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Categoria: Sanità Pagina 30 di 37

UNA SMENTITA DELLA REGIONE CALABRIA E LA REPLICA DEGLI AUTORI

E’ completamente destituita di fondamento e già smentita nei giorni scorsi, quando è stata diffusa dal signor Pippo Callipo candidato alla presidenza della Regione che parlava addirittura di "premi", con il comunicato che segue:
CATANZARO, 17 FEB – “Callipo ha preso un abbaglio. Non c’è alcuna delibera della giunta, né quella citata né altre, che elargisce premi ai direttori generali della aziende sanitarie e ospedaliere”. Lo ha detto Pantaleone Sergi, portavoce del presidente della Regione Calabria Agazio Loiero. “Si tratta, quindi – ha aggiunto Sergi – di una polemica chiaramente strumentale per reiterare accuse contro la Giunta e i dipendenti regionali da parte di chi appare a corto di argomenti propositivi”.
“C’è invece – ha detto ancora Sergi – una delibera che fissa criteri generali e astratti, come impone la legge, per valutare l’attività e i risultati dei direttori generali, per verificare, insomma, se hanno raggiunto gli obiettivi assegnati o non li hanno raggiunti. Tutto qua”.
“Nella pubblica amministrazione, che è altra cosa rispetto al governo di un’azienda privata (sebbene lo stesso Callipo, in verità, ha distribuito premi ai propri dipendenti per i risultati positivi conseguiti dalla sua azienda), la legge – ha concluso Sergi – impone di effettuare valutazioni in base a griglie prestabilite. E, ripeto per evitare equivoci, nessun direttore generale ha avuto assegnato alcun premio, tanto meno con delibera di giunta”.
Nessun premio, dunque, e nessun aumento. Ma una smaccata provocazione elettorale.

Pantaleone Sergi – Portavoce del Presidente della Regione Calabria

 

Il testo della newsletter e de "Il Punto" in home page rappresenta una sintesi giornalistica degli articoli pubblicati, i cui argomenti sono ovviamente meglio precisati nel testo integrale. Qui di seguito gli autori replicano alla smentita del Portavoce del Presidente della Regione Calabria.

Ringraziamo il portavoce del Presidente Loiero per la segnalazione. Ma sinceramente non capiamo che cosa la smentita smentisca. Preghiamo il dottor Sergi di leggere con maggior attenzione il nostro articolo. Nell’articolo diciamo che il 28 gennaio 2010 la giunta calabrese ha riconosciuto un incremento fino al 20 per cento dello stipendio dei direttori generali delle aziende sanitarie, condizionato al raggiungimento di determinati obiettivi. E’ esattamente quello che è scritto nella delibera riportata in calce all’articolo. Certo che è previsto dal contratto di lavoro dei dirigenti generali delle ASL che parte della loro remunerazione possa dipendere dal raggiungimento degli obiettivi prefissati; è quello che si fa in tutte le Regioni. Solo che generalmente questi obiettivi sono ben specificati nelle delibere regionali; sono viceversa molto vaghi nella delibera della Regione Calabra, il che induce a qualche dubbio sulla capacità della giunta di verificare ex post, sulla base delle relazioni che i dirigenti generali devono presentare, l’effettivo raggiungimento degli obiettivi assegnati. Per sua informazione e per informazione dei lettori, alleghiamo a titolo di esempio una recente delibera della Regione Piemonte e una della Regione Sardegna, con allegata specificazione degli obiettivi per i dirigenti delle Asl. Un confronto con quello della Regione Calabria dovrebbe essere sufficiente a chiarire il nostro punto.Detto ciò, resta il punto politico di aver voluto riconoscere lo spazio per una retribuzione di risultato ai Dirigenti Sanitari, in una situazione che, come documentiamo nell’articolo, di buoni risultati sia sul piano finanziario che di qualità dei servizi offerti ai cittadini ne offre ben pochi. Come minimo, questi obiettivi avrebbero dovuto essere definiti in modo assai più stringente, e il Ministero dell’Economia avrebbe dovuto controllare che così fossero. Questo è il punto del nostro articolo.

