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CASA E DEBITI: IL MALESSERE PERCEPITO DALLE FAMIGLIE ITALIANE

L’aumento dei tassi d’interesse ha fatto emergere in Italia una situazione di rischio per le famiglie che negli anni passati hanno fatto investimenti per l’acquisto della casa. Tanto che il governo ha definito un’intesa con il sistema bancario per allungare le scadenze dei mutui riducendo l’importo delle rate di rimborso. Inoltre, nel periodo 1995-2005 l’aumento reale medio dei redditi delle famiglie è stato inferiore all’1 per cento. Ciò può aver determinato una revisione verso il basso delle aspettative di crescita e una percezione più negativa delle proprie condizioni economiche.

EVASORI IN EQUILIBRIO

L’evidenza empirica mostra che pressione fiscale apparente ed evasione sono guidate da un andamento di lungo periodo comune: variano nel tempo, ma nel rispetto di una relazione di equilibrio di lungo periodo. E’ come se ciascun agente osservasse l’aliquota richiesta dal governo, decidesse qual è quella tollerabile e adattasse il reddito dichiarato in modo da ottenere l’aliquota desiderata sul reddito effettivo. Non a caso la penalizzazione per i contribuenti virtuosi appare invariata nei decenni, col passare di generazioni e governi.

SEI ANNI CON LAVOCE.INFO

Sei anni fa nasceva lavoce.info. Sono trascorsi quattro governi, tre ministri dellÂ’Economia, e, purtroppo, abbiamo solo 6 punti percentuali di Pil in più. Nel frattempo la “democratica” Internet è diventata per molti italiani la principale fonte di informazione dopo la Tv. Addirittura, la prima per chi cerca approfondimenti di politica e di economia. E informazioni il più possibile complete, non partigiane. Lo mostra un sondaggio da noi commissionato, e se ne trova conferma nei dati sulle visite al nostro sito. Spingendoci così a svolgere con sempre maggiore impegno il nostro ruolo di cane da guardia della politica economica.

L’ALTALENA DELL’INDIPENDENZA*

Le ricette per favorire la crescita dei paesi in via di sviluppo raccomandano riforme delle istituzioni e della politica. Ma la loro efficacia dipende in larga parte dal contesto politico iniziale. Per esempio, l’indipendenza della banca centrale può avere effetti straordinari sull’inflazione. Ma se introdotta in un sistema istituzionale per altri versi debole, produrrà un effetto altalena, che ne vanificherà i benefici, magari attraverso un deterioramento del bilancio pubblico. Si spiegano così molti casi di fallimento delle politiche del Washington consensus.

L’INFORMAZIONE CORRE SUL WEB*

Sono sempre di più gli italiani che navigano in Internet, 26 milioni dicono le stime. E se la televisione resta il mezzo da cui si attingono le notizie, è in rete che si cercano fonti di approfondimento attendibili e non faziose. Perché i bassi costi sono una garanzia di minore dipendenza dai finanziatori. Lo dicono i risultati del nostro sondaggio su “Internet, informazione e pluralismo”.

IL COSTO DEL CUMULO

Il pacchetto delle misure previdenziali varate dal governo contiene l’abolizione del divieto di cumulo tra rendite da lavoro dipendente o autonomo e prestazione da pensione di anzianità. Si potrà quindi lavorare e nello stesso tempo godere di una pensione di anzianità. Da notare che il divieto era sinora totale tra pensione di anzianità e lavoro dipendente e parziale tra pensione di anzianità e lavoro autonomo. Nell’ultimo caso era cumulabile un reddito corrispondente al minimo INPS più il 70% dell’eccedenza della pensione sul minimo, con una trattenuta comunque non superiore al 30% del reddito conseguito. Secondo le intenzioni del Ministro Sacconi  l’abolizione del cumulo mira a combattere il lavoro nero e far emergere il gettito sui redditi da lavoro ora sommerso. Ma la misura porterà anche a ridurre le entrate di coloro che al momento subiscono una trattenuta sui redditi da lavoro se pensionati. Inoltre l’abolizione del divieto di cumulo rende più appetibile l’opzione del pensionamento d’anzianità, abbassando l’età di pensionamento e facendo lievitare la spesa previdenziale. La Ragioneria Generale dello Stato stima un costo della totale cumulabilità pari a 390 milioni di Euro. Può essere una stima per difetto. Il provvedimento infatti si applica a tutte le pensioni di anzianità successive al 31 dicembre 2002. Secondo l’INPS lo stock di pensionati-lavoratori è di circa 2 milioni e 40mila, ma questo dato non  tiene conto di coloro che avrebbero comunque deciso di continuare a lavorare e in più potranno godere della loro pensione di anzianità. Se il flusso delle nuove pensioni di anzianità aumentasse del 40% (rispetto al flusso in assenza del cumulo), il costo potrebbe più che raddoppiare. E’ difficile fare delle previsioni accurate. Buona quindi l’idea della rimozione del divieto, ma andrebbe applicata in un sistema “neutrale”, quale il sistema contributivo, e non in un sistema in cui le pensioni di anzianità sono in media generose.

IL PREZZO DEL PREGIUDIZIO

In Italia solo il 46 per cento delle donne in età lavorativa ha un’occupazione, uno dei livelli più bassi tra i paesi Ocse. Non solo per la scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro. I differenziali nei tassi d’occupazione e nelle retribuzioni sono dovuti anche a pratiche discriminatorie. E se la progressiva liberalizzazione dell’economia può contribuire a ridurle, una rigorosa legislazione è strumento irrinunciabile. Ma deve prevedere autorità competenti a compiere indagini anche senza querela individuale e sanzioni per l’impresa riconosciuta colpevole.

SPAGNA-ITALIA: IL SORPASSO

In Spagna, la classe dirigente ha chiara l’urgenza della principale sfida per il futuro: far crescere la produttività totale. E non si ha paura di lasciare indietro chi non tiene il ritmo dell’innovazione, siano università inefficienti o imprese poco competitive. In Italia il ministro dell’Economia indica la globalizzazione come causa dei nostri malanni. Ma se vogliamo tornare a crescere, dobbiamo risolvere i problemi interni. A partire da due risorse inutilizzate come Mezzogiorno e lavoro femminile. Aggiungendo molta concorrenza. L’alternativa è solo un dolce declino.

QUEGLI INDICATORI NEMICI DELLE DONNE*

La legge sugli incentivi alle aziende che assumono donne non si applica alla Calabria, che pure ha un tasso di occupazione femminile al 31 per cento. Un caso che deve servire da monito per il futuro. Se gli indicatori utilizzati per ripartire gli stanziamenti per le politiche sociali e del lavoro si basano solo sulla disoccupazione, in alcune fasi potrebbero essere penalizzati proprio i segmenti più deboli sul mercato del lavoro. Costruire o individuare l’indicatore adeguato a misurare un fenomeno è difficile, ancora più complesso è costruirne uno sensibile al genere.

CHI HA RAGIONE PAGA

La regola generale vigente nei processi civili prevede che le spese processuali vengano pagate dalla parte che perde la causa. Ora il governo propone che siano addebitate a chi vince la causa se questi ha rifiutato senza giustificato motivo una proposta vantaggiosa di conciliazione. L’idea, di per sé buona, è di incentivare la conciliazione. Ma rischia di non tener conto del contesto italiano, nel quale la parte che ha ragione è in una situazione di debolezza cronica. E i meccanismi conciliativi potrebbero costituire una minaccia in bianco ad accettare accordi anche ingiusti.

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