Levidenza empirica dimostra un grave ritardo dellItalia nella ricerca scientifico-tecnologica. Perché il sistema non riesce a generare i giusti incentivi e investimenti. La nascita dellIstituto di tecnologia potrebbe perciò avviare un benefico processo di competizione con i centri di eccellenza già presenti nel nostro Paese. A patto che, sullesempio di altri Institutes of Technology di successo, sappia attrarre finanziamenti dai privati e sia gestito in modo autonomo da scienziati.
Categoria: Scuola, università e ricerca Pagina 69 di 70
Una riforma radicale è certo necessaria, ma sostenere che il sistema universitario deve essere abbandonato al suo destino di mediocrità serve solo a scoraggiare lopera dei tanti che continuano a dedicarsi alla formazione degli studenti con passione e dedizione, come testimoniano le brillanti carriere estere di molti laureati italiani. Mentre nutrire qualche dubbio sullIstituto italiano di tecnologia è legittimo, se non altro per la vaghezza della legge che lo istituisce.
Comunicazioni e collegamenti più rapidi e più facili rendono meno definitive le fughe di scienziati e studiosi dal paese di nascita. E più che allemigrazione, dovremmo guardare allinterscambio di capitale umano tra un paese e laltro e alla mobilità delle idee. Per beneficiare delle innovazioni e delle conoscenze generate a livello internazionale e necessarie al suo sviluppo economico, lItalia potrebbe allora favorire il passaggio di ricercatori stranieri sul proprio territorio.
I tentativi di modificare in meglio luniversità italiana si sono trasformati in altrettanti fallimenti. E continuare a credere che il sistema sia riformabile è unillusione che avvantaggia chi vuole conservare lo status quo. È necessario invece puntare su istituzioni nuove, come lIit, che possano contare su finanziamenti adeguati, ma soprattutto siano libere da ogni legame con lattuale establishment accademico. Solo così avremo il rigore, i controlli e gli incentivi necessari alla ricerca scientifica di livello internazionale.
LIstituto italiano di tecnologia potrà avere un ruolo positivo se saprà trovare finanziamenti importanti anche al di fuori del settore pubblico. E se saprà interagire con il sistema delle imprese e i centri di eccellenza già esistenti in Italia. Determinanti anche la scelta della sede e la struttura organizzativa. Se queste condizioni saranno soddisfatte, potrà raggiungere lobiettivo di sviluppare ricerca di altissimo livello e di generare nel medio periodo ricadute tecnologiche interessanti per lindustria.
Se nascerà come un nuovo centro di ricerca, lIstituto italiano di tecnologia non avrà risorse sufficienti per competere a livello internazionale, sottrarrà alcuni degli scienziati più dinamici ai centri già esistenti e avrà poche ricadute sul sistema della ricerca in Italia. Il decreto che lo istituisce è però estremamente vago e lascia spazio per altre proposte. I fondi stanziati potrebbero essere utilizzati per premiare i nostri poli di eccellenza e stimolare la concorrenza nella comunità scientifica.
Il sistema universitario italiano non è più riformabile. Serve un cambiamento globale che spazzi via concorsi, valore legale della laurea, accesso gratuito, finanziamento assicurato e posto a vita per i docenti. Da sostituire con il riconoscimento del ruolo centrale della ricerca e con la consapevolezza che ogni ateneo deve assumersi la responsabilità delle sue scelte didattiche e organizzative. Solo così si svilupperà una competizione capace di premiare i ricercatori e le sedi migliori e garantire più efficienza e più equità. Come già avviene in Gran Bretagna.
Il progetto Iit nasce zoppo. Troppo esigue le risorse assegnate per incidere sul divario degli investimenti in ricerca e sviluppo che separa lItalia dagli altri paesi. Troppa la distanza dal sistema di ricerca preesistente per costruire soluzioni alternative ai mali cronici che affliggono la ricerca nazionale, come lassenza di meritocrazia, ma anche per costituire un reale effetto di incentivo in grado di attivare maggior concorrenza. Difficile che riesca ad attivare un intreccio virtuoso tra formazione avanzata e ricerca.
Il governo sembra voler prendere in esame alcune misure di modifica dei rapporti tra Ministero e Università che lavoce.info aveva già trattato allinizio dellestate. Riproponiamo ora questo dibattito con un nuovo intervento di Giovanni Azzone.
Il decreto che dovrebbe incentivare l’iscrizione alle scuole paritarie è stato emanato ad anno scolastico già avviato, quando le scelte sono già state fatte da tempo. E benché non sia ancora chiaro il numero dei beneficiari, sarà senz’altro un contributo modesto, inutile per abbassare significativamente la barriera di accesso agli istituti privati. Tanto più che non prevede differenziazioni per fasce di reddito. Si risolve in un vantaggio per le famiglie più abbienti, quelle che avrebbero comunque optato per il privato.