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EUROBOND: LE PROPOSTE SUL TAPPETO

Eurobond, Project bond, EuroUnionBond campeggiano sulle pagine dei giornali. Possono sembrare tutti uguali, ma non lo sono. Cerchiamo di capirci qualcosa, mettendo in evidenza gli elementi essenziali di ciascuna proposta, le differenze che le caratterizzano e i rispettivi pregi e difetti.

BCE: COME DIVENTARE UNA BANCA CENTRALE CREDIBILE

Ritorniamo sulla proposta di un programma di “Quantitative easing”. La Banca centrale europea dovrebbe adottarlo per affrontare la crisi del debito sovrano in Europa. Acquistando sul mercato secondario in modo sistematico titoli degli stati in sofferenza con un piano pre-annunciato con trasparenza, ampio, e non rivolto selettivamente a un solo membro dell’Unione monetaria. Ecco perché, nonostante varie critiche a questo strumento, la Bce guadagnerebbe credibilità.

TFR IN BUSTA PAGA, UN PROGETTO DA DIMENTICARE

L’’ipotesi di trasferire il Tfr in busta paga rappresenta una scorciatoia pericolosa riguardo all’’obiettivo dichiarato di un sostegno ai consumi delle famiglie. Questa misura aggraverebbe la fiscalità che pesa sulle famiglie stesse e le priverebbe di uno dei pochi strumenti di sostegno al loro risparmio, peraltro caratterizzato, a livello aggregato, da un trend discendente con un impatto negativo sulla nostra stabilità macroeconomica e finanziaria.

 

BANCHE SOTTO STRESS TEST

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CRESCITA MONDIALE: RIMANE SOLO LA CINA

Il timore di una nuova recessione in America e in Europa affonda le Borse. La Cina è l’unica area del mondo che per ora non rallenta e rimane l’ultima speranza di crescita per l’economia mondiale. Nel 2008 la crescita cinese non bastò per evitare la Grande Recessione. Ma oggi l’economia cinese è più grande di allora e la sua crescita più radicata in Asia. Le imprese che  vorranno approfittarne dovranno essere presenti in Cina con marchi e forze di vendita.

I NUMERI DELLA MANOVRA A MEZZA ESTATE

Tre manovre in sei settimane. E c’è da scommettere che non sarà l’ultima data l’incapacità del governo di rimediare ai suoi errori. Aggiorniamo i numeri. La manovra è salita a 55 miliardi, 15 in più di quella di inizio luglio. A regime gli aumenti delle tasse contano per il 63 per cento dell’aggiustamento. Se si aggiungono anche i tagli agli Enti locali compensati da aumenti delle addizionali Irpef, si raggiunge il 75 per cento. Queste tasse gravano in gran parte sul lavoro anziché sulle cose, indebolendo la sempre più fragile ripresa.

COME IL PEGGIOR GOVERNO BALNEARE

I cittadini italiani e i mercati internazionali si aspettavano una manovra che tagliasse la spesa pubblica ed in particolare i costi della politica. Si ritrovano con una classica manovra da governo balneare, fatta di nuovi balzelli che ricadono sulle spalle dei soliti noti, i lavoratori dipendenti. Era difficile fare peggio.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Desideriamo innanzitutto ringraziare i lettori che hanno commentato il nostro articolo e che hanno fornito indicazioni per utili approfondimenti. Un ulteriore segno di quanto la tematica energetica sia ritenuta fondamentale per il nostro Paese.
Vorremmo innanzitutto sgombrare il campo da ciò che sembra essere un equivoco emerso in alcuni commenti. Nell’articolo non prendiamo alcuna posizione a favore o contraria alle contestazioni; anzi: quello che abbiamo fatto è stato semplicemente applicare ciò che gli studenti di economia imparano come l’Assioma delle Preferenze Rivelate. In altre parole, abbiamo osservato le scelte (non di consumo, bensì di voto e di protesta) dei cittadini e da queste scelte abbiamo cercato di dedurre le preferenze, in campo energetico, degli stessi cittadini. La nostra ipotesi è che il comportamento degli individui indichi una preferenza che va nella direzione dell’efficienza e del risparmio energetico, preferenza che, peraltro, emerge chiaramente anche da alcuni commenti all’articolo.
Diversi commenti sottolineano inoltre come le contestazioni agli impianti energetici non costituiscano necessariamente Nimby tout court, bensì vere e proprie proteste contro la natura stessa degli investimenti. In effetti, concordiamo sul fatto che l’acronimo Nimby sia utilizzato ormai con un’accezione molto ampia. Il termine originale di Nimby si riferisce infatti alle contestazioni sulla mera localizzazione di un’opera, i cui benefici sono però riconosciuti da tutti, anche dai contestatori. Il rapporto dell’Osservatorio chiarisce peraltro sin dall’inizio che le contestazioni riportate non sono tutte Nimby in senso stretto e che, dunque, le opposizioni potrebbero riguardare addirittura l’opportunità stessa delle opere. Tutto ciò non inficia minimamente il nostro ragionamento; anzi è evidente che lo rinforza.
Infine, una seria pianificazione energetica dovrebbe ovviamente tenere conto sia delle necessità di produzione e consumo sia della sensibilità della popolazione al tema. Per questo motivo, non siamo d’accordo con chi auspica un ruolo maggiore delle Regioni, nonostante l’art. 117 della Costituzione includa la “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” tra le materie a competenza concorrente Stato/Regioni. Ancora meglio, se mai fosse possibile, sarebbe una pianificazione energetica a livello sopranazionale se non addirittura europeo.
Ovviamente un breve articolo come il nostro non può esaurire tutte le curiosità sul tema. Per queste, rimandiamo ai più completi contributi di NimbyForum stesso e di Banca d’Italia.

LA RIVOLTA NELL’ERA DELLO SHOPPING

Le cause profonde dei disordini nel Regno Unito non sono da individuare nella crisi della convivenza tra diverse etnie. Ma nelle disuguanze sociali, rese più drammatiche dalla crisi economica. È questo il malessere del paese. Che si esprime senza motivazioni politiche con forme di violenza giovanile, con il saccheggio di oggetti di marca. Una rivolta anche contro i furbetti del mondo della finanza che sfrecciano impuniti su auto di lusso.

QUEL VIRUS CHE ARRIVA DALLA GERMANIA

Se l’euro esiste è perché Mitterrand e Kohl si accordarono su uno scambio: l’unificazione della Germania dopo la caduta della Ddr contro la rinuncia al marco tedesco a dimostrazione dell’impegno per un’Europa non solo unita ma anche coesa. Ora, però, i tedeschi se ne sono dimenticati e non sono più disposti a pagare il prezzo di una Unione monetaria che si estende dal loro ricco e ordinato paese ad altri in condizioni diametralmente opposte.

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