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Lavoro giovanile, una corsa a ostacoli

Il piano europeo per il sostegno al lavoro giovanile ha assegnato all’Italia all’incirca 1,5 miliardi. Intanto è da vedere se i finanziamenti arriveranno tutti in breve tempo o se saranno spalmati sui sette anni di durata del progetto. Ma la questione più spinosa riguarda il destino delle province.

Donne e giovani, l’impatto degli incentivi

Qual è stato l’effetto del decreto del 2012 che prevedeva incentivi all’occupazione giovanile e femminile? Una prima analisi mostra che ha arginato la tendenziale flessione delle trasformazioni di contratti, favorendo donne e giovani senza spiazzare i maschi adulti. I costi dell’agevolazione.

Italia e Germania: apprendistati a confronto

La riforma Fornero ha profondamente modificato il mercato del lavoro. Per il rilancio dell’occupazione giovanile punta sull’apprendistato. Che però è per molti versi diverso dal modello che lo ha ispirato, l’apprendistato tedesco. Difficilmente, da solo potrà essere l’elemento di svolta.

Una garanzia europea per i giovani

L’Unione Europea ha lanciato un programma per garantire ai giovani senza lavoro un percorso personalizzato che dia loro effettive possibilità di trovarne uno. Un ruolo fondamentale è affidato ai servizi per l’impiego. Quelli italiani saranno capaci di riformarsi? La questione dei costi.

Quella confusione tra staffetta e età pensionabile

La staffetta giovani- anziani è poco popolare tra gli economisti: per molti aspetti è l’opposto dell’ aumento dell’ età pensionabile appena approvata dal governo precedente. Ma molti  si chiedono: ha senso aumentare l’età pensionabile con una disoccupazione giovanile  al 40 percento?

Giovani, educati e con poche offerte di lavoro

I giovani continuano a essere schizzinosi in fatto di lavoro? Mentre diminuiscono le offerte, aumenta il tasso di accettazione di quelle poche che arrivano. I più giovani e i laureati se la cavano meglio delle donne e di chi vive nel Mezzogiorno. Le esigenze di un sistema produttivo tradizionale.

Giovani disoccupati in Campania, specchio d’Italia

L’alta disoccupazione giovanile in Campania è la conseguenza di politiche economiche inadeguate. Non sono servite le riforme del mercato del lavoro perché le cause del problema vanno cercate nella rigidità e inefficienza del sistema di istruzione e formazione professionale. Il nuovo apprendistato.

L’effetto della crisi sulla criminalità “locale” *

Un recente studio su dati per i sistemi locali del lavoro italiani mostra che la crisi starebbe intensificando alcune attività criminose, in particolare i furti. Il peggioramento delle condizioni economiche non avrebbe invece determinato un aumento delle forme di criminalità di tipo non economico.

La stagione del lavoro viene e va

Oggi in Italia su cento giovani, solo 28 hanno un impiego stabile, 13 sono atipici e 10 sono in cerca di lavoro. E tutta questa flessibilità non ha neanche contribuito a farci crescere, anzi. L’unica soluzione è tornare a un regime ordinario.

La risposta ai commenti

Da sempre sono le nuove generazioni le forze più dinamiche di una società, quelle che producono innovazione e che sostengono con vigore le ragioni del cambiamento. Secondo la felice espressione del filosofo Walter Benjamin, la gioventù è “quel centro in cui nasce il nuovo”.
Il nostro articolo cerca di rispondere a due interrogativi: a) è vero che in Italia i giovani hanno meno peso e spazio?; e b) il minor peso e spazio delle nuove generazioni nella società italiana è legato alla scarsa capacità di crescita, innovazione, oltre che ai bassi livelli di accountability di partiti e istituzioni?
Per rispondere alla prima domanda abbiamo introdotto il concetto di “degiovanimento” e ci siamo posti il problema di rendere operativa la sua misura, anche al fine di confronti tra Paesi e intertemporali. È difficile invece dare risposte chiare e convincenti al secondo quesito. L’idea è che una società più chiusa, più orientata a mantenere il potere acquisito che ad investire sul cambiamento e sul futuro, darà meno spazio agli outsider (i giovani, ma anche le donne e gli immigrati). D’altro canto, una società nella quale le forze nuove e più dinamiche riescono a guadagnarsi meno spazio, tenderà a essere più rigida e conservatrice. Le relazioni causali sono complesse, perché il “degiovanimento”, come abbiamo scritto altrove, può essere allo stesso tempo causa e conseguenza della scarsa propensione all’innovazione e al cambiamento. Si pensi ad esempio ai giovani più dinamici che dal Sud se ne vanno verso il Nord: spinti da scarsi spazi e opportunità nella loro area di origine, cercano maggiori opportunità ma aumentano allo stesso tempo il “degiovanimento” di tali aree. Lo stesso vale per il brain drain italiano verso l’estero e la scarsa attrazione di giovani cervelli nel nostro Paese. Per questo abbiamo parlato in un precedente articolo di “spirale negativa” da spezzare.
Come spezzarla? L’idea è che restituire più peso ai giovani, quantomeno a livello degli altri Paesi, vada nella direzione giusta. Innanzitutto, eliminando i maggiori vincoli anagrafici previsti dalla nostra Costituzione. In secondo luogo, incentivando i giovani stessi ad essere più partecipativi e aggressivi nei confronti dello status quo. Se non sono gli stessi giovani a picconare i muri di un vecchio sistema che non funziona più, chi deve farlo?
Veniamo, infine, ad alcune risposte più specifiche. Concordiamo con il fatto che, con i giovani, anche donne e immigrati soffrono di un sistema bloccato. Giusto quindi valorizzare meglio il loro ruolo potenziale di innovatori, come abbiamo del resto già scritto in molte altre sedi. Partiti troppo chiusi e autoreferenziali? Certo, e infatti che non basta semplicemente “rottamare”. Il cambiamento deve riguardare più le teste che i volti. Serve un’apertura strutturale al cambiamento e alla società. Interessanti i suggerimenti su fuori sede e università, senz’altro da approfondire. Altri lettori suggeriscono variazioni istituzionali specifiche, in alternativa all’abbattimento delle barrire costituzionali. Innanzitutto, l’indice che proponiamo tiene conto di vincoli anagrafici di accesso ai diritti politici e struttura demografica di un Paese. La specifica legge elettorale adottata in un Paese è indipendente da tutto questo. Il valore dell’indice sarebbe identico sia con legge proporzionale pura sia con legge maggioritaria (più ogni tipo di variante). Tale indipendenza è una forza dell’indice, poiché rende anche possibile i confronti a livello internazionale. Per quanto riguarda inoltre il vincolo di mandato, esso esiste già, ma per i soli sindaci. Alcuni partiti, come il PD, hanno inserito il vincolo di mandato anche per altre cariche, tranne poi prevedere una serie ben numerosa di eccezioni. Il punto che teniamo a sottolineare è che la nostra proposta non richiede alcun tipo di “quote” per la popolazione giovane, bensì pari opportunità. Sarà poi l’elettorato stesso a decidere se un diciottenne, per esempio, merita di essere eletto oppure no. Riguardo infine alla correlazione tra degiovanimento e corruzione, rassicuriamo chi pensa che basti levare qualche outlier per farla saltare. Sui limiti interpretativi in senso causale abbiamo già detto. Inoltre, ovviamente, la corruzione è legata a molti fattori, quindi è del tutto ragionevole che la dispersione dei punti sia ampia. A chi parla impropriamente di “significatività” ricordiamo che qui non abbiamo a che fare con dati campionari e che la relazione studiata è di tipo descrittivo.

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