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Categoria: Scuola, università e ricerca Pagina 57 di 70

LA LOTTERIA ITALIA DEGLI ESAMI

In Italia è molto semplice per gli studenti ripetere più volte un esame universitario finché non lo  passano, magari con un buon voto. Ma tutto ciò ha costi alti. Per gli stessi studenti perché si allunga il percorso di studio. Per i docenti che all’esamificio devono dedicare tempo e risorse. E alla fine, poi, si toglie ogni contenuto informativo al voto di laurea. La soluzione è una riduzione drastica degli appelli. Ma potrebbe funzionare anche un innalzamento delle tasse per i “ripetenti” e i fuoricorso.

GLI ITALIANI PREFERISCONO LE HOSTESS

Mi spiegate il mistero? Sull’Alitalia si sono versati fiumi di inchiostro, migliaia di ore di interviste, i sindacati combattono come gli ultimi giapponesi nella giungla, i politici si scannano e ci costruiscono sopra campagne elettorali. I media volteggiano frenetici. Eppure, stiamo parlando di una compagnia decotta da anni, che è costata fiumi di denaro ai contribuenti, che offre un pessimo servizio e che oltretutto coinvolge relativamente poco i cittadini. La metà degli italiani un aereo probabilmente non l’ha mai preso, e gli altri quando possono evitano Alitalia, visto i prezzi. Quanto ai lavoratori in esubero poi, con tutto il rispetto per la loro situazione, si tratta infine di poche migliaia di persone, oggettivamente privilegiati prima e ora comunque protetti dalla rete degli ammortizzatori sociali rafforzata dal governo proprio per loro. In più, molti sono altamente specializzati, e non avranno eccessivi problemi a trovare un nuovo lavoro. Negli stessi giorni dello psicodramma Alitalia, è stata annunciata la riduzione di 90.000 insegnanti in un triennio (dicesi, novantamila). Già è una categoria mal pagata e bistrattata, ora il taglio colpirà soprattutto i precari. Ammortizzatori sociali? Nessuno, nonostante i costi sociali siano multipli interi rispetto al caso Alitalia. E sì che si tratta di lavoratrici (sì, perché sono quasi tutte donne) impegnate in un servizio fondamentale che direttamente o indirettamente coinvolge, tra utenti, figli, e nipoti, la quasi totalità delle famiglie italiane. Eppure i sindacati pigolano debolmente, i politici al più scrollano le spalle, e i media vi dedicano qualche annoiato servizio, tra l’antipasto e la cena. Al di là del giudizio sulle scelte di politica economica, non è un po’ strano? Non sarà un altro esempio dello strabismo dell’opinione pubblica italiana? Oppure, è che il glamour delle insegnanti non può competere con quello delle hostess?

SE IL DECENTRAMENTO VA A SCUOLA

La bozza Calderoli menziona esplicitamente l’istruzione tra le competenze regionali da finanziare con la nuova riforma. Contenuti degli insegnamenti e altre norme generali del servizio scolastico restano funzioni esclusive dello Stato, alle Regioni sarebbe devoluta la spesa per il personale. Si potrebbero così risolvere i gravi problemi di coordinamento tra livelli di governo. E nel lungo periodo arrivare a una definizione territoriale degli stipendi più in linea con l’effettivo costo della vita. Ma tutto ciò dovrebbe essere accompagnato da un sistema di sanzioni adeguato e effettivamente perseguito.

IL MAESTRO UNICO? NON TORNI PER DECRETO

La controriforma proposta dal ministro Gelmini con il maestro unico, è meritevole di una discussione non preconcetta. Soprattutto, ricordando che del tutto inadeguata fu invece la riflessione sui costi e benefici della riforma introdotta con la legge 148/90, essenzialmente per motivi occupazionali. Nulla giustifica, tuttavia, il ricorso al decreto legge.

ELEMENTARE, GELMINI!

