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MA LE QUOTE DI GENERE FUNZIONANO

Sono poche le donne elette in Parlamento e nelle amministrazioni locali. Per ovviarvi molti paesi hanno introdotto quote di genere. Anche in Italia sono state in vigore per un breve periodo. Con quali effetti? La percentuale di seggi occupati da donne nei consigli comunali è cresciuta dal 7,6 al 18,4 per cento. Un andamento confermato anche dopo l’abolizione della norma. E le elette sono più istruite dei colleghi maschi.

DUBBI DA UN MATRIMONIO

Pubblichiamo il testo del discorso pronunciato da Tommaso Padoa-Schioppa il 21 dicembre 2007 al London Stock Exchange Christmas Party. Nel suo intervento, l’allora ministro dell’Economia spiegava le ragioni che lo avevano portato a preferire per Borsa italiana una soluzione diversa dall’alleanza con il mercato della City. Le recenti vicende , con conseguenti ripensamenti sull’opportunità della fusione, riportano d’attualità quelle considerazioni.

GLI INCENTIVI FANNO BENE ANCHE ALLA CONSOB

Il Governo deve nominare il presidente e un commissario della Consob. L’indipendenza è un requisito fondamentale. Ma servono anche competenze tecniche per tutelare la trasparenza dei mercati finanziari e prevenire frodi. Un ripensamento della struttura dei compensi del personale, con l’introduzione di incentivi, aiuterebbe a passare da una mentalità burocratica a un atteggiamento più focalizzato sui risultati. Di informazione finanziaria si discuterà al prossimo Festival dell’Economia di Trento.

INDIETRO TUTTA

Ieri il Ministro Bossi ha annunciato che i partiti della maggioranza prenderanno il controllo delle banche. Pare che i loro elettori glielo chiedano. In realtà è una vecchia ossessione della Lega. Bossi comunque mette il dito su un punto importante: le fondazioni bancarie sono oggi del tutto auto-referenziali. I loro vertici sono spesso l’ultimo baluardo dei vecchi partiti, un pezzo della Prima Repubblica che è ancora con noi. Chi rappresentano? Quali sono i loro obiettivi? Sono domande legittime. Le fondazioni influenzano, come azionisti, le scelte dei vertici e le strategie delle loro banche da una parte e spendono la loro quota di profitti per attività sociali. Il loro potere è dunque notevole ma a fronte di esso non si capisce a chi rispondano del proprio operato dei vertici delle fondazioni. Le convulsioni di questi giorni all’interno della Compagnia di San Paolo lo dimostrano in tutta evidenza. Bossi, in modo populista, dice essenzialmente: i politici hanno almeno ricevuto i voti dei cittadini. Dunque ad essi devono rispondere i vertici delle banche. Ma come utilizzerebbero i partiti il loro potere? Facile. Come facevano i partiti della prima Repubblica: per favorire imprenditori e società a loro amici e sfavorire quelli nemici. Per far deviare le banche dal perseguire l’obiettivo di profitto a favore di fini sociali non meglio identificati. Come del resto farà la nascitura Banca del Mezzogiorno. Insomma, questo è il sigillo finale, quello che chiude la breve stagione italiana delle privatizzazioni. Indietro tutta, senza pudore, verso il controllo politico del mercato del credito. Le banche, non solo quelle italiane, hanno dato una pessima prova di sé negli ultimi anni. I salvataggi fatti con i soldi dei contribuenti hanno giustamente posto il problema di definire un miglior sistema di controllo dell’attività bancaria. Ma la risposta non è certo una maggiore presenza dei partiti nella vita delle banche. Dalla politica ci si dovrebbe aspettare la lungimiranza di fare un passo avanti, mettendo mano al nodo delle fondazioni e salvaguardando al contempo l’indipendenza delle politiche del credito dall’ingerenza dei partiti. E anche le fondazioni potrebbero beneficiare da un maggior distacco dalle banche, dato che in ogni caso i dividendi che esse pagheranno nei prossimi anni saranno presumibilmente ridotti.  Ma questo è chiedere troppo ai nostri politici. Perché il vincitore delle elezioni dovrebbe rovesciare il tavolo quando è il suo turno di mangiare?