Massimo Bordignon e Gilberto Turati

UN’ALTRA PRECISAZIONE DELLA REGIONE CALABRIA

Ho smentito e smentisco quanto da voi scritto, e cioè che "la Regione Calabria – testuale – ha aumentato del 20 per cento gli stipendi dei direttori generali delle sue aziende sanitarie" e spero che questa volta sia chiaro quel che affermo. Con la delibera da voi citata del 28 gennaio 2010 la giunta calabrese non ha riconosciuto alcun incremento fino al 20 per cento dello stipendio dei direttori generali delle aziende sanitarie come da voi ancora sostenuto, bensì ha fissato criteri generali e astratti, così come vuole la legge, prevedendo premialità per chi avrà raggiunto obiettivi prefissati. Tutto qua. Niente aumenti generalizzati, come si potrebbe intendere leggendo il testo della vostra newsletter e de "Il Punto" in home page. Anzi niente aumenti.
Prendo atto, tuttavia, delle vostre informazioni su quanto è stato fatto in altre Regioni e mi premurerò di far avere ai responsabili anche le vostre valutazioni critiche (che immagino siano il frutto di una comparazione della delibera della giunta calabrese, che non vedo però sul vostro sito, con quella di altre regioni e non di informazioni giornalistiche) e i vostri suggerimenti, che in quanto tali possono anche essere opinabili.
Vorrei approfittare della vostra ospitalità per alcune spiegazioni aggiuntive. E’ vero che la Sanità calabrese ha mille guai. Sono la conseguenza di gestioni fallimentari a cui la Giunta guidata da Agazio Loiero ha messo mano cercando, con difficoltà, di porre riparo. Intanto con la quantificazione di un debito enorme che per l’80 per cento è stato prodotto dalla giunta di centrodestra che ha governato la Calabria dal 2000 al 2005 (sono cifre accertate dall’advisor Kpmg inviato dal governo Berlusconi) e poi concordando con il governo un Piano di rientro ovviamente rigoroso, che non permette spese inutili. Nello stesso tempo ci si è preoccupati di migliorare la qualità dell’assistenza investendo sia fondi per centinaia di milioni che il Governo centrale ha tenuto bloccati per anni, sia con un programma straordinario che prevede la chiusura di dieci piccoli e inutili ospedali, spesso “strumenti di morte” più che di salute, e la contemporanea costruzione di 4 nuovi presidi moderni nelle strutture e nelle tecnologie (queste ultime migliorate anche negli altri nosocomi). E’ in atto, insomma, un grande sforzo di miglioramento della rete assistenziale in tutta la regione che prevede, tra l’altro, la costruzione di numerose “Case della Salute” con fondi europei già disponibili. Ci vorrà ancora del tempo ma l’obiettivo prioritario è quello di assicurare Livelli essenziali di assistenza a tutti i calabresi. Ci sono le risorse e ci sono le professionalità per farlo. Questo è il punto. Se in questo sforzo di miglioramento, come è auspicabile, ci saranno direttori generali delle aziende sanitarie e ospedaliere, capaci, in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati, è doveroso, non solo perché lo prevede la legge, che siano adeguatamente trattati anche dal punto di vista economico. O no?
Grazie per l’attenzione.

