I numerosi commentatori si sono espressi in maggioranza in termini favorevoli alle mie tesi. Ne sono confortato, anche perché tra di essi stanno noti studiosi della materia come il prof. Petretto e il prof. Tramontana. Il commento di Petretto va sottolineato. Esso ricorda, a ulteriore sostegno, che l’efficienza economica induce a privilegiare le imposte caratterizzate da bassa reattività dei contribuenti , come appunto l’ICI, rispetto alle probabili imposte sostitutive che colpiscono i redditi e i consumi e generano contrazioni dell’imponibile e distorsioni nell’economia.
Ma veniamo ai commenti sfavorevoli. Alcuni contestano l’equità di un’imposta su un patrimonio improduttivo qual è l’abitazione propria, affermando che solo l’imposta sul reddito o sul consumo è equa. La replica è che, come ampiamente noto, il reddito figurativo della residenza è tassabile quanto il reddito monetario dell’edificio locato; e questo incontestato principio tributario non è intaccato dalle possibili agevolazioni che si vogliano concedere, magari per finalità extratributarie ( diffusione della proprietà  a scopo di stabilizzazione sociale). Occorre poi ricordare che l’ICI sulla prima casa, mentre appare compatibile con il criterio della capacità contributiva, è in ogni caso ampiamente giustificata nella finanza locale dal criterio del beneficio.
Un altro commento invoca il ritorno alla vecchia imposta locale sul reddito ( Ilor, abolita nel 1998). A prescindere dai problemi applicativi di tale imposta nella sua configurazione effettiva, che a dispetto del nome la condannarono ad essere unÂ’imposta erariale, va detto che per la casa di abitazione lÂ’Ilor, depurata dalle esenzioni temporanee concesse sugli immobili di nuova costruzione, sarebbe del tutto equivalente allÂ’Ici.
Più fondamento teorico avrebbe l’ipotesi, avanzata in altro commento, di ripristinare l’Invim, che tuttavia, per vari motivi non analizzabili in questa sede, è improponibile nell’attuale contesto.
In termini più aderenti alla situazione presente, viene da alcuni invocato un inasprimento dell’Ici sullo sfitto a compenso del gettito perduto con l’abolizione dell’Ici sulla prima casa. Incidentalmente va osservato che non è affatto ovvio il fondamento etico della penalizzazione dello sfitto (bisognerebbe chiedersi perché il proprietario rinuncia al guadagno della locazione); ma ai fini del tema in discussione basta sottolineare la vistosa differenza  tra i due imponibili, quello delle case sfitte e quello delle prime case, per concludere che non c’è possibilità che un inasprimento sul primo compensi la scomparsa del secondo.
Su altro piano è stato sostenuto che si può configurare una manovra sull’Irpef tale da rendere il prelievo più progressivo rispetto all’attuale sistema con l’Ici. E’ tesi astrattamente valida, ma non si tratta di configurare possibili combinazioni aritmetiche , bensì di ragionare sulle probabili manovre di questo governo dal lato delle entrate e su quello delle spese; e allora resta valida la mia tesi che non ci si deve aspettare alcun guadagno in termini di efficienza o equità . Senza contare che simili esercizi non intaccano comunque le ragioni del federalismo che militano a favore dell’Ici.
Termino riconoscendo molto lucida l’osservazione di Mario Data sui possibili guasti provocati dall’Ici sulla politica urbanistica. La tesi, che anch’io avevo avanzato su queste colonne, è che i comuni, in perenne crisi finanziaria, sono tentati di svendere il territorio e “ cementificare l’impossibile” per incassare in futuro l’Ici ( in aggiunta all’incasso immediato degli oneri di urbanizzazione e costruzione). Ma la soluzione sta nel garantire una più efficace tutela del territorio e un maggiore ruolo delle compartecipazioni comunali al gettito delle imposte erariali, non già nell’abolire l’Ici sulla prima casa.