Bambini e ragazzi senza gli strumenti elettronici necessari per seguire la scuola a distanza erano svantaggiati già prima della chiusura delle aule. Solo interventi molto decisi possono evitare che molti finiscano per abbandonare gli studi.
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I figli delle famiglie disagiate escono dal lungo lockdown della scuola e dalle lezioni online ancora più svantaggiati. Alla ripresa di settembre occorrerà mettere in atto una strategia di riequilibrio. Qualche suggerimento.
La chiusura prolungata delle scuole ha imposto ai genitori anche un ruolo “didattico”. Per aiutarli a svolgere questo compito è importante fornire loro strumenti semplici e chiari. Potrebbero rivelarsi utili anche per ridurre le disuguaglianze.
È alto il rischio che la didattica online imposta dall’emergenza Covid-19 allarghi e crei nuovi i gap di apprendimento tra studenti di diversi contesti socio-economici. Perché cresce il ruolo della famiglia e di ciò che può offrire ai propri figli.
Non si risolve l’attuale passaggio della scuola italiana con un “tutti promossi”. È invece giusto rivedere le forme di valutazione degli studenti e creare percorsi formativi estivi. Ecco una proposta per recuperare il tempo perso a scuola.
L’insegnamento a distanza rischia di peggiorare le disuguaglianze territoriali e sociali. Ma si possono superare i problemi investendo sulle infrastrutture e supportando le competenze digitali, la programmazione e l’organizzazione della didattica online per massimizzarne l’efficacia.
La pandemia è un vero stress test anche per il sistema scolastico e la sua capacità di essere davvero inclusivo. Un test che sta mostrando le debolezze di una società che non è capace di investire nei più piccoli e nelle nuove generazioni. E di una scuola impreparata.
Il coronavirus ha messo la scuola italiana davanti a una prova difficilissima, con chiusure prolungate degli istituti. Anche con la didattica a distanza, il primo obiettivo deve rimanere quello di non perdere per strada i più deboli e i meno attrezzati.
È stata bollata come sciocchezza. Invece vale la pena di ragionare sull’idea di favorire la mobilità universitaria interna da Nord verso Sud. Perché la perdita di capitale umano nel Meridione indebolisce le potenzialità di sviluppo di tutto il paese.
In Italia la spesa per l’educazione terziaria è più bassa del 30 per cento rispetto alla media Ocse. In più il criterio dei costi standard per l’assegnazione delle risorse agli atenei rischia di aumentare gli squilibri. Da qui la necessità di correttivi