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LA RECESSIONE USA

Gli ultimi dati confemano che l’economia americana sta con tutta probabilità andando incontro a una recessione di cui ad oggi è difficile prevedere la gravità e le conseguenze per le economie europee. A sorpresa il numero degli occupati è calato a febbraio di 63,000 unità. Evidentemente la crisi finanziaria sta facendo sentire i suoi effetti prima e più intensamente di quanto ci si aspettasse. Che cosa accadrà nel prossimo futuro?  E’ arduo dirlo. Da un lato gli effetti della crisi finanziaria si devono ancora esplicare; per ora ne abbiamo osservato solo i primi impatti. Dall’altro, la crisi finanziaria stessa può riservare altre sorprese ed essere a sua volta aggravata dal rallentamento dell’economia. Al momento le speranze di evitare una recessione profonda dipendono solo dalla reazione dell’economia al rapido calo dei tassi di interesse deciso dalla FED.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Nel mio intervento sul tema della precarietà sostenevo tre punti:

1. la rigida tutela del lavoratore fornita dalle regole vigenti negli anni Â’70 ha assecondato una visione del rapporto di lavoro come centro o sede di esclusivi conflitti di interesse;
2. le modifiche di quel quadro normativo, dagli anni ’80 ad oggi, non sono state guidate dall’obiettivo di un corpo coeso di regole attorno a una visione meno semplicistica e radicale del rapporto di lavoro. Il percorso di revisione fino ad oggi compiuto, per quanto profondo, non è mai approdato a una diversa ispirazione del quadro normativo. Non è mai approdato a un principio di efficienza del mercato a cui legare le regole, o a un principio di tutela del lavoro tramite l’efficienza del mercato del lavoro. La creazione di flessibilità attraverso una revisione molto frammentata delle regole ha prodotto una artificiosa segmentazione del mercato del lavoro e una iniqua stratificazione di tutele.
3. Il raggiungimento di un corpo coeso di regole – fondato su principi di efficienza e di equità e su una visione del rapporto di lavoro che riconosca aree di interesse comune a impresa e lavoratore – richiede che si affronti esplicitamente anche il tema dei licenziamenti individuali.

In modo alquanto diverso, i commenti a questo intervento sono tutti significativi. Alcuni fanno riferimento al modello danese, per negarne l’applicabilità all’Italia a motivo della insostenibilità finanziaria di adeguati ammortizzatori sociali o per sollecitare un uso più efficiente e rigoroso della spesa sociale. Si tratta di argomenti seri. Personalmente sono più sensibile al secondo che al primo, ma temo che entrambi spostino un po’ il focus del mio argomento: il problema degli ammortizzatori sociali rende forse meno utile fare chiarezza sulle distorsioni delle attuali regole del mercato del lavoro e sull’esigenza di porre in discussione alcuni principi generali a cui esse queste regole restano comunque legate?
La debolezza degli ammortizzatori e il timore di una revisione dell’art. 18 fanno temere, in altri commenti, una “riduzione delle tutele” e una conseguente “generale precarizzazione del mercato del lavoro”. Rimango perplessa davanti a questi commenti.  La precarizzazione del mercato del lavoro c’è già, con il suo pesante carico di iniquità e ingiustizia sociale.  Il richiamo a un principio di efficienza del mercato è esattamente l’indicazione di una via più efficace per combattere la precarizzazione. Per quanto riguarda l’art. 18 poi, è fin troppo ovvio che l’efficienza del mercato non passa solo per la sua correzione, ma questa correzione è un passo ineludibile se si vuole davvero fare i conti con la complessità del rapporto di lavoro.
In un commento si parla anche di “presunte ‘efficienze’ di presunti ‘mercati’ del lavoro” e non si ritiene che possa esser messa in discussione la visione del rapporto di lavoro come centro o sede di esclusivi conflitti di interesse. Sorvolando sul presunto mercato, sottolineerei a questo lettore che una visione esclusivamente conflittuale è giustificata solo nell’ipotesi di livelli di produzione dati e di tecniche date, un contesto a cui fortunatamente non siamo ancora arrivati. Temo, però, che in questa semplificazione il lettore sia in folta compagnia.
Condivido totalmente, infine, il commento, amaro, di una lettrice che “opera nel settore del lavoro dipendente”. C’è oggi un rischio nel nostro mercato del lavoro: l’abuso delle tutele da parte del lavoratore e l’abuso di tutti i possibili margini di flessibilità da parte delle imprese può innescare una sorta di gioco perverso che può finire col danneggiare tutti. In che misura il tessuto produttivo del paese sta correndo questo rischio? Scongiurarlo, portando efficienza, semplificazione e coerenza nelle regole, dovrebbe essere un impegno prioritario dei nostri governanti.

