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SE IN EUROPA CONTA DI PIU’ CHI VOTA DI PIU’

Alle ultime elezioni europee ha votato solo il 43,1 degli elettori. Siamo dunque ben lontani da quel Parlamento europeo composto da rappresentanti dei cittadini dell’Unione prefigurato dal Trattato di Lisbona. Come incentivare l’affluenza alle urne? Per esempio, attraverso un meccanismo che assegni più eurodeputati ai paesi che registrano una più alta partecipazione al voto. Le simulazioni indicano che con l’affluenza di questa tornata il numero degli eletti si ridurrebbe nettamente. E potrebbe cambiare anche il peso politico dei diversi paesi.

ITALIA A TUTTO GAS

Il gas naturale è diventato in questi anni la fonte di energia di riferimento in Italia. Il balzo dei consumi è stato molto elevato, con un tasso medio di crescita di oltre il 4 per cento. Ancora oggi, nonostante la crisi e la sbandierata volontà di virare sul nucleare, esistono diversi progetti d’investimento che riguardano il metano. E’ dunque arrivato il momento di ragionare sul futuro dell’approvvigionamento di energia nel nostro paese, per impostare una politica energetica e industriale che decida davvero quali fonti sono prioritarie.

È L’IMMIGRAZIONE, BELLEZZA

Perché i partiti socialdemocratici crollano in tutta Europa proprio in un periodo di recessione? La risposta è nei 26 milioni di immigrati nell’Unione Europea negli ultimi anni. I cittadini sono preoccupati per la sostenibilità del welfare state europeo. E se la soluzione sembra essere in più rigide politiche sull’immigrazione e nelle limitazioni all’accesso allo stato sociale, le coalizioni di destra sono decisamente più credibili. Ma sono politiche inattuabili nel lungo periodo. Esistono alternative ben più efficaci. Senza rinunciare alla redistribuzione.

IL FUTURO DEI MEDIA? NELL’INFORMAZIONE

I mass media tradizionali, con rare eccezioni, devono affrontare una grave crisi di introiti, che dipende dalla recessione globale ma anche da fattori strutturali, come la concorrenza delle informazioni online. Se si propongono come venditori di conferme rischiano di perdere la battaglia contro il web. Dovrebbero puntare decisamente sul mercato dell’offerta di informazione di alta qualità, sfruttando il vantaggio comparato delle economie di scala. E della propria reputazione storica. A patto, naturalmente, che abbiano saputo costruirsela e utilizzarla.

SORPRESA: L’INDULTO HA UN EFFETTO POSITIVO

Studiato per ridurre almeno temporaneamente il sovraffollamento delle carceri italiane, l’indulto del 2006 è stato tra i provvedimenti più criticati della scorsa legislatura. Perché favoriva i criminali e diminuiva il valore deterrente e la credibilità del sistema penale, sostenevano i contrari. Ma il provvedimento stabiliva che se fossero tornati in carcere per un nuovo reato, i beneficiari avrebbero dovuto scontare anche la pena residua in aggiunta alla nuova. Insomma, ha dato certezza alla pena. E questo ha determinato un calo delle recidive.

MA IL PROBLEMA NON SONO SOLO I FANNULLONI

Trasparenza e valutazione sono i due principi guida della riforma Brunetta. Il limite è l’idea che la produttività dipenda innanzitutto dagli sforzi degli individui e dalle norme di legge, ma non dai modelli organizzativi, dagli obiettivi e dalla distribuzione delle risorse sul territorio. E’ vero il contrario. Occorre dotarsi di sistemi di contabilità industriale che misurino la produttività anche nella Pa, con modelli specifici per ciascuna amministrazione. E in questi casi il principale incentivo per gli individui non è la gratifica annuale, ma il percorso di carriera.

