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BANCA E CLIENTE, UNA COPPIA IN CRISI

L’amministrazione americana ha predisposto un piano di rifinanziamento dei mutui eccessivamente onerosi, puntando su formazione, informazione e assistenza. E da noi? Le regole non mancano, anzi forse sono troppe. Tanto che la Banca d’Italia giudica necessario un intervento di semplificazione della documentazione. In modo da ridurre i costi e rendere le informazioni più chiare e più facilmente comparabili. E l’intermediario dovrà assistere il cliente nella comprensione di ogni aspetto rilevante. Ma la strada dell’educazione finanziaria è ancora lunga.

CI SONO ANCHE I DISOCCUPATI INVISIBILI

I dati sulle forze di lavoro relativi agli ultimi due trimestri del 2008 non segnalano solo l’aumento della disoccupazione. Evidenziano una crescita della sotto-occupazione e del tasso di inattività, soprattutto al Sud e anche fra gli uomini. Un fenomeno destinato a peggiorare nei prossimi mesi, ma nessuno ne parla. Il rischio è che l’abbassamento ulteriore del tasso di attività marginalizzi ancora di più proprio le regioni più povere e con più basso tasso di occupazione rispetto a politiche orientate esclusivamente a contrastare la disoccupazione.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

La trasparenza funziona meglio se accompagnata da meccanismi di premio che garantiscano un buon uso dell’informazione, sia da parte delle organizzazioni che raccolgono e pubblicano informazioni sul proprio operato, sia da parte dei cittadini. E’ chiaro però che, senza informazioni che permettano di misurare e valutare ad esempio la qualità dei servizi pubblici, è impossibile pensare ad incentivi efficaci, meritocrazia, e meccanismi di premio. E questa riflessione è valida sia in regimi di trasparenza che di opacità.  “You can manage what you measure” e la trasparenza obbliga chi è sottoposto alla lente di ingrandimento a raccogliere dati ed informazioni che possono mettere in luce inefficienze organizzative ed incoerenza fra politiche pubbliche ed obiettivi. La raccolta di informazioni costringe a riflettere su problemi strategici di rilievo che vengono spesso accantonati a favore della gestione del quotidiano.
Condivisibile è anche la preoccupazione di sottoporre coloro che gestiscono la cosa pubblica a regimi di trasparenza particolarmente stringenti e costantemente aggiornati, non solo per verificare ex ante che vi siano le caratteristiche adatte agli incarichi pubblici, ma anche affinché al momento del voto l’accountability funzioni davvero.
Come riportare i prezzi dei prodotti al fine di dare ai consumatori la possibilità di confrontare i scegliere è un buon esempio per chiarire in quale formato l’informazione sia realmente utile ed utilizzabile. Spesso è proprio su questi dettagli che si combattono le battaglie più accese fra regolatori e regolati.

TERREMOTO, RISORSE E CONTROLLI

La redazione de lavoce.info partecipa al dramma della popolazione colpita dal terremoto e al lutto di chi ha perso i propri affetti, i parenti, gli amici. Le calamità naturali richiedono la mobilitazione tempestiva di ingenti risorse per i primi soccorsi e per la ricostruzione. Il Governo, sino a questo momento, ha stanziato 30 milioni di euro. Una goccia nel mare. In questi tempi di crisi è difficile reperire risorse. Facciamo nostra una proposta che ci arriva da un gruppo di lettori che vivono all’estero: chiediamo che il Governo non esiti nel raggruppare le tre scadenze elettorali di giugno stanziando subito per le aree disastrate i risparmi derivanti dal loro accorpamento in un unico election day. Si tratta, secondo il ministro Maroni, di 172milioni di euro (la nostra stima, analoga, aggiunge 200 milioni di costi indiretti sostenuti dalle famiglie). Siamo certi che tutti gli italiani apprezzeranno l’uso di queste risorse e potranno essere incoraggiati dallo stesso Governo e dai media a devolvere allo scopo quanto risparmieranno personalmente con l’election day.
Ricordiamo che per la ricostruzione dopo il terremoto del Friuli (1976) lo Stato spese una cifra pari a 10 miliardi di euro, per quella dell’Irpinia (1980) 32 miliardi, per quella in Umbria e Marche (1997) 4 miliardi.
Alla luce di questa catastrofe, in cui edifici recenti sono crollati come castelli di carte, è fondamentale rivedere il “piano casa”: questo riduce i controlli formali ex ante e non rivede affatto il sistema dei controlli sulle opere in costruzione e completate. Alle Regioni il compito, nel recepire il piano, di tenere alta la guardia sul rispetto dei requisiti antisismici, imponendocontrolli sui cantieri e ad opere completate .

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo chi ha voluto commentare il nostro articolo. Alcuni argomenti sono largamente condivisibili, come i dubbi che sorgono sulla necessità di iniziare la riforma del sistema scolastico proprio dalla scuola primaria, che in realtà presenta buone performance. E’ anche utile sottolineare la difesa dei moduli, oltre che del tempo pieno.

