La decisione della Consulta impone una revisione radicale dell’architettura della legge sulla autonomia differenziata. I rilievi toccano punti cruciali: dall’impossibilità di devolvere intere materie, alla questione dei Lep, al ruolo del Parlamento.
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I rilievi della Corte costituzionale sulla legge per l’autonomia differenziata segnalano i vizi di una interpretazione del regionalismo che mette al centro rivendicazioni prive di solidi ancoraggi. Bisogna tornare al modello di sussidiarietà.
Quattro regioni hanno chiesto maggiore autonomia su materie non-Lep, quelle che secondo la legge non dovrebbero ledere l’eguaglianza dei diritti civili e sociali. Pur nella totale mancanza di trasparenza del processo, alcuni esempi mostrano il contrario.
I ricorsi alla Consulta proposti da quattro regioni tratteggiano una mappa dei possibili profili di incostituzionalità della legge Calderoli. Per gli aspetti finanziari vanno dalla definizione dei Lep agli effetti sui conti pubblici, alle compartecipazioni.
Per spiegare i vantaggi dell’autonomia differenziata sulla sanità, il presidente di Regione Lombardia cade sull’esempio sbagliato: una vaccinazione per neonati che le regioni non potrebbero somministrare perché non inserita nei Lea. In realtà già la fanno.
I trasporti pubblici locali sono già materia devoluta alle regioni, anche se lo stato continua a finanziarli con sussidi e investimenti infrastrutturali. In un sistema così complesso, aumentare l’efficienza dei servizi è il presupposto di ogni riforma.
Con l’autonomia differenziata non diminuiranno le risorse per il Sud. Preoccupa invece la mancanza di criteri per l’attribuzione delle materie. E il fatto che in futuro a decidere sui finanziamenti sia una commissione paritetica tra governo e singola regione.
Non è facile capire se la legge sull’autonomia differenziata sia utile o dannosa. Un esempio di come possa funzionare si può ricavare dalla gestione e dal monitoraggio dei Livelli essenziali delle prestazioni nella tutela del lavoro nelle singole regioni.
L’autonomia differenziata creerebbe eccessive sperequazioni nella sfera di attribuzioni di materie alle diverse regioni, già dall’avvio dei negoziati. È ciò che legittima le regioni svantaggiate a impugnare la legge davanti alla Corte costituzionale.
L’autonomia differenziata è legge: la maggioranza esulta e l’opposizione chiederà un referendum abrogativo. Ma si tratta solo dell’attuazione di un comma dell’articolo 116 della Costituzione, senza conseguenze dirette. Ora molto dipende dai Lep.