Pedagogisti e scienziati dell’educazione discutono da decenni vantaggi e svantaggi del maestro unico. Ed è vero, come dice Bossi, che “Se c’è un solo insegnante è più facile che si rovini il bambino”. Ma sulla scuola bisogna comunque rifiutare l’immobilismo e intervenire per migliorarla. Tenendo conto del livello qualitativo attuale. Ecco in che modo.

COME DARE RISORSE AI MIGLIORI

Dalla premessa condivisibile che l’università italiana disperde risorse preziose e le utilizza in modo inefficiente, avrebbe dovuto seguire un piano per stimolare l’impegno dei docenti e istituire incentivi adeguati. Invece, ancora una volta si è deciso di distribuire i tagli in modo uniforme tra tutti gli atenei. Ecco alcune proposte concrete per incidere sul potere delle lobby accademiche. Se attuate, darebbero almeno la speranza che in futuro la distribuzione delle risorse premierà il merito.

QUANDO SI TAGLIA LA SPESA DELLE UNIVERSITÀ

La manovra economica del governo ha ridotto il Fondo di finanziamento ordinario delle università del 19,7 per cento in cinque anni. Le strategie che gli atenei potranno adottare per sopperire alla diminuzione delle risorse avranno ripercussioni sull’accesso agli studi universitari e sulla ricerca. Se l’obiettivo era limitare la spesa per il personale, si poteva intervenire solo sulle sedi che ne hanno in eccesso. Nel frattempo, l’annuncio dei tagli ha provocato una vera e propria corsa alla spesa.

I NUMERI DELL’UNIVERSITA’ DI MASSA

In quarant’anni il rapporto tra laureati e coetanei è passato in Italia dal 5,7 al 40,6 per cento. Aumentato in assoluto e ancor più in rapporto alle coorti di popolazione di pari età il numero di coloro che conseguono la maturità. Mentre la quota di maturi che si iscrive all’università non cambia molto nel tempo. La quota di matricole che consegue la laurea si avvicina oggi al 73 per cento. Un ruolo fondamentale l’hanno avuto le evoluzioni dell’offerta universitaria. E sistemi di finanziamento legati al numero di iscritti e laureati. Ora è tempo di pensare alla qualità.

LA SCUOLA ITALIANA TRA NOSTALGIE E CRISI DI IDENTITÀ

Grazie a un editoriale di Ernesto Galli della Loggia sulla crisi di identità della scuola italiana e a un dibattito apertosi sulle colonne del Corriere della Sera, sappiamo finalmente quali siano i piani del governo sulla scuola italiana. Non che siano particolarmente promettenti. Oscillano tra passatismo e irrilevanza. Speriamo in qualche ripensamento. Senza dimenticare che una società che risparmia sull’investimento nella scuola è una società che sta rinunciando al suo futuro.

 

IL COMMENTO DI UN RAPPRESENTANTE DEGLI STUDENTI

Mi ricollego a quanto finora commentato. Premetto che come ex-rappresentante in Consiglio degli Studenti e nell’ente per il diritto allo studio, insieme a pochi altri miei colleghi, ho espresso fin da subito perplessità su questa riforma.
Pur considerando il modello molto affascinante, e sicuramente innovativo, individuo alcune criticità. Dato il contesto in cui scrivo, ometterò quelle strettamente legate all’Ateneo di Trento.

A) Pagare il merito.

