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DILEMMI GRECI

Il rifinanziamento sui mercati è a costi ritenuti insostenibili, ma finché quella dei mercati resta un’opzione aperta, dalla Unione Europea non arriverà nessun aiuto. Per uscire dallo stallo la Grecia potrebbe rivolgersi al Fondo monetario internazionale. Con quali vantaggi? Un risparmio, ma neanche troppo significativo, sul servizio del debito. Sull’altro piatto della bilancia c’è però il fatto che cosi facendo la Greci brucia i ponti verso i suoi partners Europei e che le somme offerte dall’Fmi non sarebbero sufficienti a risolvere la situazione.

UN NUOVO SISTEMA DI GARANZIA DEI DEPOSITI

L’assicurazione dei depositi è efficace nella prevenzione del panico bancario, ma indebolisce la disciplina di mercato su management e azionisti e crea azzardo morale. Necessario dunque un nuovo schema europeo di garanzia dei depositi per i gruppi bancari cross-border. Se ne analizzano i principi nel secondo dei quattro interventi di sintesi del Rapporto Ceps-Assonime: garanzia limitata ai soli depositi retail, fondo finanziato con contributi basati sul rischio intrinseco delle banche e meccanismi non discrezionali di intervento delle autorità di vigilanza se il gruppo non è adeguatamente capitalizzato.

IL TEMPO DELLE RELAZIONI PERICOLOSE TRA POLITICI E IMPRESE

Gli appalti pubblici sono vulnerabili alla corruzione. Ma come si sviluppano quelle relazioni preferenziali tra politici e imprese che possono esserne l’anticamera? Nelle amministrazioni locali un fattore decisivo è il numero dei mandati ricoperti da un sindaco. Se viene rieletto per una seconda volta si verifica una sistematica riduzione nel numero di partecipanti alle aste, a cui corrisponde un maggior costo per la realizzazione dell’opera e un maggior aggravio per le finanze pubbliche.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Sono davvero molto grato ai lettori per i vari commenti al mio articolo sull’ipotesi di creazione di un Fondo monetario europeo (Fme). Nel rispondere comincerò dal commento di Daniel Gros che, con Thomas Mayer, ha proposto in un recente articolo, la creazione di un Fme che costituerebbe “uno strumento utile per aumentare la disciplina (fiscale) e per rafforzare la presenza europea nel Fmi”. Ovviamente questo non eè il luogo ideale per commentare con precisione la proposta, abbastanza corposa, di Gros e Mayer. Piuttosto la presente discussione dovrebbe essere cosa fare con la Grecia e con altri paesi in difficoltà ora; non come risolvere i possibili problemi finanziari dei paesi europei tra dieci o venti anni, quando il Fme, come proposto da Gross e Mayer, avrebbe accumulato le risorse finanziarie necessarie (con i contributi annuali al Fme dei paesi membri) per aiutarli. Un’altra difficoltà è che i paesi membri, che già hanno grossi problemi finanziari in questo momento e li avranno negli anni futuri, si addosserebbero ora il peso addizionale di dover contribuire le loro quote annuali al Fme. Queste quote, secondo la proposta, sarebbero più pesanti specialmente per i paesi con debiti pubblici ed indebitamenti netti più alti. Cioè esattamente per i paesi con più difficoltà a contribuire al Fme.
Domenico Taddeo propone un Fme di garanzia dei debiti pubblici dei paesi membri. Sarebbe gestito dalla Bce che riceverebbe da ogni paese un premio di garanzia commisurato all’entità del debito e del deficit dei paesi. Il rischio d’insolvenza e la responsabilità di misurare il rischio per paese per determinare il premio di garanzia passerebbero alla Bce. Per un paese, almeno in teoria, il costo del credito sarebbe lo stesso perchè il pagamento alla Bce, per trasferire il rischio, dovrebbe essere lo stesso che il costo più alto del debito ottenuto senza la garanzia della Bce. La Germania non acetterebbe mai questo trasferimento di rischio alla Bce; e neppure la Bce si metterebbe mai in quelle condizioni. È facile immaginare le pressioni politiche che questa proposta creerebbe per la Bce.
Paolo Todeschini discute la possibilità di una rappresentanza unica europea nel Fondo monetario internazionale (Fmi). L’idea è molto discussa. Ci sono ovviamente enormi problemi da risolvere. Per esempio quale paese rappresenterebbe l’Europa nel consiglio esecutivo del Fmi? Lo farebbe imparzialmente senza pressioni dal governo del suo paese? Che pericolo c’è che nel cambio dalla situazione attuale alla rappresentanza unica l’Europa perderebbe parte del suo potere di voto? È proprio vero che il cambio darebbe più potere al’Europa? Avendo trascorso 27 anni nel Fmi, sempre in posizioni abbastanza alte, non ne sono convinto.
L’idea di Mario Savioli di usare l’oro delle riserve della Banca d’Italia per pagare parte del debito pubblico è una vecchia e credo cattiva idea. La Banca d’Italia ha accumulato l’oro in parte creando debiti contro se stessa. E l’oro rappresenta una garanzia importante. Recentemente il governatore della Banca centrale dell’Argentina si è dimesso proprio per questa politica da parte del governo argentino. La Bce non lo permetterebbe. I calcoli presentati da Mario Savioli non mi sembrano coretti. Il valore totale dell’oro della Banca d’Italia è molto meno del debito pubblico italiano.
Sul commento di Claudio Bellavita è sufficiente ricordare i problemi che i Cds hanno creato negli ultimi anni al sistema finanziario. Non creamone degli altri.
Sono d’accordo con il commento di Paolo Gelain ma vorrei ripetere quanto già scritto nel mio articolo, che i problemi dei conti pubblici dei paesi dell’Unione Europea non derivano da oneste politiche anticicliche ma da cicli elettorali e da finanza facile.