LA POLITICA E LA BANDA LARGA

Lo sviluppo della nuova rete di telecomunicazioni del paese deve entrare nel dibattito politico. Non per valutare cosa deve fare Telecom Italia, ma per capire se i pur legittimi piani della società sono proprio quello che serve all’Italia. Se così non fosse, e probabilmente così non è, occorre porre il tema di chi paga per “fare di più”. Il conto forse sarà salato e la questione meno attraente di altre per certi politici. Tuttavia, si tratta di un investimento cruciale. Da decidere in fretta perché le telecomunicazioni non attendono.

PDL TRA MUTUI, CONTI CORRENTI E INESSENZIALI

Il programma del Pdl parla di ristrutturazione dei mutui, ma non specifica chi ne siano i destinatari. Il rischio è di introdurre elementi distorsivi nel funzionamento dei mercati con pratiche onnicomprensive che finiscono con il tutelare poco o niente chi ne avrebbe effettivamente bisogno e diritto. Importante il progetto di generalizzare il principio della portabilità a tutti i rapporti bancari, compresi i conti correnti. Vaga invece la proposta di liberalizzare i servizi privati e pubblici e soprattutto di liquidare le società pubbliche non essenziali.

IL MERCATO VISTO DA SECOND LIFE

Second Life replica molte situazioni della vita reale. Ma ha un sistema economico diverso. E dunque può essere visto come un microcosmo utile per testare empiricamente le assunzioni classiche della self regulation dei mercati finanziari. Le regole imposte per la quotazione sono ben poche e la concorrenza ha spinto il regolatore privato alla creazione di una normativa essenziale che mira a soddisfare due fondamentali condizioni: l’accesso e la permanenza delle imprese sul mercato e la sicurezza e la fiducia degli investitori nelle imprese quotate.

CICLO O CRESCITA: IL PROBLEMA DELL’ITALIA

Ieri l’Istat ha reso noto che a gennaio la produzione industriale è aumentata dello 0.5% rispetto a un anno prima, recuperando parte del calo marcato di dicembre. E’ una notizia che fa piacere. Ma non c’e molto di cui rallegrarsi. Le variazioni positive o negative da un mese all’altro non sono il problema su cui focalizzare l’attenzione. Il problema italiano è la bassa crescita di medio termine. Negli ultimi 10 anni il paese è cresciuto sistematicamente meno degli altri. In Germania la produzione industriale è oggi 20 punti piu’ elevata che nel 2001, nell’area dell’euro 12 punti in più. In Italia è ferma al livello del 2001. Questa stasi è il riflesso dei limiti strutturali dell’Italia. Una economia avanzata non può alla lunga reggere senza un sistema giudiziario efficiente, un sistema di istruzione di elevata qualità, una amministrazione rapida e amica dell’iniziativa privata, una rete di infrastrutture adeguata. Il prossimo governo, qualunque sia il suo colore, dovrà affrontare questi nodi. Mentre infatti poco possiamo fare per stabilizzare il ciclo economico il superamento di questi nodi dipende solo da noi.

NIENTE CONDONI, GRAZIE

L’impegno che la Redazione de lavoce.info chiede al futuro Ministro dell’Economia.

CRESCITA 2007: NIENTE DI NUOVO

Nel 2007 la crescita del Pil dell’Italia è stata inferiore di circa un punto percentuale a quella media dell’area euro. Ma particolarmente preoccupante è il confronto con Germania, Francia, Regno Unito e Spagna. Non si tratta di una novità: l’ultimo anno in cui il nostro paese è cresciuto più rapidamente dei quattro grandi in Europa è stato il 1995, quando la nostra industria beneficiò di una cospicua svalutazione. La crescita potenziale limitata dell’economia italiana di questi anni dovrebbe rendere più cauti gli schieramenti nelle promesse elettorali.

RISANAMENTO A META’

Pubblicato il dato definitivo di finanza pubblica del 2007. Permette un primo bilancio della gestione dei conti pubblici sotto la regia Padoa Schioppa-Visco. Il risanamento c’è stato, ma quasi solo sul lato delle entrate, con un forte recupero di base imponibile. Modesti i risultati sulla spesa. In accelerazione anche la spesa corrente primaria, quella al netto degli interessi. Nel complesso la situazione dei conti pubblici è comunque significativamente migliorata rispetto a inizio legislatura. Occorre ora intervenire davvero nel contenimento della crescita della spesa. A partire dal rinnovo del contratto del pubblico impiego.

DEMOCRATICI E FINANZA DALL’AMERICA ALL’ITALIA

Nelle primarie americane si discute molto di una soluzione per la crisi dei subprime. Da noi la situazione non è così allarmante, ma è comunque importante valutare le proposte dei programmi elettorali sulla finanza e il diritto delle imprese. Il Pd lancia idee un po’ generiche, ma che possono essere di buon auspicio. Significativo il messaggio della trasparenza coniugato con la semplificazione dei contratti. Soprattutto se fosse accompagnato da un progetto di educazione finanziaria. Si aprono nuove frontiere sul terreno delle relazioni industriali.

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