Il corposo pacchetto di liberalizzazioni varato dal governo Monti si propone di rendere più competitiva l’economia italiana, intervenendo su una molteplicità di fronti.
Alcune delle misure adottate, pur avendo polarizzato l’attenzione dell’opinione pubblica, non sembrano destinate ad avere un impatto particolarmente rilevante su crescita e prezzi. Altre, quelle relative a imprese, trasporti, infrastrutture, energia, sono potenzialmente molto più rilevanti, ma la loro effettiva efficacia dipenderà in larga misura da come saranno implementate.
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Il viceministro Martone è balzato agli onori della cronaca per aver definito “sfigati” gli studenti che si laureano a 28 anni. È vero che in Italia esiste il problema della lunga durata degli studi. Ma se si guardano le statistiche, si vede che il percorso verso la laurea si allunga in particolare per gli studenti-lavoratori, per chi proviene da famiglie meno istruite e per chi studia nelle università del Sud. Insomma, una distribuzione delle opportunità asimmetrica nella società e nel territorio del nostro paese. Dichiarazioni provocatorie e discredito delle istituzioni.
Grazie mille dei commenti.
La prima questione da affrontare è il ruolo dei Trattati europei nel processo di liberalizzazione. Come noto, i Trattati promuovono il rispetto delle quattro libertà , la libera circolazione di beni, servizi, capitali e persone, il che non necessariamente implica l’adozione di una regolazione proporzionata agli interessi generali perseguiti. Per esempio, in materia di farmacie, la Corte di Giustizia ha sostenuto in una recente sentenza (19 maggio 2009) che la normativa nazionale che limita la gestione delle farmacie da parte di non farmacisti non è di per se incompatibile con le disposizioni del Trattato. La questione che pongo nel mio intervento, tuttavia, non riguarda lÂ’eventuale contrasto dellÂ’assetto regolatorio nazionale con le norme comunitarie. Alla luce della giurisprudenza della Corte, spetta infatti agli Stati membri individuare il bilanciamento ottimale di interessi tra tutela della salute e concorrenza. Come ho scritto nell’articolo pertanto, la presenza di un farmacista è necessaria nella fornitura al pubblico di farmaci e probabilmente è anche necessario affidare a un farmacista la responsabilità della farmacia, ma non necessariamente la sua proprietà . Relativamente ai farmaci da banco, se è vero che un farmacista può aiutare il consumatore nelle sue scelte, è anche vero che può essere sufficiente una corretta informazione sulla confezione, lasciando libero il cliente. Infatti se desidero acquistare 100 confezioni di aspirina posso farlo liberamente, quindi cosa evita la presenza di un farmacista relativamente ai farmaci da banco, non è chiaro.
Sui tassisti, obiettivo della politica pubblica dovrebbe essere l’eliminazione delle artificiali rendite di posizione associate alla regolazione ingiustificatamente restrittiva. La concorrenza conduce infatti alla struttura del mercato più favorevole per soddisfare la domanda dei consumatori e va limitata solo in presenza di interessi generali da tutelare. Altrimenti si rischia di proteggere gli interessi costituiti, non i consumatori. Sfruttamenti eccessivi di lavoratori precari, quali quelli evocati da un lettore e ipoteticamente associati al diffondersi delle società di taxi, vanno combattuti dalla normativa sul mercato del lavoro, non dalla regolazione degli accessi.
Infine, la regolazione della grande distribuzione è volta a tutelare interessi generali, quali il traffico, l’arredo urbano, l’urbanistica, non a proteggere altre forme distributive. La questione è che la modernizzazione della distribuzione commerciale produce effetti che non rimangono confinati all’interno del comparto, ma si estende all’intero sistema economico con ricadute importanti sulla distribuzione all’ingrosso e sulla stessa industria manifatturiera, oltre che naturalmente sul benessere dei consumatori.
Nel dibattito sull’articolo 18 è utile confrontare il valore sociale della tutela rispetto al costo che comporta. Nonostante sia una forma di garanzia poco efficiente e ancor meno equa, i sindacati e i lavoratori le attribuiscono un alto valore simbolico. D’altra parte, l’analisi della propensione delle imprese a crescere in prossimità della soglia dei 15 dipendenti suggerisce che il costo sia modesto. Questa evidenza mette in dubbio che una riforma del mercato del lavoro debba necessariamente iniziare proprio dalla revisione dell’Â’articolo 18.