LA PRECARIA INDAGINE SUI PRECARI

L’Italia è uno dei pochissimi paesi europei in cui non sono ancora disponibili dati sull’occupazione e la disoccupazione nel 2009. Questi dati vengono raccolti sulla base di rilevazioni continue, il che significa che, ad esempio, anche oggi sono in corso rilevazioni. Poi i dati vengono centralizzati, si svolgono una serie di controlli di coerenza e poi vengono elaborati. Tutto questo richiede circa tre mesi. Ciò non impedisce dunque a un istituto di statistica di pubblicare ad aprile i dati di gennaio, a maggio quelli di febbraio e così via. Da noi, invece, si aspetta la fine di ogni trimestre per rendere pubblici i dati, il che significa che solo a fine giugno sapremo cosa è accaduto nei primi mesi del 2009. Questo è un fatto molto grave perché impone alla politica economica (e al dibattito pubblico) di operare al buio. Soprattutto in una fase di crisi come quella che stiamo vivendo, questo ritardo è molto costoso. Impedisce, ad esempio, di capire cosa sta succedendo ai lavoratori precari. Quanti di loro hanno già perso il posto di lavoro nella recessione.
Perché in Italia non si pubblicano dati mensili su occupazione e disoccupazione basati sullÂ’indagine sulle forze lavoro? Il problema è che per svolgere unÂ’indagine che interessa i lavoratori precari lÂ’Istat si è dotato di una rete di Â… precari. Si tratta infatti di circa 320 rilevatori che operano sul territorio con tecniche CAPI (computer assisted personal interviews). Questi rilevatori hanno una tipologia contrattuale – co.co.co. – che la Funzione Pubblica già nel 2005 dichiarò illegittima, intimando all’Istat di cambiarla. Da allora, di anno in anno e di emendamento in emendamento, la rete sopravvive in regime di deroga e in attesa di una "soluzione definitiva". L’ultimo decreto milleproroghe ha concesso l’ennesima proroga ma solo fino al 30 giugno di quest’anno. NellÂ’attesa di vedere cosa succederà ai rilevatori, lÂ’Istat ha così deciso di rimandare i piani di pubblicazione di dati mensili sulle forze lavoro, lasciando tutto in sospeso.
Ma c’è un rischio ancora peggiore. Nel caso in cui la Funzione Pubblica decidesse di non concedere più la solita proroga, lÂ’Istat potrebbe condurre tutte le interviste senza rilevatori sparsi sul territorio. In altre parole, lÂ’indagine verrà svolta solo per via telefonica. Questo significa ottenere stime distorte e incoerenti con quelle degli anni precedenti, con ripercussioni anche sulla stima del PIL, per la quale l’occupazione stimata a partire dallÂ’indagine forze lavoro rappresenta un asse portante.
Per capire gli effetti di questa scelta, basta ricordare come si svolge oggi lÂ’indagine. Questa prevede quattro interviste per ogni famiglia a cadenze prestabilite. La prima intervista viene effettuata da un rilevatore professionista presso l’abitazione della famiglia con tecnica face to face (CAPI). Quelle successive sono svolte telefonicamente da una società specializzata, tranne che nel caso di famiglie senza telefono o con intestatario straniero. In questi casi, sono gli stessi rilevatori della prima intervista a visitare nuovamente la famiglia. Se tutto dovesse svolgersi con il metodo CATI si rischia di avere una bassa qualità della prima intervista e di non raggiungere le famiglie senza numero di telefono. Inoltre, il metodo CAPI è fondamentale quando si ha a che vedere con famiglie di immigrati, che non parlano bene la nostra lingua.

LA CRISI NEL VOTO DEGLI ITALIANI

Al contrario di quanto accade in altri paesi, in Italia la crisi economica rafforza il governo, almeno per il momento. Le intenzioni di voto indicano che sono proprio le categorie più colpite, e soprattutto i giovani, ad affidarsi a Silvio Berlusconi. Dopo le elezioni, il governo non potrà dunque ignorare il segnale mandato dal settore più sofferente, ma anche più dinamico, della società. Non è il momento delle strategie dei due tempi: bisogna fare subito le riforme, per migliorare le condizioni delle giovani generazioni.

QUELLA PROBABILITÀ UTILE IN CASO DI TERREMOTO

Dopo il terremoto in Abruzzo si è molto discusso della sua prevedibilità. Ma la certezza del verificarsi di un evento è l’unica forma di conoscenza perseguibile? Fra la decisione di sgomberare un’intera regione e quella, opposta, di tacere dell’eventualità del terremoto vi è una necessaria via di mezzo: comunicare alla popolazione la probabilità dell’evento sismico e metterla in grado di prendere decisioni. Questo comporta riformulare gli obiettivi della ricerca, educare la popolazione al concetto di probabilità e adottare efficaci strategie di comunicazione.

CLIVE GRANGER, LA SEMPLICITÀ E LE COSE COMPLESSE

La morte del premio Nobel per l’economia 2003 Clive Granger riempie di tristezza chi ha studiato i suoi contributi all’econometria e chi ha conosciuto la sua dedizione alla circolazione delle idee e la generosità nell’incoraggiare studenti e colleghi più giovani. Ma offre anche un’occasione di riflessione su come attraverso la credibilità e la coerenza si possa costruire un dipartimento accademico di reputazione mondiale.

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