Pantaleone Sergi – Portavoce del Presidente della Regione Calabria

 

Ringraziamo nuovamente il dott. Sergi per le sue precisazioni. Come già osservato, il punto e la newsletter, a cura della redazione, rappresentano una semplificazione giornalistica dei contenuti di un pezzo e come tale possono essere talvolta imprecise. Per quello che ci concerne come autori, ci limitiamo a due sole osservazioni. Primo, non abbiamo dubbi che i problemi della sanità calabra vengano da lontano e che gestirla sia molto difficile. Ma sinceramente nei dati che abbiamo raccolto e che abbiamo riportato nell’articolo, tutta questa evidenza di miglioramenti durante la gestione Loeiro non l’abbiamo trovata. Secondo, si possono sicuramente pagare di più le persone che si impegnano di più, a partire dai direttori generali delle aziende sanitarie e ospedaliere. Il problema è che per premiare qualcuno perché ha fatto qualcosa, bisogna prima definire che cosa deve fare. Nella delibera della regione Calabria (già pubblicata nel nostro articolo originario), a differenza di quello che normalmente succede nelle altre regioni (come dimostrato dal campione di delibere accluse alla nostra precedente risposta), di una chiara definizione degli obiettivi assegnati ai direttori generali non c’è traccia.
Cordialmente

Massimo Bordignon e Gilberto Turati

 

UNA PENITENZA PER CHI MANDA LA SANITÀ IN ROSSO

Oggi sono sostanzialmente i cittadini a pagare quando una Regione viene commissariata per il suo deficit sanitario, attraverso l’incremento automatico dei tributi e delle tariffe regionali. Mentre al governatore vengono addirittura attribuiti poteri speciali. Per incentivare i partiti a scegliere meglio i loro candidati si dovrebbe invece prevedere in questi casi l’interruzione del finanziamento pubblico dei partiti di maggioranza e la sospensione degli emolumenti per il governatore e i componenti della giunta regionale per tutto il periodo del commissariamento.

ESAMI DI LABORATORIO ALLA FIERA DELLE SANITÀ

Il governo propone un aggiornamento delle tariffe nazionali delle prestazioni sanitarie di laboratorio. Ma qual è il senso della revisione quando poi le singole Regioni remunerano in modo assai diverso gli stessi esami? Per esempio, in Lazio o Calabria alcuni accertamenti costano il doppio rispetto all’Emilia Romagna. E’ assai probabile che la riduzione causi molti problemi ai laboratori pubblici e privati nelle Regioni che applicano il tariffario nazionale in modo virtuoso. Mentre poco o nulla inciderà in quelle che dovrebbero essere spinte a una maggiore efficienza.

PER LA SANITÀ È TEMPO DI SCELTE STRATEGICHE

La sanità italiana ha un milione di addetti, rappresenta una quota importante del Pil e si segnala per livelli di complessità organizzativa e innovazione tecnologica ben superiori ad altri settori economici. Eppure di rado è vista come volano di sviluppo dell’economia. Perché deve risolvere alcune questioni fondamentali: frammentarietà del sistema di welfare socio-sanitario, federalismo, ambiti di autonomia del management. Sono temi che chiamano in causa in particolare i decisori politici regionali.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Un lettore fa notare che i conti non tornano: 67 per cento coperti da assicurazioni private, piu il 27 per cento coperti dal settore pubblico, più 15 per cento non coperti, sommano a più del 100 per cento. La ragione per la discrepanza è che i tipi di assicurazione non si escludono mutualmente: una persona può essere coperta da più di un tipo di assicurazione durante un anno. I dati sono tratti dalla Figura 7 del report "Income, Poverty, and Health Insurance Coverage in the United States: 2007" pubblicato da U.S. Census Bureau.
Alcuni lettori argomentano che la riforma, per quanto imperfetta, è importante. Sono d’accordo, e non voglio minimizzarne l’importanza. Mi limito a fare notare che l’appetito per spendere denaro pubblico in
assistanza sanitaria e’ bipartisan. Per esempio, circa 3 anni fa il Presidente G.W. Bush introdusse una riforma volta a rimborsare parte del costo delle medicine per gli anziani. Questa importante riforma ha un
costo che oggi è proiettato a 1 trilione di dollari in 10 anni. Anche quella riforma è stata passata senza eccessivi problemi politici. In questo senso le due riforme sono simili, l’unica differenza è che una è
stata passata da un presidente Democratico, l’altra da uno Repubblicano.

