Il popolo greco ha detto no a un nuovo programma di aiuti con condizioni troppo vessatorie. Ma così Atene è in default e la Bce non potrà più offrire liquidità di emergenza alle sue banche. Per uscire dalla trappola l’Europa potrebbe farsi carico dei debiti greci con Fmi e Bce con il fondo salva-stati (Esm). L’allungamento a dieci anni della scadenza minima del debito consentirebbe di impostare le vere riforme di cui ha bisogno la Grecia. Serve una svolta che trasformi un paese abituato a vivere al di sopra dei propri mezzi in un sistema economico-sociale capace di usare al meglio le sue opportunità.
Sotto le macerie del referendum e della crisi rimane in ogni caso l’inadeguatezza della politica europea dei parametri. Aiuterebbe un colpo d’ala di politica fiscale federale che aumenti gli investimenti pubblici o tagli le tasse in tutta Europa archiviando i deliri algebrici degli ultimi anni. Oggi le scelte dell’Europa e della Grecia non sono tra euro e dracma, tra democrazia e autocrazia, ma tra – tutto sommato – limitati sacrifici distribuiti fra tutti i paesi e grandi sacrifici per i greci oggi e – chissà – per noi domani.
Nella sua seconda relazione annuale, l’autorità di vigilanza sulle assicurazioni – Ivass, ora sotto il cappello Banca d’Italia – menziona i problemi spinosi del settore (a partire dalla scarsa concorrenza nella Rc-auto) ma non propone come aggredirli. Almeno la bassa penetrazione delle polizze contro i disastri naturali potrebbe essere affrontata con la partnership tra pubblico e privato: in Francia ha funzionato.
Nonostante le quote rosa, sono solo due su dieci le donne nei cda delle società quotate italiane. Va meglio nel resto d’Europa e peggio negli Usa. Dove, però, da un commissario dell’autorità di vigilanza sui mercati parte una battaglia per una distribuzione più equa dei ruoli dirigenziali nelle imprese tra generi e tra gruppi etnici.
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Tag: Europa Pagina 22 di 29
Le prospettive dell’economia greca, così come quelle di tutta l’area euro, potranno migliorare davvero solo se l’Europa saprà affrontare i problemi che determinano la sua bassa crescita. Perché è la stagnazione che inasprisce tutte le differenze fra paesi.
Alle prese con il devastante tira-e-molla con la Grecia, i politici europei e il Fmi dimenticano la lezione del decennio perduto dell’America Latina negli anni ’80. A paesi in default fu inizialmente imposta un’austerità troppo dura. Ma poi arrivò il Piano Brady con il quale banche creditrici e stati sovrani si accordarono sulla riduzione del debito richiesta per ripartire. Impossibile però – come ci racconta una lettera da Atene – una svolta prima dello svolgimento del referendum indetto da Tsipras con una mossa spregiudicata e avventata. Rimane un cruciale problema di democrazia in Europa, dove i ministri delle finanze dell’area euro decidono la sorte di un intero popolo con una legittimità molto dubbia. Che ci voglia una riforma della governance della Ue lo dice anche il rapporto dei “cinque presidenti”. Ma – irrisolto il problema greco – non si può riformare un bel niente, a partire dall’Unione monetaria.
Con l’annunciata fusione tra Linate-Malpensa (controllati dalla Sea) e Orio al Serio nascerà una posizione dominante negli aeroporti lombardi. Con benefici per la redditività degli enti pubblici azionisti di maggioranza e forse a discapito dei cittadini. Per privatizzare i quattro aeroporti di Londra si scelse una strada diversa. Da cui si potrebbe imparare.
È alle battute finali la riforma del catasto. Con una grossa contraddizione: vuole ristabilire l’equità del prelievo fiscale sugli immobili e allo stesso tempo impone l’invarianza di gettito a livello locale. Creando iniquità tra comuni. Ci sarebbe più redistribuzione se l’invarianza di gettito fosse stabilita a livello nazionale.
Al via una nuova architettura delle politiche attive per il lavoro, che finora non hanno dato prova di grande efficienza. Sarà la volta buona con l’Agenzia che accentra competenze prima disperse sul territorio? Potremo misurarne il successo guardando a come funzionerà l’assegno di ricollocazione per la categoria di disoccupati che cercano lavoro da sei mesi.
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Perché la Ue abbia una chance, evitando le diverse possibili “exit”, serve un cambiamento radicale nelle istituzioni e nelle politiche. Di questo dovrebbe occuparsi il documento dei “quattro presidenti”. Ma il rischio è che i governi nazionali preferiscano non fare nulla sperando che basti la Bce.
Con il Ddl scuola approvato alla Camera arrivano nuovi poteri per i presidi e anche criteri che ne delimitano parzialmente i poteri. La questione di fondo è se la scuola sia un’azienda (senza scopo di lucro). Studenti e docenti hanno sempre pensato di no. Qualcuno che possa decidere e prendersi le responsabilità ci vuole. Ovunque nel mondo i test Invalsi – da noi boicottati – producono risultati standardizzati che potrebbero aiutare a individuare i problemi della scuola. In Italia i risultati dei test sono migliori nelle classi dove c’è l’aiutino del professore amico. Urge finanziarne una valutazione indipendente di efficacia per ridare loro credibilità.
Più difficile evadere le tasse, pagare in nero, corrompere, rapinare, vivere in clandestinità, gestire prostituzione e droga: il denaro elettronico non è la panacea per questi mali sociali, ma aiuta. E un’indagine dice che il 60 per cento degli italiani lo vede con favore. Il suo utilizzo non deve però essere gravato da costi.
Davvero le donne delle famiglie mafiose hanno assunto un ruolo di potere nelle organizzazioni? Così sostengono molti media ma i dati su denunce, arresti e condanne sembrano per ora descrivere il fenomeno come marginale. Ci sono però cose che i dati non dicono su cui sono utili le ricerche in corso.
Migliorare l’accesso al mercato dei capitali, aumentare la diversificazione delle fonti di finanziamento, incrementare l’efficienza dei mercati: sono ambiziosi gli obiettivi della Commissione europea per l’Unione dei mercati dei capitali. E rimane in sordina il vero nodo controverso, quello di un’unica autorità di vigilanza.
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Mercoledi 15 aprile, In quasi 200 città degli Stati Uniti migliaia di lavoratori “a basso salario”, o low-wage workers, hanno scioperato, durante una giornata di protesta nazionale nell’ambito della campagna #fightfor15. “Fifteen” sta per i 15 dollari all’ora che i lavoratori chiedono come salario minimo, un aumento stellare rispetto all’attuale salario minimo federale di 7,25 dollari, in realtà superato, in genere di poco, in quasi tutti gli stati.
Il Quantitative easing della Bce è ai blocchi di partenza. L’obiettivo finale è riaccendere il motore della crescita in Europa. Intanto, le borse festeggiano e gli spread calano. Eppure, ci sono anche rischi. Legati alla conclusione dell’operazione e alla bolla finanziaria che avrà generato.
L’Efsi diventerà operativo da giugno ed è il perno del piano Juncker. Ma è difficile che riesca a mobilitare i 305 miliardi di investimenti aggiuntivi. In più, c’è il rischio che a beneficiarne siano i paesi con i conti pubblici più in ordine.
Le recenti vicende greche e alcune decisioni della Bce hanno riacceso i dubbi sul futuro dell’euro, ma anche sull’esistenza di un’unica banca centrale in Europa. I governi europei sapranno arginare le spinte nazionalistiche e ridare vigore alla costruzione europea?