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QUANDO IL PROTEZIONISMO E’ LEGITTIMO

A parole, i leader mondiali sono contro il protezionismo, memori dei danni che ha causato all’epoca della grande depressione. Tanto che dal secondo dopoguerra una serie di accordi internazionali pone precisi vincoli alla libertà dell’esercizio della politica commerciale degli Stati. Esistono però numerosi strumenti legittimi di protezione. Delle contraddizioni tra interessi nazionali e internazionalizzazione si parlerà a Trento nell’ambito del quarto Festival dell’Economia in programma dal 29 maggio al 1° giugno dedicato al tema “Identità e crisi globale”.

IL TIMONE AL G20*

Il G20 sostituisce il G7 nella guida dell’economia mondiale. Certo non si poteva costruire una riforma del sistema economico globale, della Banca mondiale o del Fondo monetario nella ristretta cerchia dei sette grandi. Ma anche il G20 ha i suoi problemi. Prima di tutto pratici per il numero di paesi che lo compongono. Poi di legittimità: chi li ha delegati a rappresentare le altre 190 nazioni del mondo? Ma anche di metodo di lavoro, con quattro gruppi che andrebbero riunificati per arrivare a un accordo generale. Sono tutte questioni risolvibili. A patto che vengano affrontate.

QUELLO CHE NON SAPPIAMO DEI TREMONTI BOND

Dopo il sì dell’Europa, arriva il decreto attuativo sui Tremonti bond, i nuovi strumenti finanziari che potranno essere emessi dalle banche a corto di liquidità. Restano però i dubbi sulla loro effettiva operatività. Perché neanche la normativa di attuazione indica quali siano le conseguenze per le banche che non ottemperino gli obblighi sociali collegati al prestito. Né si può escludere il rischio che gli istituti inducano la propria clientela, anche attraverso i fondi di investimento gestiti, a sottoscrivere la parte dei titoli necessaria a superare la soglia di adesione.

L’OPERA DA TRE SOLDI. PUBBLICI?

Per aumentare l’accesso del pubblico alla cultura serve il finanziamento pubblico a teatri ed enti lirici oppure è meglio incentivare la presenza di produttori e donatori privati? L’esperienza degli Stati Uniti dimostra che di per sé una maggiore partecipazione di risorse private non risolve il problema. Così come sono inefficaci le politiche incentrate su sussidi all’offerta per mantenere basso il prezzo dei biglietti. Ma è comunque possibile aumentare l’efficacia del sistema italiano. Guardando per esempio a soluzioni olandesi.

LA FOGLIA DI FICO DEI NEMICI DEL REFERENDUM *

I nostri calcoli sui risparmi possibili con un vero election day che accorpi elezioni europee, amministrative (là dove si terranno a giugno) e referendum sulla legge elettorale hanno raccolto vasta approvazione e messo in imbarazzo coloro che vorrebbero affossare il referendum. Tra questi ultimi, qualcuno ha pensato di salvarsi in corner con la proposta del referendum accorpato al ballottaggio delle amministrative. Ma la sostanza non cambia: si risparmierebbero solo 87 milioni anziché 400. Ecco i nostri nuovi calcoli.

MA QUANTO COSTA IL SUSSIDIO UNICO DI DISOCCUPAZIONE?

Secondo le nostre stime, un sussidio unico garantito a tutti i disoccupati, indipendentemente dal tipo di contratto, assicurando in partenza il 65 per cento della retribuzione precedente e non meno di 500 euro al mese costerebbe a regime circa 15,5 miliardi. Sostituirebbe però indennità di mobilità, sussidi di disoccupazione ordinari e a requisiti ridotti e gestioni speciali per edilizia e agricoltura che ammontano in media a 7,5 miliardi all’anno. Potrebbe essere interamente finanziato con un contributo di circa il 3 per cento delle retribuzioni. Anche se nella fase di transizione alcuni costi dovrebbero essere coperti dal bilancio dello Stato.

COSA PUO’ FARE L’EUROPA PER I PAESI SULL’ORLO DEL CRAC

Al meeting informale di Bruxelles i leader europei hanno ipotizzato eventuali interventi in soccorso di singoli Stati. Dal punto di vista giuridico l’intervento sembra ammissibile, appellandosi al principio di solidarietà. Meno realistico appare invece sotto il profilo finanziario e politico. Il bilancio dell’Unione andrebbe integrato con contributi specifici degli Stati membri. Ma è difficile spiegare ai cittadini europei che parte delle risicate risorse nazionali devono essere impiegate a favore di un altro Stato. Ancor più difficile se è un paese dell’Europa dell’Est.

COME SI DICE PREFETTO IN INGLESE?

Il ministro dell’Economia ha approntato lo strumento dei Tremonti bond per aiutare gli istituti bancari con problemi di scarsa capitalizzazione. Le banche potranno emettere obbligazioni sottoscritte dal Tesoro per rafforzare la loro solidità patrimoniale, pagando un tasso compreso tra il 7,5 e l’8,5 per cento. Ma, come ha ricordato anche il ministro Bossi, il vero fine dei Tremonti bond non è il salvataggio delle banche a rischio, ma aiutare le imprese, specie quelle medio-piccole, a non trovarsi di fronte ad un serio problema di razionamento del credito. E’ per questo che nel decreto che istituisce i Tremonti bond è previsto un monitoraggio delle condizioni di credito verso famiglie e imprese. I problemi delle banche sono gli stessi in tutta Europa. Il primo ministro inglese Gordon Brown ha salvato la settimana scorsa il Lloyds Banking Group, facendo salire la sua partecipazione azionaria dal 43 al 77 per cento. In cambio, il gruppo bancario si impegna ad erogare nei prossimi due anni prestiti alle imprese in difficoltà a mutui alle famiglie per 28 miliardi di sterline. Il ministro del Tesoro inglese ha detto: “Le banche sono il cuore del sistema, se si fermano va tutto in tilt”. Insomma, i problemi e le dichiarazioni dei governi sono simili in Italia e in Gran Bretagna. C’è solo una differenza: in Italia saranno i prefetti a vigilare sull’erogazione del credito a famiglie e imprese. In Gran Bretagna, non avendo i prefetti, sembra che riusciranno a farcela anche senza. Chissà come faranno. Probabilmente chiederanno alla Banca d’Inghilterra di vigilare. Il che fa sorgere la domanda: ma la Banca d’Italia non dovrebbe saper svolgere il ruolo di vigilanza sul credito meglio dei prefetti? Che competenze specifiche sul credito hanno i prefetti? O si tratta solo di un dispetto del ministro al governatore della Banca d’Italia?
A ben vedere le differenze con il Regno Unito  in realtà sono due. Quando il governo britannico ha salvato Royal Bank of Scotland, il vecchio management è stato accompagnato alla porta. Da noi, malgrado nell’ultimo mese il prezzo delle azioni Unicredit sia sceso del 46% e quello di Intesa Sanpaolo del 43%, è quasi impossibile leggere un articolo che critichi l’operato di Profumo e Passera. Anzi, secondo il presidente dell’Abi Faissola “Gli istituti bancari italiani hanno dimostrato in questa crisi di essere i migliori del mondo”. Sarebbe bello sapere qual è il criterio usato dal presidente dell’Abi per stilare questa graduatoria. In Inghilterra qualcuno glielo avrebbe chiesto.

IL TG AL TEMPO DI BERLUSCONI

Uno studio costruisce un indice della posizione ideologica dei telegiornali Rai e Mediaset utilizzando i dati sulla presenza dei politici in video, in particolare della loro voce. Da gennaio 2001 a settembre 2007, i telegiornali Mediaset hanno dedicato significativamente più spazio al centrodestra, anche quando al governo era il centrosinistra. Il Tg1 si allinea con qualche ritardo al colore politico della maggioranza. In mano agli spettatori resta l’arma del telecomando: è notevole il passaggio da Tg5 a Tg1 e da questo al Tg3 dopo il 2001.

IL PONTE DEI MIRACOLI E I MIRACOLI DEL PONTE

Il Ponte sullo Stretto era esplicitamente citato come priorità nel programma elettorale del Popolo delle libertà. Però, nel programma della Lega Nord si diceva, altrettanto esplicitamente, che il Ponte si sarebbe dovuto costruire solodopo la Tav Torino-Lione e a costo zero per lo Stato. La decisione del Cipe del 6 marzo di stanziare 1,3 miliardi per il Ponte deve dunque essere letta come una duplice sconfitta politica per la Lega. Intanto partirà prima il Ponte della Tav e poi di costi per lo Stato ce ne saranno e parecchi. Quanto stanziato copre meno di un quarto dei 6 miliardi di costi previsti (quelli effettivi saranno più alti di almeno il 30%, in base alle esperienze internazionali di progetti di dimensioni comparabili). Con lo Stato che deve salvare le banche, pure i più entusiasti sostenitori del Ponte ritengono improbabile che il ricorso alla finanza di progetto abbia qualche probabilità di successo. La bugia più pietosa riguarda l’immediata “cantierabilità” del Ponte. Bugia necessaria a far digerire la decisione in un periodo in cui ogni centesimo stanziato andrebbe speso il giorno dopo per sostenere i redditi ed avere così un accettabile effetto anticiclico. In realtà, a qualche ben informato è sfuggito di scrivere che sarebbe un miracolo se si cominciasse a lavorare prima della fine del 2010. Infatti, Pietro Ciucci – presidente di Anas nominato da Di Pietro e storico presidente della Società Stretto di Messina (controllata all’82% dalla stessa Anas) si è affrettato a dire che l’impatto positivo sul Pil si sentirà subito, anche se per i primi 15-18 mesi non ci saranno nuovi occupati tra tecnici e operai. Lo stimolo alla domanda verrà dall’impiego di tanti nuovi ingegneri necessari alla progettazione. E beati gli ingegneri. Ma se c’è ancora tanta progettazione da fare e se 4,7 miliardi sono ancora da trovare, il miracolo, si realizzasse, sarebbe un MIRACOLO!

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