Lavoce.info

Categoria: Argomenti Pagina 782 di 1100

IL PECCATO ORIGINALE DELL’AREA EURO

Per molti anni, i paesi dell’area euro hanno preso a prestito emettendo titoli denominati nella valuta comune. Che sembrava produrre una difesa automatica dai problemi associati con il “peccato originale”, mettendo i grandi debitori al riparo dai movimenti del cambio. Non è più così. Non solo l’Europa nel suo complesso, ma anche i paesi forti si avvantaggerebbero da una ripresa di investimenti e spesa. Rimane il problema di come renderla possibile, in una situazione di logoramento fiscale diffuso dopo ventiquattro mesi di crisi e parecchie ombre sui segnali di ripresa.

LA PRODUZIONE INDUSTRIALE AI MASSIMI. ANZI, NO.

Lo spazio, come il tempo, è tiranno e quindi capita che i titoli dei giornali e dei tg offrano drastiche semplificazioni della realtà. Sarebbe meglio che la semplificazione aiutasse i lettori a capire che la crescita è ricominciata ma che la fine del tunnel è ancora lontana, anziché alternare titoli catastrofici e messaggi rassicuranti a seconda dei giorni. Ecco un esempio sui dati di produzione industriale. Dei problemi dell’informazione si discuterà al prossimo Festival dell’Economia di Trento.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Molte grazie ai lettori per i commenti e per il tentativo di dibattito auto-regolamentato stile blog che è purtroppo non proprio adatto al format del nostro sito.
Una maggioranza relativa dei lettori prevede che la Grecia uscirà dallÂ’euro o almeno condivide lÂ’idea di far uscire la Grecia (o di consentirne unÂ’uscita parziale, convertendo in dracme una parte del debito greco) come modo per risolvere i problemi attuali. Per due ragioni principali: i governi greci non hanno rispettato i vincoli e le regole di contabilità fiscale e i privati si sono arricchiti con lÂ’immobiliare dopo aver omesso di dichiarare i loro redditi. Ricordo però che il problema di oggi non è tutta colpa dei greci. Il caso greco ha fatto da cartina di tornasole per far emergere alcuni problemi irrisolti nel funzionamento dellÂ’Unione monetaria. La mia preferenza va ad una soluzione che preveda di dare unÂ’altra possibilità ai greci, magari in un quadro di medio-termine di nuove regole di funzionamento dellÂ’Unione che leghi lÂ’andamento di deficit e debiti in modo più diretto e introduca sanzioni più efficaci (la sospensione temporanea del diritto di voto) rispetto a quelle che sono rimaste non applicate durante i primi anni di vita dellÂ’Emu. La predisposizione di un fondo di stabilizzazione dellÂ’unione – avvenuta durante il week-end dellÂ’8-9 maggio – sembra andare in questa direzione e infatti le Borse hanno risposto bene. Ma per evitare altri casi come la Grecia, bisognerà cambiare il trattato di Maastricht, il che sarà necessariamente più complicato. Passata la buriana, il consenso per i cambiamenti evaporerà e saremo da capo con la navigazione a vista. Con nuovi pericoli per la stabilità dellÂ’euro, derivanti dal cambiamento strisciante della missione della Bce.
Qualcun altro mette in luce che in termini di moralità pubblica le somiglianze tra Italia e Grecia sono più di quante ci piacerebbe ammettere. Questo è rilevante perché ci renderebbe quasi inadatti ad importare il modello del welfare europeo che, da noi, diventerebbe quasi necessariamente un modello in cui sono riconosciuti i diritti di tutti e i doveri di nessuno. E’ un modo di dire che l’ambito pubblico (all’interno del paese e all’estero) per paesi come la Grecia e l’Italia è condannato al Tanto Paga Pantalone. Non è sempre e necessariamente così. Ci sono tanti casi di buon governo e di civismo anche in Italia e in Grecia. Fanno un po’ fatica a farsi strada, questo è vero.
Per l’Italia la strada di sospendere il pagamento degli interessi sul debito non è praticabile. E’ del tutto equivalente a fare default sulla restituzione dello stock di debito e si tradurrebbe in un’esclusione dal mercato dell’emissione di nuovo debito come è successo ai paesi latino-americani o, come minimo, in un aumento del costo dell’indebitamento futuro.
Alcuni lettori propongono elementi politico-strategici difficili da valutare su un periodo di tempo breve come quello di una crisi finanziaria. Mi sembra condivisa l’idea che, sotto sotto, ci sia un complotto di pochi che ci guadagnano, quelli che fanno insider trading beneficiando della conoscenza anticipata delle fluttuazioni dei cambi o gli americani che vogliono segnalare alla Cina che è meglio investire nell’area del dollaro. Per rimediare alcuni chiedono di chiudere le agenzie di rating. Sul Sole 24 Ore di domenica 9 maggio (pag. 8) c’era un articolo interessante che mostrava l’elevata profittabilità delle Big Three (Moody’s, Standard & Poor’s, Fitch) e il loro azionariato diffuso, che contrasta con l’idea di un complotto. Le teorie del complotto partono solitamente dal presupposto inquietante che ci sia qualcosa di nascosto che sfugge a tutti e ci fa muovere come burattini. Magari sono teorie vere. Io non ci credo, soprattutto perché sono difficili da verificare. Se esiste una teoria alternativa basata su qualche elemento osservabile e che esclude un complotto, ammetto di propendere per quella teoria. Ma è una mia preferenza personale.
Infine, nelle risposte ai commenti di solito non parlo dei singoli (come Trapattoni). Ma devo fare un’eccezione per il commento di francocordiale che comincia con una frase che non dimenticherò: “Non essendo un economista, ragiono in termini di buon senso”. E pensare che invece, in varie occasioni, ho tentato di “vendere” la microeconomia agli studenti del primo anno con la frase: “Vedrete, la microeconomia non è difficile, è in molti casi una esposizione grafica e analitica del buon senso”.

