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La scuola cinque anni dopo

La legge 53/2003 vuole definire le norme generali sull’istruzione e i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale. Per questo alla legge delega sono già seguiti sei decreti di attuazione. Tante norme, ma scarse risorse finanziarie per realizzarne il contenuto. Il piano programmatico di interventi finanziari a sostegno dell’attuazione della riforma Moratti indicava un totale di 8.320 milioni di euro per il quinquennio 2004-2008. Buona parte dei quali resta da reperire nei prossimi tre anni.

La scuola non è uguale per tutti

Una recente ricerca analizza la distribuzione delle risorse scolastiche.Si scopre così una variabilità territoriale della spesa per istruzione, con differenze tra l’una e l’altra Regione dell’ordine del 25 per cento. Le maggiori disparità si osservano nella scuola dell’infanzia e in quella superiore. Il problema è che le spese per funzionamento didattico sembrano essere associate alle competenze raggiunte dagli studenti. E il crescente decentramento dei meccanismi di finanziamento pubblico dell’istruzione potrebbe finire per provocare effetti indesiderati.

Eppur bisogna lavorare di più

I paesi con un numero elevato di ore lavorate pro-capite registrano una crescita economica maggiore. Lo dimostrano gli Stati Uniti e, in Europa, la Gran Bretagna e i nuovi Stati membri dell’Unione. La discussione sulla revisione della Working Time Directive dovrebbe essere l’occasione per ridurre i disincentivi che tengono basso il livello di ore medie lavorate. Soprattutto, dovrà rimanere in vigore la clausola opt-out, che consente di allungare il limite dell’orario di lavoro settimanale oltre le 48 ore. Ed è ritenuta vitale per assicurare la competitività.
Pubblichiamo, in seconda pagina, la replica dell’autrice ai commenti dei lettori.

Chi si è preso i guadagni di produttività

Il boom dell’economia americana non ha finora prodotto benefici per tutti. Anzi. Le analisi più recenti mostrano che ad aumentare il loro reddito reale in proporzione pari o maggiore alla crescita della produttività aggregata sono stati in pochi. E’ la conferma di un cruciale dilemma della New Economy: per accelerare, la crescita ha bisogno di rapido progresso tecnico e di un ambiente competitivo, ma i suoi frutti si distribuiscono in modo diseguale. E il riassorbimento delle disuguaglianze non è scontato in un’economia poco sindacalizzata e con un limitato intervento redistributivo dello Stato.

Un reddito minimo contro l’esclusione sociale

Il reddito minimo di inserimento dovrebbe far parte di una rete di protezione sociale che comprenda anche interventi centrati sul sostegno ai cittadini nel mercato del lavoro. Va condizionato alla partecipazione obbligatoria a percorsi di integrazione e all’accettazione della chiamata al lavoro. Essenziale delimitare rigorosamente la platea dei potenziali beneficiari. Solo così si può sperare di attivare programmi di reinserimento credibili e realizzare una efficace prova dei mezzi. Con un onere a regime per la finanza pubblica tra i tre e i quattro miliardi di euro.

Un Reddito minimo garantito per l’Italia

I nuovi dati Banca d’Italia ci permettono di completare la ricostruzione di cosa è successo alla distribuzione del reddito negli ultimi quindici anni. Si avverte sempre più il bisogno di uno strumento di lotta alla povertà universale (basato su regole uguali per tutti) e selettivo (che subordina gli aiuti a verifiche dei redditi e dei patrimoni delle famiglie). Formuliamo proposte precise. Un Reddito minimo garantito, almeno inizialmente, non costerebbe più del secondo modulo della riforma fiscale di cui nessuno si è accorto. E coloro che sono stati sin qui dimenticati da tutti beneficerebbe grandemente di questa misura.

Il condono permanente

La programmazione fiscale triennale è rivolta alla stragrande maggioranza delle imprese e alla quasi totalità dei professionisti. Ne beneficeranno soprattutto i soggetti con attività in crescita, in particolare le società di capitali. Una evidente disparità di trattamento rispetto agli altri tipi di reddito, tenuti al pagamento integrale delle imposte sulla base delle aliquote ordinarie. Il provvedimento non consente alcun concreto recupero strutturale delle basi imponibili evase. Ma sottrae risorse alle Regioni, perché comporta una perdita di gettito Irap.

Devolution senza federalismo

La riforma costituzionale lascia inalterato il meccanismo di finanziamento delle autonomie locali e il sistema dei rapporti finanziari tra differenti livelli di governo fissato nel 2001. Eppure per l’intera legislatura si è bloccata la concreta attuazione del federalismo fiscale. Anzi, negli ultimi anni, con tetti di spesa e vincoli vari si sono inasprite le limitazioni all’autonomia finanziaria di Regioni ed enti locali. Il Governo preferisce affrontare questi problemi con interventi a breve termine, non concordati con gli altri soggetti istituzionali coinvolti.

Evadere il fisco non merita indulgenze

Recenti stime dicono che in Italia una quota tra il 27 e il 48 per cento del Pil ufficiale viene nascosta al fisco. Per la sottodichiarazione del fatturato e per l’impiego di lavoro irregolare. Ma tra autonomi e dipendenti, la percentuale di reddito non dichiarato è molto alta nei livelli più bassi e decrescente al crescere del reddito. Non per questo l’evasione va guardata con indulgenza. Per tutelare i lavoratori a basso reddito è meglio pensare a nuove politiche del lavoro e a un nuovo welfare. Oltre a eliminare le condizioni che portano al sommerso.

Evasione al chiaro di luna

Nel Mezzogiorno la fiscalità agevolata non sembra aver favorito l’emersione di impresa. Il fenomeno si spiega ricorrendo alla definizione di impresa moonlighting, che utilizza la medesima capacità produttiva per produrre beni regolarmente fatturati e dichiarati al fisco e beni che invece vengono sottratti all’imposizione fiscale. In questi casi, l’erogazione di incentivi fiscali per gli investimenti o per la produzione può dar luogo a effetti perversi. E un condono spinge le imprese irregolari a emergere solo parzialmente, per approfittare delle agevolazioni.

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