GIOCOLIERI CON LE CIFRE

In tempo di crisi, capita spesso che i numeri sull’andamento dell’economia non piacciano ai governi. In Italia si cerca di oscurare i dati più importanti con una marea di indicatori parziali, non poche volte irrilevanti o costruiti in modo tale da essere del tutto fuorvianti. E si rifiuta il sistema con cui l’Istat mette insieme tutte le informazioni in indicatori aggregati. Noi continuiamo a difendere le fonti statistiche ufficiali e a pensare che i dati sui redditi medi offrano un’idea più precisa del benessere degli italiani di quelli sulle esportazioni.

MEDIA BUGIARDA ANCHE PER I PENSIONATI

I dati della Banca d’Italia segnalano che nel 2008 il reddito delle famiglie di pensionati è aumentato del 3,2 per cento, in controtendenza con la riduzione del 4,2 per cento rilevata per il complesso dei nuclei familiari italiani. Ma le famiglie non sono tutte uguali. Per capire come stanno veramente le cose bisogna andare oltre le medie e analizzare la distribuzione dei redditi. Si scopre allora che per le famiglie di pensionati più poveri il reddito scende del 4,4 per cento, mentre cresce del 5,9 per cento in quelle dei più ricchi.

GRECIA, ORA IL PERICOLO È LA FUGA DAI DEPOSITI

Le notizie che giungono dalla Grecia segnalano che la situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro. Finora l’attenzione è stata tutta concentrata sulle necessità di finanziamento del settore pubblico. Ma la scorsa settimana ha fatto intravedere una possibile improvvisa crisi di liquidità del sistema bancario di quel paese, con elevato rischio di contagio internazionale. L’accordo dell’11 aprile tra i ministri dell’Eurogruppo è un passo avanti, ma ampiamente al di sotto di quanto sarebbe necessario e urgente.

LACRIME DI COCCODRILLO SULLA BORSA ITALIANA

Le vicende del rappresentante di Borsa italiana nel board di London Stock Exchange hanno riaperto la discussione sull’alleanza siglata tre anni fa. Ma davvero il controllo di Lse danneggia le possibilità di raccolta di capitali delle nostra imprese? In realtà, le aziende italiane, soprattutto le piccole e medie, restano lontane dal listino e preferiscono ricorrere alle banche. E le risposte a questo antico problema non sono da ricercare nelle strutture della Borsa, ma in tre nodi irrisolti, che riguardano il sistema industriale, quello bancario e politiche fiscali inadeguate.

PIL PRIVATI E PIL PUBBLICI

L’Amministratore di Banca Intesa, Corrado Passera ha tenuto una lezione magistrale a Lucca, ampiamente ripresa sulle colonne del Sole24ore. Occasione offerta dall’apertura dell’Anno accademico dell’Institute for Advanced Studies, istituto finanziato dalla sua banca e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, azionista di Banca Intesa. Passera ha sostenuto che il Pil è un indice senza qualità, che il reddito pro capite non tiene conto di molti altri fattori che contano molto di più sul benessere degli individui. In sintesi, forse sarebbe meglio dire in soldoni, non c’è solo il reddito. Bene. Ma mentre pronunciava la sua prolusione, venivano resi pubblici i dati sul compenso che lo stesso Passera si è riconosciuto per il 2009, l’anno più nero per le banche di tutto il mondo. Si tratta di quasi 4 milioni di euro, con un incremento del 27 per cento rispetto ai compensi che l’AD si era riconosciuto l’anno precedente. Se il Pil pubblico è senza qualità, sembrerebbe che il Pil privato non gli dispiaccia poi tanto…

E SULLE PROFESSIONI SOFFIA IL VENTO DELLA CONTRORIFORMA

Le liberalizzazioni non sono certo al primo posto dell’agenda economica del governo. E ora si smontano anche i pochi provvedimenti riformatori fatti in Italia negli ultimi quindici anni. Ne è un esempio la riforma della professione forense, che farà da modello per le altre categorie. Il tutto giustificato con la difesa dei più deboli. Ma secondo la teoria economica, le tariffe minime facilitano la collusione fra gli operatori e costituiscono una barriera all’entrata. Due fattori che favoriscono chi è già nel mercato a scapito dei giovani professionisti.

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