UN PIANO BRADY TARGATO EUROPA

I mercati hanno emesso il loro verdetto: la Grecia non può pagare il suo debito. I vari programmi di aggiustamento hanno dunque basse probabilità di successo. Meglio ristrutturare il debito greco. Magari seguendo l’esempio del piano Brady predisposto per i paesi emergenti alla fine degli anni Ottanta. Francia e Germania potrebbero assumersi l’onere di garantire nuovi titoli che permetterebbero alla Grecia di ridurre l’onere del debito e allo stesso tempo di ritornare su un sentiero di crescita sostenibile e sostenuta. Sarebbe un modello anche per il futuro.

REGOLE NUOVE PER LE AGENZIE DI RATING *

Il nuovo regolamento europeo sulle agenzie di rating ha molti aspetti positivi e potrebbe essere un passo importante per riconquistare la fiducia degli investitori e dei regolatori. Due punti però meritano una più attenta riflessione: il livello di trasparenza e il grado di concorrenza nel settore. A partire da un meccanismo che allarghi la concorrenza, senza però aumentare le possibilità di shopping da parte degli emittenti. Soprattutto, si dovrebbero utilizzare anche altri indicatori, capaci di misurare il rischio di liquidità e quello di mercato di un titolo.

MA IL DIVORZIO C’È GIÀ STATO

L’intervento più importante deciso questo fine settimana riguarda la decisione della Bce di acquistare sul mercato secondario i titoli di stato di Portogallo e Spagna, a condizione che questi paesi adottino programmi adeguati di rientro del debito. E’ una decisione senza precedenti, coerente con il Trattato (che impedisce alla Bce di comprare i titoli direttamente dai Governi, ma non di operare sul mercato secondario) e che può riuscire a scoraggiare chi investe sul default di questi paesi. La cosa importante è che tale intervento appaia come selettivo (solo alcuni mercati) e operato ex-ante (in modo da non sembrare un bailout ex-post). Deve quindi essere la Bce ad annunciare questo intervento, mostrando autonomia dai governi nella conduzione della politica monetaria. Per ragioni che ci risultano oscure il nostro Presidente del Consiglio, ha invece deciso di dare lui l’annuncio venerdì sera presentandolo come una decisione del vertice dei capi di governo dell’Eurogruppo di venerdì 7 maggio, ponendo in grave imbarazzo la Bce. A questo punto ai vertici della Banca Centrale Europea non è rimasto che smentire Berlusconi. Quello che doveva diventare un annuncio importante per rassicurare i mercati si è tradotto in una gaffe molto pericolosa per la credibilità che un’istituzione relativamente giovane come la Bce sta faticosamente acquistando sul campo. Il comportamento del nostro Presidente del Consiglio si può spiegare solo come smania di protagonismo e come basato sulla convinzione che la Banca centrale sia al servizio dei governi. Sappiamo che il riferimento ai divorzi in questo momento non è del tutto gradito al nostro Presidente del Consiglio, ma il divorzio fra Banca d’Italia e Tesoro si è consumato nel 1982. Non è proprio il momento di tornare indietro.