FONDO MONETARIO EUROPEO, UNA PESSIMA IDEA

Chi sostiene la necessità di creare un Fondo monetario europeo non si rende conto delle sue implicazioni e delle condizioni necessarie per un buon funzionamento. Al di là del fatto che il Trattato europeo impedisce che un paese sia salvato dagli altri stati membri, i fautori dell’Fme dovrebbero rispondere a una domanda fondamentale: cosa accade se un paese in difficoltà non rispetta gli impegni assunti? Perché si corre il rischio di arrivare a una totale indisciplina di bilancio. Da non sottovalutare la questione del finanziamento.

LA PASSIONE DI AL-QAIDA PER GLI AEREI

Dopo l’11 settembre, tutti i tentativi di attentati terroristici ad aerei sono falliti: perché allora al-Qaida continua a progettarli? Tanto più che avrebbe un’ampia scelta di obiettivi occidentali meno protetti. Certo, facendo cadere un aereo si ottiene il massimo risultato con il minimo sforzo. Ma forse la ragione sta proprio nel fatto che per rassicurare i propri cittadini, i governi occidentali si sono esplicitamente concentrati sul rafforzamento delle misure di sicurezza negli aeroporti e sui voli. Mostrare che sono ancora vulnerabili è già di per sé un successo.

UN COMMENTO DI BRUNO JAFORTE ALL’ARTICOLO DI BERIA E RAMELLA – LA REPLICA DEGLI AUTORI

L’articolo segnala che “negli ultimi anni anche molte città di piccola e media dimensione hanno voluto imitare le grandi aree urbane progettando linee metropolitane di dubbia utilità. Ultima la dichiarazione del sindaco di Aosta (35 mila abitanti) che vede con favore l’idea di una metropolitana”.
Inoltre si osserva che, mentre nelle grandi città e nelle estese conurbazioni le reti di linee di metropolitana costruite nel tempo assorbono una consistente aliquota della mobilità generale, nelle recenti realizzazioni il loro uso è una modesta frazione della capacità disponibile.
A conferma di ciò si cita l’esempio di Torino dove l’unica linea attivata da due anni avrebbe trasportato circa 90 mila passeggeri al giorno, contribuendo a ridurre il traffico privato complessivo di poco più dell’1 %. Analogo risultato sarebbe stato conseguito a Tolosa, con la linea dello stesso tipo di quella di Torino, entrata in servizio nel 1993.
Invero il dato di traffico registrato è da ritenere soddisfacente, specialmente dopo soli due anni di esercizio, e conferma la correttezza della scelta effettuata; d’altro canto è ovvio che una singola linea non può dare più di quanto consente la sua “zona di influenza”.
Gli incomparabili vantaggi del servizio offerto dal sistema di trasporto metropolitano rispetto a quello dei sistemi di trasporto di superficie in termini di velocità, di frequenza e di puntualità (per citare soltanto i requisiti più richiesti), induce in molti casi i potenziali utenti a servirsi della metropolitana anche se la distanza della stazione è maggiore di quella usualmente accettata, ma sempre entro certi limiti.
Ben più attraente e gradita è la possibilità di passare da una linea ad un’altra di un sistema esteso e articolato; senza alcun dubbio quello che viene definito “effetto rete” diversifica e moltiplica le possibilità di scelta di itinerari e quindi il contributo alla mobilità generale risulta tanto maggiore quanto migliore sia stata la scelta progettuale della rete.
Ma gli autori hanno trascurato di prendere in considerazione l’altra esigenza, più importante, che dovrebbe guidare nella scelta della tipologia dell’infrastruttura e nello sviluppo del relativo progetto: il contenimento del costo di gestione.
Infatti è ben noto che la gestione dei servizi di trasporto pubblico locale (TPL) risulta particolarmente onerosa a causa della loro intrinseca incapacità di produrre reddito; da questa deriva la necessità delle amministrazioni locali di affidare la gestione stessa (teoricamente mediante appalti pubblici) con i “contratti di servizio”, strumento legalizzato per coprire almeno il deficit di esercizio delle aziende che effettuano il trasporto pubblico locale.
Nel 1983, a Lille, vennero attivate le prime linee di metropolitana leggera automatica (MLA) realizzate al mondo e dopo pochi anni la amministrazione cittadina rese noto che la gestione di questo nuovo tipo di infrastruttura aveva cominciato a dare risultati di bilancio positivi, con la concreta speranza di progredire nella entità dell’utile.
Successivamente altre città hanno seguito l’esempio di Lille, e tra di esse Torino. Pertanto, in attesa che l’entrata in servizio di altre linee cominci a produrre l’effetto rete di cui si è fatto cenno prima, intanto sarebbe desiderabile avere notizie dettagliate ed attendibili sui risultati di gestione della linea già in funzione.
Se, nel tempo, si dimostrasse che la realizzazione di ben studiate reti di MLA consente di ottenere sostanziose economie di esercizio, o addirittura un utile, si dimostrerebbe altresì che esse sono l’unico sistema di trasporto idoneo ad attenuare i problemi della mobilità generale che sempre più affliggono le nostre città.
In particolare ne trarrebbero concreti benefici quelle con centri storici di rilevante interesse quali sono in pratica la maggior parte delle principali città italiane

