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UN AZZARDO MORALE NELLA LOTTA ALLA DROGA

Alla lotta al commercio di droga si dedicano molte risorse. Senza grandi risultati. Forse perché si parte da una concezione errata di quel mercato. La teoria economica suggerisce di far leva proprio sull’azzardo morale che lo mette a repentaglio, inducendo i venditori a diluire le sostanze. Lo si può fare attraverso una politica di riduzione di pena per chi vende dosi molto diluite. Si avrebbero effetti paragonabili a un aumento del prezzo della droga all’ingrosso. E diminuirebbe anche la popolazione carceraria. A costi quasi zero.

UN ANNO DI GOVERNO: AIUTI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

I PROVVEDIMENTI

Nell’area della cooperazione internazionale e degli aiuti allo sviluppo, il primo anno del Governo Berlusconi è stato all’insegna della discontinuità con il precedente governo, soprattutto per quel che riguarda la priorità data alla cooperazione nelle politiche governative. Mentre il Governo Prodi era riuscito ad aumentare le risorse disponibili per gli aiuti allo sviluppo gestite dal Ministero degli Affari Esteri del 86%, ed a stanziare un miliardo di Euro del "tesoretto" di 13 miliardi per saldare debiti pregressi ad organizzazioni internazionali, il Governo Berlusconi ha ridotto significativamente gli stanziamenti. Un primo taglio sostanziale è arrivato prima dell’estate 2008, e quindi prima dello scoppio della crisi finanziaria globale. La Finanziaria 2009 ha poi confermato la riduzione della voce di bilancio relativa agli aiuti (-56% per quelli gestiti dal Ministero degli Affari Esteri, nessuna disponibilità finanziaria per il pagamento delle rate verso le banche multilaterali di sviluppo). Inoltre, le riforme istituzionali all’organizzazione e finanziamento delle attività di cooperazione allo sviluppo proposte dal governo precendente, sulle quali la scorsa legislatura stava discutendo un testo, sono state archiviate senza nuove iniziative governative. Infine, la nomina di un Vice-Ministro con delega alla cooperazione allo sviluppo nel governo precedente, segnale di priorità politica, non è stata mantenuta.
Vi sono comunque da notare alcune iniziative interessanti e sicuramente necessarie, stimolate però più dall’attivismo dell’amministrazione che non quello della politica. Per cominciare, il Ministero sta formulando la bozza di un piano d’azione sull’efficacia degli aiuti, che sta coinvolgendo diversi attori e che ha lo scopo di rispondere all’agenda internazionale sull’efficacia degli aiuti contenuta nella Dichiarazione di Parigi. Sulla stessa linea, il Governo ha chiesto una delega parlamentare per semplificare le procedure per gli interventi di cooperazione d’emergenza e consentire la gestione dei fondi italiani da parte di altri donatori. Sfortunatamente, il provvedimento mira a favorire l’avvio e la gestione di iniziative di cooperazione anche nei paesi dove l’Italia abbia stipulato accordi di rimpatrio detentivo o controllo degli immigrati, trasformando la politica di cooperazione allo sviluppo in semplice strumento di politica interna e di sicurezza, in netta opposizione alle finalità della legislazione vigente.

GLI EFFETTI

L’effetto immediato della riduzione dei fondi disponibili per la cooperazione allo sviluppo non è soltanto quello di ridimensionare la capacità del governo italiano di rispondere alle necessità impellenti di lotta alla povertà nei paesi in via di sviluppo, ma anche quello di sottolineare il mancato raggiungimento degli impegni presi a livello internazionale in un momento in cui l’aiuto viene considerato come strumento di politica economica internazionale per la ripresa globale. Malgrado la promessa più volte ripetuta di portare allo 0,51% il rapporto tra aiuti e PIL entro il 2010, per il 2009 i dati del Ministero degli Affari Esteri e le stime della Commissione Europea indicano che l’aiuto italiano si fermerà tra lo 0,13 e lo 0,16% del PIL, una flessione del 27%-40% rispetto al 2008. Sulla semplificazione delle procedure e sul piano d’azione sull’efficacia, gli effetti si potranno vedere soltanto dopo che i provvedimenti saranno di fatto finalizzati e varati, e dipenderanno dalla volontà politica di metterli in pratica ed di non renderli meri esercizi di facciata (nel 2009, la cooperazione italiana sarà nuovamente oggetto di una peer review dell’OCSE).