UN’INFLUENZA TRATTATA IN SEGRETO

In pochi si sono vaccinati contro l’influenza A. Un comportamento probabilmente condizionato dalle modalità con le quali è stato trattato il problema: un allarme più mediatico che reale, affrontato in modo poco trasparente, diffondendo informazioni confuse e talvolta addirittura contraddittorie. Ma davvero sorprendente è il contratto tra il ministero e la società farmaceutica che produce il vaccino in Italia: sottoposto a vincolo di segretezza e con un evidente squilibrio di oneri, tutti a carico della pubblica amministrazione.

SULLA DROGA È TEMPO DI CAMBIARE

L’Italia è ai primi posti in Europa per consumo di cannabis, cocaina ed eroina. Eppure le politiche sulla tossicodipendenza del nostro paese continuano a essere improntate al proibizionismo. Ma è un modo di affrontare il problema che a livello internazionale è stato abbandonato proprio perché non ha dato grandi risultati. Tanto che l’Osservatorio europeo sulle droghe auspica ora l’adozione di interventi rivolti alla prevenzione e alla riduzione del danno. Raccomandazioni che il nostro paese è ben lontano dall’ascoltare

LA SANITÀ DI OBAMA: UNA RIFORMA A METÀ

Un indubbio successo politico per il presidente Obama che l’ha fortemente voluta. Ma anche un compromesso con la lobby delle compagnie di assicurazione, che non ne vengono minimamente danneggiate. La riforma del sistema assicurativo per la sanità negli Stati Uniti si ferma infatti a metà strada: affronta il problema dei milioni di cittadini che non hanno una copertura per le cure mediche, ma non quello della esorbitante spesa sanitaria americana.