Una linea può essere un successo dal punto di vista ingegneristico o anche solo della risposta dell’utenza. Ma questo non significa che la collettività abbia necessariamente “guadagnato” da quell’investimento. Nel nostro articolo non giudichiamo se una linea si è “comportata bene”, cioè ha una buona utenza o meno. Il punto sul quale auspichiamo una riflessione è la opportunità di investire ingentissime risorse pubbliche in una (o mezza) metropolitana, piuttosto che in politiche più diffuse e leggere a beneficio di tutti. Le meravigliose performance della linea, purtroppo, saranno godute solo dai pochi (rispetto al totale dei torinesi) che si muovono su quel preciso percorso. In linea teorica (speriamo non sia il caso di Torino), una linea potrebbe addirittura tradursi in uno svantaggio per la città, se quell’investimento, in tempi magri, toglie risorse al resto del trasporto pubblico.
Sull’effetto rete da lei ricordato non possiamo aggiungere molto: è ovvio che più la rete si estende, più vi sono connessioni e più aumenta l’utenza complessiva. Ma rimane, come sempre, lo scoglio delle risorse: a cosa dobbiamo rinunciare per avere quella rete? Agli autobus? Agli ospedali? O dobbiamo aumentare le tasse per tutti?
Infine, il tema dei risparmi. Lei dice che “Se, […], si dimostrasse che la realizzazione di ben studiate reti di MLA consente di ottenere sostanziose economie di esercizio, o addirittura un utile, si dimostrerebbe […]”. Ecco, qui sta il punto: la dimostrazione da lei richiesta noi non ce l’abbiamo (ma abbiamo molti, molti, dubbi guardando a tutte le città del mondo…). La potrebbero fornire solamente i bilanci dell’azienda, corredati da una trasparente analisi indipendente (ex-post in questo caso) dei costi (tutti, anche l’investimento) e dei benefici.

Paolo Beria e Francesco Ramella

UN NUOVO SISTEMA DI REGOLE PER LE BANCHE CROSS-BORDER

Come garantire la stabilità del sistema finanziario senza rinunciare ai benefici dell’innovazione e alla dimensione globale e multifunzionale delle istituzioni? Cerca di rispondere a questa domanda un rapporto di Ceps-Assonime. Ne pubblichiamo una sintesi, suddivisa in quattro interventi. Iniziamo dalla nuova architettura regolamentare dei gruppi bancari cross-border, fondata sul contenimento dell’azzardo morale per i banchieri e sull’effettiva possibilità di fallimento per tutte le istituzioni finanziarie. Nei prossimi numeri de lavoce.info proporremo gli altri tre articoli che completano l’analisi.

COME TENERE A BADA I CONFLITTI D’INTERESSE IN SOCIETÀ

La Consob ha emanato il nuovo Regolamento sulle operazioni con parti correlate, che introduce una disciplina radicalmente innovativa delle operazioni compiute dalla società con controparti legate da rapporti particolari, operazioni particolarmente adatte a estrarre dalla società “benefici privati”, ovverosia non condivisi con gli azionisti di minoranza. Una buona notizia per la borsa e per l’economia nazionale.

L’INFORMATICA DOPO LA CRISI

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione possono svolgere un ruolo centrale nell’uscita dalla crisi. Il settore attraversa però un momento particolarmente negativo nel nostro paese. E si invoca maggiore spesa pubblica. Che è utile solo se ha come obiettivo primario la crescita complessiva del mercato, qualitativa oltre che quantitativa. In particolare, l’intervento pubblico può accelerare la maturazione complessiva del mondo dell’offerta, a patto che utilizzi misure veloci, certe, affidabili nei tempi e nell’entità.

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