LE OCCASIONI MANCATE

Le riforme istituzionali per modernizzare l’apparato organizzativo della cooperazione allo sviluppo italiana sono sicuramente una delle aree prioritarie di intervento che il Governo Berlusconi ha deciso di ignorare durante il suo primo anno di vita. Più grave è che il 2009, anno della presidenza italiana del G8, rischi di essere sprecato. Una preparazione più attempata e profonda sui temi legati allo sviluppo per il G8 avrebbe potuto fornire lo spunto per iniziative diverse legate sia alla quantità che alla qualità degli aiuti italiani. La mancata nomina di un Vice-Ministro con delega alla cooperazione allo sviluppo da parte del Ministro Frattini era stata presentata come un modo di dare alla cooperazione massima centralità negli indirizzi del suo dicastero, ma nei fatti il risultato è stato una sua marginalizzazione generalizzata.

QUELLA PROBABILITÀ UTILE IN CASO DI TERREMOTO

Dopo il terremoto in Abruzzo si è molto discusso della sua prevedibilità. Ma la certezza del verificarsi di un evento è l’unica forma di conoscenza perseguibile? Fra la decisione di sgomberare un’intera regione e quella, opposta, di tacere dell’eventualità del terremoto vi è una necessaria via di mezzo: comunicare alla popolazione la probabilità dell’evento sismico e metterla in grado di prendere decisioni. Questo comporta riformulare gli obiettivi della ricerca, educare la popolazione al concetto di probabilità e adottare efficaci strategie di comunicazione.

CLIVE GRANGER, LA SEMPLICITÀ E LE COSE COMPLESSE

La morte del premio Nobel per l’economia 2003 Clive Granger riempie di tristezza chi ha studiato i suoi contributi all’econometria e chi ha conosciuto la sua dedizione alla circolazione delle idee e la generosità nell’incoraggiare studenti e colleghi più giovani. Ma offre anche un’occasione di riflessione su come attraverso la credibilità e la coerenza si possa costruire un dipartimento accademico di reputazione mondiale.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Nel nostro articolo veniva ribadita la necessità e l’urgenza dell’eliminazione delle maggiori barriere anagrafiche che i giovani italiani trovano all’entrata in Parlamento sia a Roma che a Strasburgo. Si diceva inoltre che un ulteriore modo per ridurre la perdita di consistenza del peso elettorale dei giovani è il riconoscimento del diritto di voto alle seconde generazioni di immigrati. Dato però che il degiovanimento italiano è più accentuato che altrove e tenuto conto della crescita di interesse verso la partecipazione sociale e politica dei Millennials, abbiamo anche accennato alla possibilità di allargare a sedicenni e diciassettenni il diritto di voto alle elezioni amministrative. Questo è il punto che sembra trovare maggiore perplessità a giudicare dai commenti.
Su questo tema i nostri motivi a favore sono già stati discussi in un precedente articolo di Alessandro Rosina. Riprendiamo qui schematicamente i principali, che sono i seguenti.
1.      i sedicenni sono considerati sufficientemente maturi per avere un’occupazione e produrre reddito; in base al principio di no taxation without representation dovrebbero avere anche il diritto di poter contribuire a decidere chi amministra il bene pubblico;
2.      se il problema è un voto consapevole, allora dovremmo proporre un test d’ammissione per misurare la consapevolezza e l’informazione di tutti i cittadini (come suggerisce un lettore). Storicamente, il voto si esprime con una "X" anche per far votare gli analfabeti. Va poi considerato che le nuove generazioni hanno accesso tramite la rete a molte più informazioni dei loro padri e soprattutto dei loro nonni. Dare ad essi il voto è anche un segnale di fiducia nei loro confronti. Il fatto stesso di avere la possibilità di incidere attraverso il voto può incentivare una maggiore consapevolezza e partecipazione attiva nella società in cui si vive. Da ultimo, ricordiamo che lo stesso argomento oggi usato contro i sedici-diciasettenni veniva usato in passato contro il voto alle donne.
3.      in Austria i sedicenni votano: sono più maturi ed informati rispetto agli italiani?

