La vittoria della sinistra radicale alle elezioni porterà a una soluzione dei problemi della Grecia? Non è detto. Il successo di Syriza si fonda su una narrazione semplicistica della crisi. Che ora rischia di radicalizzare le posizioni di tutti, bloccando ogni possibile compromesso con la UE.
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Una sorpresa positiva nel Quantitative easing europeo: non ha limiti temporali, ma è condizionato al raggiungimento di un obiettivo di inflazione. Occorreranno però più di 4 anni per attuare un programma simile a quello della Fed. Senza aspettarsi grandi benefici in termini di maggiore inflazione.
La Commissione europea ha messo nero su bianco le condizioni per utilizzare la “flessibilità” prevista dalle regole del Patto di stabilità e crescita. Già le molte clausole previste potrebbero annullarne l’efficacia. Ma soprattutto non è così che si risolvono i problemi dell’Italia e dell’Eurozona.
L’aumento della disoccupazione giovanile determinato dalla crisi negli Stati del Sud Europa è stato drammatico. Restare disoccupati a lungo può rendere difficile la ricollocazione, anche per i cambiamenti nella struttura produttiva dei paesi. La bolla immobiliare e i lavoratori a bassa istruzione.
Nel 2014 i sentimenti anti-euro si sono rafforzati in molti paesi. E il nuovo libro di Alberto Bagnai aggiunge nuovi argomenti a favore di un’uscita dell’Italia dalla moneta unica, in modo da riacquistare la sua sovranità monetaria e fiscale. Ma quale sarebbe la geografia dell’Europa post-euro?
Lo stress test condotto dall’Eba e dalla Bce è stato sufficientemente severo e utile per valutare il grado di fragilità delle banche europee? I risultati delle banche americane nello stesso esercizio proposto dalla Fed sono ben diversi. Chi in Europa non avrebbe superato il test.
In Italia la normativa sulla sicurezza sul lavoro è ipertrofica e sostanzialmente inapplicabile. Anche perché l’Unione Europa ha adottato misure complesse che ogni paese ha recepito in modo autonomo. Servono norme scritte a livello continentale e con le aziende. Il problema della responsabilità.
Le stime preliminari del Pil per il terzo trimestre migliorano leggermente il quadro per l’Europa, ma non per l’Italia. Il sentiero di crescita per la nostra economia rimane stretto. Serve una riforma fatta e finita che ridia fiducia a famiglie e investitori.
Nell’ultimo decennio i livelli di investimento in Europa sono stati molto bassi, determinando un forte deterioramento delle infrastrutture. Per questo il piano Juncker potrebbe dare buoni risultati, come mostrano anche le stime del Fondo monetario. E per l’Eurozona è forse l’ultima occasione.
Non c’è solo il deficit di capitale di alcuni istituti, evidenziato dallo stress test. I nodi del sistema bancario italiano non sono mai stati affrontati in modo adeguato e ora la scarsa profittabilità e la crescita delle sofferenze pesano sul credito. Consolidamento e ruolo delle fondazioni.