ORA NON AGGIUNGIAMO MIOPIA ALLA MIOPIA

Sta accadendo quello che la Germania aveva sempre temuto. Proprio uno dei famigerati paesi mediterranei sta mettendo a repentaglio la stabilità dellÂ’euro. Ma è ovvio che la responsabilità non è di un solo paese: il contagio sta accelerando a causa della miopia della politica economica europea. La mancanza di una procedura automatica di gestione delle crisi del debito sovrano sta facendo da volano della crisi: in queste fasi, niente è peggio della discrezionalità per incendiare i mercati. Questa procedura sarebbe tanto più necessaria visto che nellÂ’Ume manca unÂ’autorità fiscale sovranazionale. Il maxi fondo di salvataggio è solo un second best. Anche l’Europa sta avendo quindi la sua “crisi subprime”. Oggi le banche europee sono piene di titoli portoghesi, spagnoli e greci, esattamente come erano piene ieri di titoli derivati riferiti a pagamenti di mutui immobiliari. Il tutto si spiega con la debolezza dellÂ’architettura fiscale della moneta unica. Si voleva far credere che i titoli del debito di tutti i paesi dell’ Ume fossero tra loro perfettamente sostituibili. Si dirà: ma i mercati ci hanno creduto, vista la quasi stupefacente convergenza dei tassi di interesse a lungo termine in Europa. In realtà, questa convergenza si poggiava su una contraddizione. Le autorità europee (compresa la Bce) ripetevano alla noia che il bailout di uno stato sovrano sarebbe stato incompatibile con il Trattato. Ma è evidente a tutti che una convergenza dei tassi poteva aversi solo in presenza di una aspettativa diversa, di investitori convinti che i paesi dell’Euro erano al riparo dal rischio di un ripudio del debito sovrano, pur sapendo che i titoli del debito greco non potevano equipararsi ai Bund tedeschi. In pratica, la UE e la Bce mandavano ai mercati un segnale schizofrenico: evviva la convergenza sui tassi che si fonda su una ragione (quella del bailout) che in realtà noi dichiariamo essere incompatibile con lÂ’esistenza stessa della moneta unica (!). Nessuno in Europa ha mai voluto risvegliare i mercati da questa placida ma pericolosa aspettativa.
Se non si vuole aggiungere miopia ad altra miopia bisogna adesso progettare meccanismi automatici di gestione della crisi del debito e forme di coordinamento delle politiche fiscale e sanzioni politiche automatiche (come la riduzione dei voti a livello europeo) ai paesi che non rispettano i patti.

CRISI FISCALE, CONTAGIO E FUTURO DELL’EURO

Nel maggio 2010, il nostro sito ha pubblicato questo intervento sulla crisi fiscale, il contagio tra paesi e il deprezzamento dell’euro. A distanza di un anno, purtroppo le preoccupazioni emerse nel 2010 sono divenute se possibile ancora più pressanti, e le considerazioni fatte allora restano attuali. Crisi fiscale, contagio, collasso della moneta unica: potrebbe diventare uno tsunami ben peggiore di quello dei mutui subprime. Ma il modo per arginarlo c’è, rafforzando le strutture comunitarie e sovranazionali. Trasformando la crisi in un’occasione storica per l’Europa.

I COSTI DEL DEFAULT FRA TEORIA E REALTÀ

Il debito pubblico si differenzia da quello privato, per la mancanza di una procedura ben definita per punire uno stato che non ripaga i debiti. Le ripercussioni si pagano in termini di reputazione, commercio estero e accesso ai mercati internazionali. Ma sono effetti che durano pochi anni. Per la teoria economica la ristrutturazione del debito sembrerebbe meno costosa di quanto si pensi. Forse perché è stata sempre accompagnata a un deprezzamento del tasso di cambio. Cosa impossibile per la Grecia.

LO STRABISMO DI MAASTRICHT

La politica economica europea è sempre stata molto attenta al rispetto di parametri come debito e deficit pubblici e molto poca attenta al debito estero (pubblico e privato). E un deficit del conto corrente con l’estero segnala che un paese spende più di quello che produce e può gettare il paese in crisi di liquidità. E’ quanto accaduto in Grecia. Gli squilibri con l’estero sono complessi da curare. Basti pensare al caso islandese. Ma l’appartenenza all’euro, con un piano di rientro di almeno dieci anni, può essere anche un’opportunità.

Pagina 782 di 1100

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén