In primo luogo il cosiddetto salvataggio di Alitalia è in realtà la sua chiusura. Dal punto di vista “tecnico” questa è forse la cosa meno rilevante, ma dà fastidio che si metta in liquidazione un’impresa e si dica che la si è salvata.
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Tra qualche giorno prenderà il via la nuova stagione del campionato di calcio. A due anni di distanza, nessuno parla più degli scandali scoperti durante l’inchiesta di Calciopoli. Ma quell’intreccio di fattori che ha generato la corruzione nel calcio italiano è ancora presente e non sono stati attivati quegli anticorpi che potrebbero ridurre il rischio di nuovi episodi di illecito. Di più, molti dei protagonisti continuano ad avere un ruolo importante. Insomma, è davvero troppo presto per dimenticarsi di Calciopoli.
La vera emergenza della crisi finanziaria consiste nel riportare il capitale di base delle principali banche al livello indispensabile a ridare la fiducia sulla loro solvibilità . Le autorità di vigilanza usano tutti i loro poteri di moral suasion, ma finora la raccolta di capitale fresco segue a debita distanza l’emersione delle perdite. E ciò può rendere la situazione più grave dal punto di vista microeconomico. In Italia le necessità di ricapitalizzazione sono forse meno urgenti che altrove, ma prima o poi si riproporranno con forza.
Il settore idrico è il prototipo del monopolio naturale. La componente infrastrutturale domina su quella operativa e quasi tutti i costi sono irrecuperabili per lunghissimo tempo. Tuttavia, il mercato può dare un contributo che sarà tanto migliore quanto più efficace e coerente sarà il sistema di regolazione. Non basta dunque affidarsi a gare e contratti, è necessario prevedere anche strumenti che siano in grado di disciplinare e rendere trasparente la rinegoziazione arbitrandola super-partes, riducendo sia il rischio di cattura del regolatore sia quello di connivenza.
I contorni del nuovo piano Alitalia non sono ancora del tutto chiari, ma i profili di fondo suscitano più di un interrogativo. I partecipanti alla cordata chiedono al governo una sorta di deroga antitrust per riprendere il controllo del mercato italiano. Ma dov’è il rilevante interesse generale dell’economia nazionale che dovrebbe giustificarla? Molto più evidente è l’interesse privato dei nuovi acquirenti. E cosa sarà dei debiti della compagnia accollati alla bad company? Si prospetta l’ennesima socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti (sperati).
Negli ultimi venti anni abbiamo assistito a una bolla speculativa del credito. Il capitale bancario era adeguato in quel roseo scenario, ma non per fronteggiare un serio shock. Quando l’euforia è svanita, i mercati hanno cominciato a percepire un consistente rischio non solo di illiquidità ma anche di insolvenza in tutte le principali banche. Ora fronteggiamo un faticoso processo di riduzione del grado di indebitamento complessivo. Che può diminuire in modo significativo l’offerta di credito e amplificare le ripercussioni della crisi finanziaria sul ciclo economico mondiale.
Alla prossima Conferenza internazionale sull’efficacia degli aiuti allo sviluppo si discuteranno i piani elaborati dai paesi donatori per riformare la gestione degli interventi, divenuta negli ultimi anni sempre più complessa. Non ci sarà però un piano italiano. Non abbiamo approfittato di quest’occasione per avviare una riflessione su un sistema di aiuti a progetto, spesso lontano dalle reali priorità del paese partner e condizionato all’acquisto di beni e servizi provenienti dall’Italia. E quasi mai coordinato con quelli di altri stati dell’Unione Europea.
In quarant’anni il rapporto tra laureati e coetanei è passato in Italia dal 5,7 al 40,6 per cento. Aumentato in assoluto e ancor più in rapporto alle coorti di popolazione di pari età il numero di coloro che conseguono la maturità . Mentre la quota di maturi che si iscrive all’università non cambia molto nel tempo. La quota di matricole che consegue la laurea si avvicina oggi al 73 per cento. Un ruolo fondamentale l’hanno avuto le evoluzioni dell’offerta universitaria. E sistemi di finanziamento legati al numero di iscritti e laureati. Ora è tempo di pensare alla qualità .
Grazie a un editoriale di Ernesto Galli della Loggia sulla crisi di identità della scuola italiana e a un dibattito apertosi sulle colonne del Corriere della Sera, sappiamo finalmente quali siano i piani del governo sulla scuola italiana. Non che siano particolarmente promettenti. Oscillano tra passatismo e irrilevanza. Speriamo in qualche ripensamento. Senza dimenticare che una società che risparmia sull’investimento nella scuola è una società che sta rinunciando al suo futuro.
La speculazione non c’entra, almeno non come la si intende nell’immaginario collettivo. Ma non è neanche corretto dire che tutto dipende dal gioco della domanda e dell’offerta. Il fatto è che il petrolio è una risorsa esauribile. E il suo prezzo rimarrà elevato e variabile fino a quando i produttori continueranno ad aspettarsi che le sue quotazioni possano solo salire. Per esempio, perché si stima che la domanda cinese di greggio aumenterà molto in futuro, tanto da giustificare un prezzo intorno ai 250 dollari. Il ruolo dei tassi di interesse.