RIDURRE IL POTERE DEI SIGNORI DELLA SANITÀ

I vari scandali legati al sistema sanitario nazionale e in particolare al sistema di accreditamento al sistema pubblico di strutture ospedalieri private, rendono necessarie alcune riflessioni sul funzionamento della sanità privata convenzionata.
Nel sistema in vigore l’accreditamento avviene a livello di clinica o di struttura ospedaliera privata. In sostanza, se una struttura privata è stata accreditata dal sistema sanitario nazionale, il paziente può essere curato in quella sede senza alcun costo, ad eccezione dei relativi ticket sanitari. La struttura accreditata avrà poi diritto a essere rimborsata dalla Regione in base a parametri e accordi prestabiliti. Il grande beneficio del sistema oggi in vigore è la riduzione delle liste di attesa. Un’operazione al ginocchio o alla spalla può oggi essere effettuata in una qualunque delle strutture convenzionate, senza dover aspettare le interminabili liste di attesa degli anni novanta. Ripensando allo psicodramma da lista di attesa, il sistema dell’accreditamento, dove è stato utilizzato di più, ha certamente consentito miglioramenti innegabili.
Al di là dei benefici descritti, i rischi del sistema convenzionato sono oggi evidenti. In una struttura privata convenzionata i rimborsi vengono fatti rigorosamente in funzione degli interventi somministrati. Maggiori gli interventi somministrati, maggiori i rimborsi di cui godrà la struttura e maggiori gli utili per i proprietari della clinica privata. In un sistema di questo tipo la pressione a aumentare il numero di interventi e il relativo fatturato è enorme. I manager di queste strutture hanno chiari incentivi affinché il numero di interventi somministrati nella propria struttura cresca ogni anno. Frasi del tipo “dottore siamo indietro con le protesi” sembrano purtroppo assai comuni nei colloqui tra manager e medici che operano delle strutture convenzionate. In questo sistema, il rischio di un interventismo eccessivo è davvero reale, con drammatiche conseguenze sia sui pazienti sia sui costi del sistema.
Simili rischi si corrono anche in relazione alla qualità delle apparecchiature mediche e di diagnostica utilizzate. Il sistema sanitario riconosce un dato rimborso per ciascun intervento, senza avere pieno controllo sulla qualità degli strumenti utilizzati. E’ quindi evidente che i manager della sanità avranno interessi a minimizzare i costi dei materiali usati. Anche in questo caso chi rischia di pagarne le conseguenze sarà il paziente.
Anche se non avrebbe senso tornare a un sistema totalmente pubblico, correttivi al sistema in essere sono comunque necessari. Occorre ridurre lo strapotere dei pochi signori delle case di cure. Una possibilità sarebbe quella di riconoscere il rimborso delle operazioni chirurgiche effettuate direttamente ai medici piuttosto che alle case di cure. In altre parole le unità da accreditare per le operazioni dovrebbero essere i medici e non più le case di cura. In un sistema di questo tipo, diversi medici potrebbero scegliere tra diverse strutture, in modo da ridurre il potere oligopolistico dei manager privati della sanità. Lo Stato, le Regioni e il Ministero del Welfare dovrebbero comunque controllare che gli standard qualitativi e igienici in ciascuna struttura privata siano rispettati. Infine, sarebbe comunque necessario controllare, almeno in via campionaria, che gli interventi chirurgici richiesti dai singoli medici siano davvero necessari.  Commissioni esterne, con medici provenienti da altre regioni o da altri paesi, dovranno controllare su base periodica le cartelle cliniche e le richieste di intervento. In questo sistema le case di cure sarebbero in competizione per attrarre i medici migliori. Certamente alcuni medici si arricchiranno più di altri, ma si ridurrà quel sistema oligarchico composto da “signori della sanità” e politici in cerca di favori.
Con il progressivo invecchiamento della popolazione, la gestione della sanità sarà sempre più importante e più complessa. Il sistema del futuro dovrà necessariamente basarsi su un misto pubblico e privato. Riducendo il potere delle case di cura si farà un passo avanti. Si ridurrà la discrezionalità dei politici nel scegliere le strutture convenzionate e si ridurrà il potere dei signori della sanità. Le difficoltà amministrative non mancheranno. Nel caso delle operazioni chirurgiche la proposta di mettere i medici al centro dei rimborsi sembra facilmente realizzabile, mentre sarebbe più complessa per quel che riguarda gli esami diagnostici. Certamente non si risolverà definitivamente il problema della sanità, ma quasi certamente si ridurrà il rischio di strani ed ambigui incontri, con tanto di borse piene di denaro, tra politici e manager della sanità.

SERVONO INTERVENTI STRAORDINARI PER LA SANITÀ DEL SUD

La situazione della sanità del Mezzogiorno richiede interventi straordinari, nell’interesse non solo del Sud ma anche dell’intero paese. I piani di rientro fino ad ora messi in campo, si sono dimostrati necessari ma non sufficienti in una situazione così degradata. Il problema è più generale e deve essere affrontato alla radice.
Fra gli strumenti da considerare, l’avvio di un piano straordinario di infrastrutture (materiali e immateriali) per la salute che, anche grazie a procedure rigorose ma accelerate, consenta ad esempio di realizzare in alcuni territori strutture accoglienti e sicure, in sostituzione delle preesistenti ormai simbolo di degrado (che andrebbero abbattute, anche come segno visibile della rottura rispetto al preesistente). I progetti dovrebbero coniugare tempi brevi di realizzazioni con rispetto della legalità: matrimonio non certo facile, ma da perseguire con determinazione, pena il consolidarsi della attuale situazione di negazione dei diritti.
Una seconda possibile linea di intervento potrebbe riguardare la messa a punto di strumenti di governance degli erogatori privati che, in assenza di accreditamento di qualità e di capacità di governo delle amministrazioni regionali, contribuiscono spesso a mantenere basso il livello di efficacia e di efficienza del sistema. Si tratta di individuare strumenti che prevedano il coinvolgimento delle associazioni degli erogatori privati, resi consapevoli della emergenza sanitaria e responsabilizzati in un percorso di riqualificazione e di reale selezione sulla base della qualità.

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