Il problema di base è la bassa considerazione che alcuni studenti hanno per l’Università. Quella che una volta era considerata una straordinaria opportunità per crescere culturalmente ed "elevare" la propria condizione sociale, è diventata adesso una fisiologica e automatica prosecuzione degli studi superiori.
Il modello cerca di aumentare l’attenzione degli studenti da un lato rendendo più cara la loro iscrizione all’Università, dall’altro premiandoli se seguono dei percorsi considerati virtuosi dall’Ateneo.
Il limite di questa impostazione, a mio modo di vedere, sta nell’idea stessa di far amare lo studio pagandolo.
L’ente per il diritto allo studio di Trento (Opera Universitaria) ha pure predisposto degli incentivi, che però vanno a premiare la regolarità. Lo studente studia perché vuole farlo. L’essere regolare gli consente di avere una borsa più alta. Si supera così la dimensione meramente assistenziale, introducendo piccoli incentivi economici per chi ne ha bisogno.
Gli incentivi per chi non avrebbe bisogni economici, dovrebbero essere non monetari: più punti per il voto finale, corsie preferenziali nel Job Placement, maggior coinvolgimento nella didattica d’Ateneo, etc.

B) Il premio finale.

Il premio finale comporta un maggiore impatto sullo studente: fino a 5000€!!
Tuttavia è fortemente penalizzante, soprattutto per le fasce medio-basse. E’ lontano nel tempo rispetto al merito (fino a due anni dalla laurea). E’ lontano nel tempo rispetto all’incremento della tassazione (fino a cinque anni dalla prima rata per le lauree triennali).
Se proprio andava inserito, sarebbe stato piuttosto preferibile un sistema di premi annuali che andavano a ridurre l’importo delle tasse da pagare.

C) Il merito.

Tutti vogliono il merito, nessuno sa che cosa sia il merito. Per valutare economicamente il merito è necessario quantificarlo. Non si parla quindi genericamente di "merito", ma di una serie di indici che vanno a qualificare il percorso dello studente come "meritevole". Poiché si tratta di valutare il percorso di 15mila studenti, gli indici devono essere oggettivi, privi cioè di valutazioni discrezionali (ancorché tecniche) da parte di un’eventuale commissione. Basta un software, neanche troppo sofisticato, a individuare chi è bravo e chi non lo è. La soluzione dovrebbe limitare il contenzioso, ma premia davvero il merito? Premia piuttosto "il merito", quello stabilito dall’Ateneo (anche se con il coinvolgimento formale dei rappresentanti degli studenti).

D) Il rapporto con il sistema di diritto allo studio.

Come rappresentante all’Opera Universitaria vedo in questo punto la critica più forte. Chi prende la borsa di studio, per legge, non paga le tasse universitarie. Il sistema di tassazione progressiva, anche se astrattamente dovrebbe partire dalle fasce di reddito più basse, di fatto parte da chi, anche per un centesimo, non riesce a prendere la borsa di studio.
Prendendo in esame due studenti provenienti da famiglie di tre persone che si iscrivono alla laurea specialistica, avremo:
ICEF € 30mila: + 2350 (borsa di studio+esonero tasse)
ICEF € 30mila/01: – 1304,62 (importo tasse della prima fascia)
Il sistema crea uno scalone molto ampio tra chi è dentro i parametri ICEF dell’Opera e chi ne è fuori.
Le fasce andavano piuttosto parametrate agli interventi dell’Opera Universitaria, prevedendo un’area senza borsa e senza tasse (esonero totale) e un’area con tasse ridotte (esonero parziale).
Ad esempio:
ICEF € 30mila: + 2350€
ICEF € 30mila/01-32mila: 0
ICEF € 32mila/01-35mila: -700€
ICEF € 35mila/01-40mila: -1500€

Conclusioni.

Se un sistema che "premia il merito" è necessario, all’atto pratico questo sistema dovrebbe tener conto di diversi trade off:
A) premio in denaro/premio in reputazione;
B) vantaggio complessivo/esigenze del breve periodo;
C) merito rigido/merito flessibile;

Ma soprattutto dovrebbe tener conto del contesto istituzionale nel quale si inserisce, per evitare le iniquità di cui al punto D).

Valerio Scollo
Rappresentante degli studenti in Consiglio di Amministrazione dell’Opera Universitaria
Consiglio di Facoltà di Giurisprudenza
Ex-rappresentante degli studenti in Consiglio degli Studenti

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