Il fiscal compact, approvato ieri da venticinque paesi dell’Unione Europea, ridotto in pillole contiene due regole. La prima (da alcuni definita, non si capisce bene perché, golden rule) è il pareggio di bilancio, o meglio il divieto per il deficit strutturale di superare lo 0,5 per cento del Pil nel corso di un ciclo economico. La seconda regola fissa un percorso di riduzione del debito pubblico in rapporto al Pil: dovrà scendere ogni anno di 1/20 della distanza tra il suo livello effettivo e la soglia del 60 per cento.
Il progetto di fusione tra Unipol, Premafin e Fonsai, oggetto di un recente intervento sulla Voce.info, è stato da poco modificato su sollecitazione del presidente della Consob. Pur non lanciando l’Opa su Fonsai, Unipol non comprerà più a caro prezzo Premafin (il che avrebbe consentito alla famiglia Ligresti di incassare una sostanziosa buonuscita), ma si limiterà ad apportare a quest’ultima 300 milioni di mezzi freschi attraverso un aumento di capitale riservato, diventando il nuovo socio di controllo.
Il vecchio progetto presentava ben due aspetti scandalosi: premiava di fatto la famiglia Ligresti colpevole del dissesto con un premio di maggioranza pari a circa sette volte il valore di mercato e prevedeva l’Opa solo per Premafin (la controllante) ma non per le società assicurative controllate.
Non ci sono più vincitori, ma soltanto vinti: nessuno incassa il premio per il controllo e i fondi freschi finiscono tutti alla bisognosa Fondiaria Sai.
Tutto bene? Quasi. Innanzitutto, non dimentichiamo che anche questo nuovo piano è stato concepito insieme ai vecchi soci di controllo e ai loro creditori; è possibile dunque che nei dettagli dell’operazione – ancora ignoti – si nasconda un premio di consolazione, magari sostanzioso, per chi oggi sembra aver perso un giro. Del resto, la scelta di investire in Premafin anziché versare i soldi direttamente nelle malandate casse di Fonsai si spiega solo con la volontà di rendere un po’meno traballanti i debiti della prima verso alcune grandi banche. E in ogni caso, rende difficile parlare di salvataggio tout court della compagnia assicurativa, rendendo quanto meno incerta l’esenzione dall’Opa a cascata. Inoltre, la frettolosa operazione di cosmesi ha travolto anche gli azionisti di Premafin, che fino a ieri sembravano gli unici premiati dall’Opa e che lunedì hanno visto le quotazioni crollare del 30 per cento.
Infine, sorprende l’attivismo di una Consob che non si limita a fissare poche buone regole e a farle rispettare, ma consiglia, sussurra, persuade; magari preservando, come ai bei tempi andati delle Opa bancarie, l’italianità dei campioni nazionali. Tanto più che stavolta, complici la crisi finanziaria e le tensioni dell’Eurozona, nessun lanzichenecco aveva varcato lÂ’arco alpino brandendo un’Â’Opa ostile. Le autorità di vigilanza devono essere arbitri imparziali e limitarsi a fischiare, se del caso, il rigore: suggerire all’Â’attaccante da che parte tirare non rientra precisamente nei loro compiti.
La relazione di compatibilità economica della Commissione Roma 2020 mostra l’impatto positivo in termini economici di una candidatura della capitale alle Olimpiadi e Paralimpiadi del 2020. Analizzando a fondo la relazione, emerge che da un punto di vista metodologico sono state fatte scelte che hanno come conseguenza la convenienza del progetto. Ne deriva che la Commissione ha effettuato una valutazione che sovrastima alcuni benefici dell’evento, e va quindi presa con cautela.
È possibile tagliare il costo che i piccoli uffici giudiziari rappresentano per lo Stato e al tempo stesso salvare la giustizia di prossimità ? Sì, chiedendo agli enti locali di assumerne la gestione diretta. Le Regioni sono interessate a una giustizia civile veloce ed efficace a sostegno del tessuto delle loro imprese. E, soprattutto al Nord, dispongono della risorsa che oggi manca negli uffici giudiziari: il personale radicato sul territorio. Per le Regioni è l’occasione di assumersi gli onori e gli oneri del federalismo. E di dimostrare di saper fare di più e meglio dello Stato.
 Da quattro anni, ogni volta che le agenzie di rating emettono i loro verdetti si scatena il putiferio, con il solito corredo di accuse su complotti politici e conflitti di interessi. Ma la disciplina delle agenzie di rating negli ultimi tempi ha fatto importanti passi avanti, che non devono essere sottovalutati. Quello che ancora manca è un processo che attenui il rilievo del rating nelle regole di vigilanza. E che soprattutto valorizzi l’autonomia di giudizio e il ricorso a una pluralità di fonti informative da parte di banche e investitori.