Sintetizziamo e tentiamo di rispondere agli scetticismi principali avanzati verso le nostre argomentazioni:

  1. il tempo pieno non fa bene al bambino, perché troppe ore a scuola sono pesanti e negative per il suo apprendimento. Si tratta di un argomento condivisibile, ma privo di fondamento scientifico. Come abbiamo sottolineato, l’organizzazione e la qualità del tempo pieno sono fondamentali.
  2. Se il lavoro è scarso, è meglio darlo ai padri prima che alle madri. Si tratta in questo caso di un giudizio culturale. Dal punto di vista scientifico è privo di fondamento, in quanto basato sull’idea (non necessariamente vera) che il numero di posti di lavoro sia fisso e uomini e donne perfettamente sostituibili.  
  3. E’ meglio scegliere serenamente chi dei due deve restare a casa invece di chiedere più servizi. Anche in questo caso si tratta di un giudizio culturale che non condividiamo: il superamento della divisione dei ruoli e la promozione della doppia carriera sono essenziali nella società attuale, per proteggere dai rischi, sempre più diffusi, di lavoro e anche di scioglimento delle famiglie.
  4. Il part-time e il telelavoro potrebbero essere la vera soluzione invece che il tempo pieno. Su questo punto c’è molta confusione e il dibattito suscitato dal nostro articolo si è argomentato in maniera confusa e anche poco corretta. Occorre sottolineare alcuni aspetti: (i) in Italia il part-time è poco diffuso e il telelavoro ancora meno; (ii) spesso il part-time è una scelta irreversibile; (iii) il part-time si associa a forme di discriminazione verticale, che relegano le donne in mansioni meno prestigiose e meno remunerative. Se l’obiettivo è promuovere la doppia carriera all’interno della famiglia, e non solo l’occupazione di entrambi i partner, puntare tutto sul part-time può essere fuorviante.
  5. I tagli degli insegnanti porteranno grandi risparmi. Il decreto sugli organici, approvato in via definitiva, prevede dal primo settembre un taglio di 42100 posti. La Campania conquista il primato con 5645 cattedre soppresse, segue la Sicilia con 5020, la Puglia con 3600 e la Calabria con 2800. Aumentano gli alunni, ma calano i professori e di conseguenza il livello del servizio offerto. Si consideri, inoltre, che in Italia la spesa per istruzione primaria e secondaria pubblica (dati in percentuale del PIL) è inferiore rispetto alla maggioranza dei Paesi Ue, ad eccezione di Grecia e Germania (Eurostat, “Population and social conditions”, 2008).

La nostra preoccupazione riguarda principalmente l’organizzazione e la qualità del tempo scolastico e la promozione di un modello di riferimento in cui non prevalga la divisione dei ruoli tra padre e madre. I tempi lunghi della scuola potevano aiutare in questa direzione.

PERCHÉ ALL’ORDINE NON PIACE LA CONCORRENZA

A più di due anni dal decreto Bersani, i servizi professionali appaiono ancora assai poco concorrenziali. La riforma è stata sostanzialmente annullata dall’azione degli ordini, che hanno utilizzato i codici deontologici per ridurre al minimo i cambiamenti, soprattutto sulla disciplina delle tariffe e la pubblicità. Ma mettere all’indice i minimi tariffari ha un valore più simbolico che di sostanza. In ambito legale, la regola da smantellare è quella che determina l’onorario degli avvocati secondo il numero degli atti svolti. Per passare alla parcella a forfait.

MONDO NUOVO, FONDO NUOVO

Non c’è solo il G20. Altri eventi potenzialmente non meno rilevanti si verificano in questi giorni. Primo fra tutti l’annuncio dell’apertura di una nuova linea di credito di 47 miliardi di dollari da parte del Fondo monetario in favore del Messico. La novità è che sono soldi concessi dall’Fmi solo sulla fiducia, senza condizioni e senza basarsi sui giudizi delle società di rating, come avveniva in passato. Dopo la crisi, il mondo sarà davvero molto diverso.

SE FINISCE LA FESTA DEI BONUS D’ORO

La crisi ha chiaramente messo in luce quanto fossero inadeguati i meccanismi di mercato e di corporate governance a tutti i livelli di retribuzione delle performance degli addetti del sistema finanziario. E’ perciò necessario cambiare le regole. Il monte bonus va fissato in modo trasparente e vanno stabiliti limiti quantitativi al totale. Gli azionisti dovrebbero adottare modalità per premiare i risultai basate non solo sui profitti attesi, di breve o di lungo periodo, ma anche su accurate valutazioni dei rischi.

SI FA PRESTO A DIRE AMERICA

L’accordo di Fiat con Chrysler non è privo di rischi, ma si inserisce in un piano coerente di sviluppo di lungo periodo, in una fase di profonda ristrutturazione del settore. Se funziona, permetterà alle due imprese di sfruttare le economie di scala di R&S e di condividere le reti distributive. Se non funziona, i costi per la casa italiana saranno limitati, a patto che la partnership non duri a lungo. Ma per Fiat rappresenta solo un passo, seppur importante, del processo di riposizionamento. Che richiederà altri capitali, finanziari e manageriali.

UNA NUOVA FRONTIERA TRA STATO E MERCATO

Obama ha annunciato che non lascerà fallire Gm e Chrysler. Ma il salvataggio non è senza condizioni, anche se negli Usa resta forte l’avversione verso la gestione pubblica delle imprese. Diversa la situazione in Europa, dove i cittadini sono più abituati a un intervento statale nella sfera economica. Per questo sarebbe opportuno indicare limiti temporali precisi alla partecipazione pubblica nelle aziende in difficoltà. Perché sarebbe una vera beffa se il lascito più duraturo della crisi fosse il ritorno al vecchio capitalismo di Stato.

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