ai Cruise Operator proprio quando massimizzano la permanenza e la spesa a bordo da parte dei crocieristi. In questa direzione si sono mosse le realtà portuali più attente, cercando appunto di valorizzare il proprio ruolo di home port, e di massimizzare la spesa dei crocieristi sul territorio.
Al riguardo non esiste ancora una stima generale, ma solo poche valutazioni locali: se ne conoscono 3 casi su 30 porti crocieristici in Italia, mentre nelle Baleari funziona da anni un Osservatorio specifico molto puntuale. Ironia della sorte, una di queste analisi è stata realizzata proprio da Costa Crociere.
Concludendo sul tema delle escursioni, queste come noto vengono vendute essenzialmente a bordo, con un forte ricarico di nuovo a favore dei Cruise Operator. Per restare al caso del porto di Civitavecchia, il maggiore in Italia, si stima che ogni giorno di alta stagione non meno di 300 pullman partano alla volta di Roma per un tour organizzato. Gli effetti di questo traffico sulla Capitale forse non sono stati ancora valutati nella loro interezza, ma sono facilmente visibili anche solo frequentandone il centro storico.
P.S. Io invece in crociera ci sono andato, e non mi è dispiaciuto affatto…
Le liberalizzazioni nel settore dei trasporti sono ancora un cantiere aperto: il governo vi si sta applicando con crescente intensità . Dopo l’articolo 37 del decreto salva-Italia, adesso è il turno dell’articolo 36 e di vari punti degli articoli 26 e 27 dedicati ai servizi pubblici locali. I servizi ferroviari regionali tornano tra quelli assegnati tramite procedure di gara. E si inverte una tendenza anti-concorrenziale più volte denunciata dall’Antitrust. Sempre più centrale appare il ruolo della nuova Autorità dei trasporti. A questo punto va istituita in fretta.
Il decreto del governo in tema di liberalizzazioni coinvolge un insieme molto ampio di settori e attività . Con alcune tematiche trasversali. Bisogna resistere all’impulso di fornire stime immediate sui benefici attesi dai provvedimenti. Da evitare anche un approccio quasi contabile alla quantificazione degli effetti, che ignora come lo sviluppo della concorrenza operi sull’intera catena produttiva. La maggior flessibilità in settori fino a ieri protetti richiede ammortizzatori sociali calibrati sulle loro caratteristiche e interventi capaci di accompagnarne la riqualificazione.
Sui temi energetici, carburanti inclusi, i provvedimenti di liberalizzazione del governo sembrano andare nella direzione giusta, fermandosi però a metà strada. La separazione tra Eni e Snam Rete Gas, che avrebbe finalmente posto al centro del sistema gas nazionale un soggetto indipendente e neutrale, verrà definito solo nei prossimi sei mesi. Bene la misura che svincola i gestori-proprietari degli impianti di carburante da clausole di esclusiva nell’approvvigionamento. Ma un vero cambiamento epocale si avrebbe se si imponesse a Eni di cedere la sua rete di distribuzione.
Con l’apertura del tavolo sul mercato del lavoro, il governo Monti affronta un nodo cruciale del suo percorso riformatore. In questi giorni si è molto discusso del contratto unico di inserimento e del contratto di apprendistato, confondendo spesso le due tipologie contrattuali. Che invece si differenziano su alcuni punti essenziali. Per esempio, il contratto unico è a costo zero per le casse dello Stato, mentre non lo è quello di apprendistato. E si applica a milioni di lavoratori. Il contratto di apprendistato invece riguarda solo i giovani fino a 29 anni.
Gli interventi di liberalizzazioni del governo interessano anche i settori a entrata regolata. La direzione è quella giusta, ma resta la logica del contingentamento all’entrata. Cresce il numero di operatori, senza però affermare il principio generale del libero accesso all’attività economica. Dunque resta aperta la possibilità di ricostituire barriere all’ingresso. Soprattutto quando sono coinvolte le autorità locali, generalmente più sensibili alle lobby. Positiva l’istituzione del tribunale delle imprese. Costi ridotti per le società costituite da giovani.