Infine, un lettore fa notare come gli studenti fuori sede siano, di fatto, esclusi dal diritto di voto: ha perfettamente ragione. Esistono già seggi ad hoc (si pensi alle case di riposo, ai militari in missione, etc): è così difficile dare la possibilità agli studenti che ne facciano richiesta di votare presso l’università dove risultano iscritti? Ricordiamo che in occasione dei mondiali di calcio in Germania, fu organizzato un seggio ad hoc per far votare gli atleti e lo staff: i giovani calciatori hanno più diritti dei giovani universitari?

LE PICCOLE CARE RIFORME DI SARKOZY

Il candidato Sarkozy aveva un programma di riforme finalizzate ad accrescere la flessibilità dell’economia francese, aumentarne il potenziale di sviluppo nel medio termine e avviare le finanze pubbliche sul cammino di una crescita sostenibile. Due anni dopo, gli obiettivi si sono ridimensionati e i costi sono molto più alti. Così, il bilancio è deludente: sforzo di rilancio minimo durante la crisi, riforme modeste e un debito pubblico che registra un aumento senza precedenti. Un’eredità pesante per i prossimi anni, anche perché alzare ancora le tasse non sarà semplice.

DEBITI IN COMUNE

Il ricorso degli enti locali a strumenti derivati si traduce oggi in un’esposizione per circa 40 miliardi e in perdite tra i 6 e gli 8 miliardi. Perché non sempre le amministrazioni dispongono di professionalità adeguate per effettuare operazioni finanziarie sofisticate. E perché non le hanno utilizzate come forma di copertura dal rischio tassi, ma come pura fonte di finanziamento, anche per le spese correnti. Altri paesi le vietano tout court. Meglio invece optare per una rigida regolamentazione, limitandone l’utilizzo solo a finalità di copertura e non speculative.

SE LA SANITA’ DIVENTA UN ESERCIZIO TEORICO

Prosegue la nostra analisi del Libro bianco sul futuro modello sociale. Nelle politiche sanitarie il documento descrive un sistema da cambiare integralmente, con l’unica eccezione del terzo settore. Un giudizio che disconosce il valore dell’universalità dell’assistenza sanitaria. E punta a un ridimensionamento del pubblico a favore del privato. Contiene anche alcune imprecisioni, forse frutto di una conoscenza aneddotica del sistema sanitario italiano. Quanto alla decantata centralità della persona, non si supera l’autoreferenzialità da addetti ai lavori.

LA FUGA VERSO LA QUALITA’ NON SPIEGA TUTTO

La fuga verso la qualità sembra dar conto di circa un quinto dello spread Btp-Bund tedeschi. La maggior parte del differenziale è dunque dovuta a un effettivo maggior rischio paese avvertito dai mercati finanziari. Lo spread è tornato a livelli non dissimili da quelli sperimentati nella crisi del marzo 1995. E’ la riconferma della necessità di mantenere un rigoroso controllo della dinamica del debito nel nostro paese. E del fatto che il necessario uso della leva fiscale non deve significare il ritorno a una spesa pubblica senza freni.

UN TRENO CARICO DI SUSSIDI

La socialità dei servizi di trasporto è una scelta politica. E infatti molti paesi non li sussidiano. L’Italia invece ha tariffe molto basse e servizi capillari. Anche per i treni. Ma il concetto di servizio ferroviario universale è tecnicamente privo di senso. Per essere giustificato, ha bisogno di flussi di domanda molto consistenti, presenti nelle aree e sulle relazioni dense, ma non in quelle periferiche. Tuttavia, a nessuno interessa verificarne la socialità, nonostante che alle sole ferrovie regionali vadano 1.500 milioni di euro di risorse pubbliche.

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