Quanto costerebbe il bonus di 80 euro ai pensionati al minimo? Dipende dalle regole di accesso alla misura. In ogni caso una spesa consistente. E forse quei soldi si potrebbero spendere meglio. Rischio povertà delle giovani famiglie e revisione organica di alcune prestazioni pensionistiche.
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Nel discutere di pensioni bisogna distinguere ciò che è previdenza da quello che è assistenza. Pure nel caso della reversibilità. Sarebbe quindi equo determinare l’importo della pensione non solo in base alla speranza di vita del titolare, ma anche a quella di chi potrebbe diventarne beneficiario.
La proposta Inps per pensioni universali di vecchiaia ha il pregio di superare una serie di problemi di attuazione storicamente molto difficili da risolvere in Italia. Resta una soluzione parziale, ma è il primo passo per la riforma delle politiche di contrasto alla povertà nel nostro paese.
Da tempo il governo parla della possibilità di anticipare l’uscita dal lavoro in cambio di una riduzione della pensione. Creando così grandi aspettative, soprattutto tra le donne, per le quali dal 2016 si alza l’età di pensionamento. Ma nella legge di stabilità c’è solo uno strano part time.
Introdurre forme di “equa” flessibilità in uscita oggi può essere utile. Il rischio è che faccia credere di aver così risolto i problemi degli ultra-cinquantenni sul mercato del lavoro. E magari anche quelli dei giovani. Aumento della speranza di vita e la sfida di una forza lavoro che invecchia.
Il presidente del Consiglio ha promesso di rivedere la legge Fornero, in modo che si possa accedere alla pensione anche prima di raggiungere l’età fissata. Ma come calcolare la penalizzazione per l’uscita anticipata? Il rischio di compromettere i precari equilibri del sistema pensionistico.
Le riforme proposte dalla relazione Inps hanno come filo conduttore la posizione dei lavoratori anziani nel mercato del lavoro. Ma sul reddito garantito agli over 55 si dovrà fare attenzione ai possibili effetti perversi. E ricordare che se la flessibilità in uscita è un bene, non è priva di costi.
Nell’inutile attesa di istruzioni dal Governo, alla fine del 2014 l’Inps ha sterilizzato la rivalutazione negativa dei contributi. Qualche mese dopo, la Consulta ha bocciato il blocco dell’indicizzazione. I due episodi dovrebbero stimolare una riflessione sul principio della parità di trattamento.
Non è vero che non si è fatto nulla sulla spesa pubblica. Pesanti sono stati gli interventi sugli investimenti, l’impiego pubblico e gli acquisti di beni e servizi. Ma la dinamica della spesa pensionistica continua a essere eccessiva. Anche prima della sentenza della Consulta.
Il governo ha affrontato con prontezza la questione della rivalutazione delle pensioni dopo la sentenza della Consulta. Più complessa è la partita della flessibilità in uscita. Che certo darebbe alcuni vantaggi ai lavoratori. Ma aumenterebbe la spesa pensionistica, almeno in un primo momento.